Il coronavirus rischia di compromettere una crescita del vino italiano già minata dalla congiuntura economica globale. A rischio un miliardo di euro di export.
Iniziando il nuovo anno in qualità di leader mondiale nella produzione di vino l’Italia aveva la necessità di affrontare i rischi connessi ai dazi americani e alla stagnazione del mercato cinese. La pandemia globale ha però sconvolto completamente lo scenario internazionale, causando una contrazione senza precedente di alcuni canali di distribuzione e ponendo seri dubbi sugli sviluppi futuri.
Forte dei suoi 95,5 milioni di ettolitri di vino disponibile (47,5 prodotti e 48 in giacenza) l’Italia del vino iniziava il nuovo anno con la pesante incognita dei dazi che l’amministrazione Trump ha applicato su numerosi prodotti europei nel contesto della lite tra Boeing e Airbus. Dall’altro lato dell’emisfero la Cina segnava i primi segnali di rallentamento economico, mettendo così a repentaglio la crescita del nostro vino in un mercato che, seppur ancora marginale, cominciava a mostrare interessanti margini di sviluppo.
Con l’esplosione dell’emergenza sanitaria globale e le conseguenti misure di lockdown questa situazione di per sé complessa si è rapidamente trasformata in una crisi economica che rischia di non avere uguali, specialmente per un prodotto come il vino, che da sempre basa il suo sviluppo sui rapporti sociali e la globalizzazione dell’economia. A livello internazionale a preoccupare è soprattutto il crollo della domanda di alcuni paesi, come ad esempio il Regno Unito e gli Stati Uniti. Qui pesa soprattutto il forte ridimensionamento della domanda da parte dell’Horeca, il principale canale per il consumo in questi Paesi. Se la crisi globale dovesse durare due mesi, l’Ismea stima una contrazione delle esportazioni pari a quasi un miliardo di euro. In tema di domanda interna dopo una prima fase di crescita della domanda, trainata dalla GDO, si assiste adesso a una contrazione che sembra destinata a protrarsi per diverse settimane. Complessivamente si stima che l’aumento della domanda da parte della GDO non riuscirà a compensare le perdite accumulate, non tanto in volume, quanto a valore, essendo le produzioni medio-alte quelle che trovano maggiore collocazione nel canale Horeca.