Dopo il lockdown gli italiani sono pronti a tornare al ristorante, tra misure di sicurezze e voglia di revenge spending.
Con la riapertura odierna della ristorazione si riattiva uno dei principali canali commerciali del vino italiano, che vale al consumo 6,5 miliardi di euro l’anno. Secondo l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor solo il 23% degli italiani dichiara che andrà meno al ristorante, a fronte di un 58% per il quale non cambierà nulla, fatte salve le adeguate misure di sicurezza da prendere. Non manca poi il revenge spending, ovvero la ‘spesa della vendetta’ post-lockdown per i beni voluttuari come il vino: il 10% prevede di spenderne più di prima fuori casa, valore che sale al 15% per i millennials e per chi non ha avuto problemi sul lavoro (13%).
“La nostra speranza – rivela Giovanni Mantovani, Direttore Generale Veronafiere – è che gli storici partner dell’Horeca, tra i più penalizzati dall’emergenza, possano essere messi al più presto nelle condizioni di poter riprendere il proprio cammino. Vino, accoglienza e ristorazione sono il primo fattore distintivo del nostro Paese nel mondo, e trovano in Vinitaly il luogo di incontro per eccellenza, con una media di 18mila buyer italiani dell’Horeca dei quali 2/3 legati alla ristorazione“.
Per il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma, Denis Pantini, “il ruolo della ristorazione e gli effetti del lockdown sulle vendite di vino, sia in Italia che all’estero, sono anche desumibili dalle giacenze a fine aprile di quest’anno, che evidenziano le penalizzazioni subite da alcune blasonate denominazioni che trovano nell’horeca il principale canale di commercializzazione. Si pensi al +9% di volumi in giacenza del Montefalco Sagrantino e del Nobile di Montepulciano, al +8% del Chianti Classico o alle maggiori eccedenze di bianchi importanti come Falanghina, +16%, e Soave, +24%”.