Numeri positivi ma tanta incertezza per l’export italiano

di redazione

Dazi americani e pandemia spingono in alto l’export verso USA e Germania mentre crollano i mercati asiatici. Per il futuro il rischio è quello di un eccesso di giacenze.

Nella sua consueta analisi sull’export di vino italiano, Unione Italiana Vini osserva un miglioramento delle performance nel corso del primo trimestre 2020, progredito sia in volume (+6%, a 5,1 milioni di ettolitri), sia in valore (+5%, a 1,5 miliardi di euro). Una performance definita positiva, che non può però non tenere conto del contesto di forte fibrillazione, causato da dazi americani e pandemia globale, che inciderà sul futuro prossimo delle nostre spedizioni.

La prospettiva di nuove tariffe sui vini europei ha spinto gli operatori statunitensi a incrementare fortemente a inizio anno gli acquisti di vini di fascia alta. A beneficiarne sono state soprattutto le Denominazioni toscane (+20%), venete (+16%) e piemontesi (+8%). Questo ha portato il saldo generale dell’import americano a crescere del 10% a valore, con un corrispettivo calo del 3% sui volumi. D’altro lato il Covid ha inciso sui mercati asiatici: Cina, Corea del Sud e Giappone hanno infatti registrato un calo pari rispettivamente al 44%, 19% e 8%.

Il Covid ha influenzato inoltre è sulle performance del vino sfuso (+23% in volume), grazie alla decisa spinta della Germania, dove ai primi segnali di lockdown gli operatori hanno deciso di ritirare tutto il prodotto possibile (+35%, in volume). Dal lato dei vini spumanti aumentano i volumi esportati (+19%) senza una corrispettiva crescita del valore, fermo a un misero +3%, con conseguenti prezzi medi in calo del 14%.

In previsione futura l’Unione Italiana Vini ipotizza una diffusa difficoltà, dettata dalla propagazione globale del Coronavirus, che rischia di intaccare pesantemente la consueta capacità di assorbimento dei mercati e dunque i prezzi medi ai quali il vino, non solo italiano, sarebbe venduto.