Il vino italiano supera il periodo più buio del lockdown, guadagnando preziose quote di mercato sui principali mercati internazionali.
Confermando quanto già segnalato da Unione Italiana Vini, l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma rileva i buoni risultati dell’export di vino italiano verso i dieci principali mercati extraeuropei, che nei primi due mesi dell’anno ha fatto segnare un significativo +5,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, salvo poi cedere nel bimestre successivo. A sostenere questa crescita è stata soprattutto l’ottima prestazione negli Stati Uniti (+10,8%, nei primi 2 mesi il dato era a +40%) e in Canada (+7,1%). Profondo rosso invece sul vino francese (-10,1%), in ritirata in tutte le principali piazze internazionali.
La crisi è invece esplosa ad aprile, dove i vini fermi italiani hanno registrato ovunque pesanti cali, a eccezione di Canada, Russia e Corea del Sud. Nel mese di lockdown più stringente si va infatti dal -5,2% a valore del Giappone al -48% della Cina, passando per il -12,5% degli Usa (dove però gli spumanti crescono del 6,8%), È così che il mese di aprile si è chiuso con un calo sullo stesso mese del 2019 pari a -7,2% (contro il -22,2% francese).
Nei prossimi mesi, secondo l’Osservatorio, la crisi peserà ancora sul prodotto vino, afflitto sia da un minor potere di acquisto della domanda sia dal necessario smaltimento dell’invenduto nella ristorazione e nei magazzini degli importatori. Senza considerare il trend della domanda Ue ad aprile, che si preannuncia con un segno negativo più marcato. Nel frattempo, l’Italia guadagna quote di mercato, con incrementi consistenti in Svizzera (dal 33,1% al 37,7%) e negli Usa (dal 31,4% al 34,2%).
Per Denis Pantini, responsabile dell’Osservatorio, la perdita italiana potrebbe però rivelarsi più contenuta rispetto ad altri Paesi produttori “I dati di aprile parlano di un mercato made in Italy che ovviamente cala ma sembra rispondere alla crisi in maniera più efficace dei propri competitor. Il mancato crollo nel mercato statunitense, complici i dazi aggiuntivi sulla Francia, la maggior presenza del prodotto tricolore nella Gdo d’oltreoceano, un miglior rapporto qualità-prezzo, assieme all’ottimo risultato in Canada, rendono meno amaro il calice italiano in tempo di Covid-19”.