Un evento storico che Giorgio Pinchiorri ha contestualizzato nell’attuale periodo economico che la sua enoteca e l’intera Firenze si trovano ad affrontare.
Sta facendo molto parlare la decisione di Giorgio Pinchiorri, patron dell’omonima enoteca fiorentina, di vendere all’asta parte dei vini che compongono la sua celebre cantina. Il 12 settembre infatti la casa d’aste americana Zachy’s, specializzata nelle compravendite di vino, batterà 2.250 bottiglie provenienti dai locali di Via Ghibellina, suddivise in 864 lotti, per un valore base di circa 2 milioni di euro.
Una decisione che alcuni commentatori hanno letto come conseguenza del Coronavirus. Pur non disconoscendo il ruolo di una crisi economica che tuttora affligge la sua enoteca e l’intero sistema turistico fiorentino, il patron ha voluto chiarire che tale decisione precede ampiamente il periodo pandemico. Nel liberare dunque il Covid19 da una di quelle “poche, pochissime colpe che non ha” Giorgio Pinchiorri ha poi precisato, nel corso di un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, che in simile situazione “i proventi dell’asta aiuteranno, perché voglio fare una cosa per i miei 51 dipendenti, che hanno accumulato 30, 40, 50 giorni di ferie. Indipendentemente da come andrà l’asta, la prima cosa che farò sarà liquidare quegli arretrati nella busta paga di dicembre, per usare poi quel che avanza, se avanza, per ristorante e cantina”.
Pinchiorri si lascia poi andare a uno sfogo nostalgico, affermando che “Prima di mettere le mie bottiglie nelle casse di Zachy’s e di vederle uscire dalla mia cantina le ho baciate una ad una e ho pianto, sia con gli occhi che con il cuore”.
Tra i lotti più di valore si registrano le due magnum di Vosne-Romanée Cros-Parantoux Reserve Henri Jayer 1999 (base d’asta 60 mila -100 mila sterline, circa 66 mila – 110 mila euro) e due bottiglie di Romanée-Conti Domaine de la Romanée-Conti 1990 (24 mila – 32 mila sterline), tutti grandi rossi della Borgogna.