Il mestiere del vignaiolo secondo Slow Food

di redazione

L’associazione della chiocciola presenta il suo manifesto che pone il vignaiolo al centro dello sviluppo culturale ed economico di un territorio.

Dal palco del Sana di Bologna Slow Food ha presentato il Manifesto per il vino buono, pulito e giusto, che racchiude in dieci punti il significato del mestiere del vignaiolo. Una figura che, secondo l’associazione piemontese, non si limita più a produrre vino, ma rappresenta oggi il fulcro di un’agricoltura che promuove la crescita culturale, economica e sociale, etica e armonica sul territorio.

Il senso del nostro Manifesto è trattare il vino come qualcosa che vada oltre al bicchiere e che includa ambiti di importanza strategica per lo sviluppo del nostro Paese – ha spiegato Giancarlo Gariglio, curatore della guida Slow Wine insieme a Fabio Giavedoni – In questa fase storica abbiamo compreso che nessuno sopravvive da solo, che sia una grande impresa, un’associazione con migliaia di iscritti, una piccola azienda o una famiglia. Mai come ora il concetto di comunità ha assunto un valore universale – ha aggiunto Gariglio – Il decalogo presentato oggi è il documento fondativo di una comunità che spero possa crescere e ramificarsi, una comunità che accomunerà tutti gli amanti del vino: quelli che lo fanno e chi, apprezzando questi vini, valorizza e ripaga le loro fatiche quotidiane”.

Di seguito il testo completo del Manifesto Slow Food del vino buono, giusto e pulito:

  1. Le cantine devono coltivare direttamente almeno il 70% delle uve utilizzate per la produzione dei vini (con deroghe per alcune zone che per tradizione hanno un ampio commercio di uve, tipo Madeira, Napa Valley, Spagna del Sud, ecc).
  2. Le cantine non devono usare concimi, diserbanti e antibotritici provenienti dalla chimica di sintesi.
  3. L’uso delle risorse ambientali per la produzione di vino deve essere cosciente e sostenibile. Il ricorso a sistemi d’irrigazione deve essere limitato il più possibile e finalizzato a evitare casi di stress idrico severo.
  4. Gli edifici aziendali, se da costruire, devono rispettare il paesaggio. Qualora le costruzioni siano già esistenti, la loro eventuale ristrutturazione e conduzione deve tenere conto della sostenibilità ambientale.
  5. Le cantine non devono utilizzare l’osmosi inversa e metodi fisici di concentrazione del mosto. Inoltre, se non per gli spumanti o i vini che lo prevedano per tradizione, non deve essere impiegato MCR (mosto concentrato rettificato) o zucchero (a seconda dei Paesi dove si opera). Non è previsto l’uso di trucioli per aromatizzare i vini.
  6. La quantità di solforosa nel vino non deve oltrepassare i limiti indicati nella certificazione del vino biologico dell’Unione Europea.
  7. I vini devono essere specchio del terroir di provenienza, per questo motivo vediamo con favore l’utilizzo di lieviti indigeni così come la ricerca scientifica tesa a isolare lieviti autoctoni che poi possono essere replicati e utilizzati dall’azienda oppure da più vignaioli della stessa zona e denominazione.
  8. I vini devono essere privi dei principali difetti enologici, perché questi tendono a rendere omogenei i vini e appiattire le differenze territoriali.
  9. È auspicabile che la cantina collabori attivamente con l’intera comunità agricola ai fini di valorizzare il sistema agricolo dell’area territoriale dove opera. A questo proposito è assolutamente necessario che la cantina mantenga un rapporto virtuoso con i propri collaboratori e i propri dipendenti, incoraggiandone la crescita personale e professionale, ed è altrettanto necessario che la cantina collabori e condivida conoscenze con gli altri viticoltori del territorio, evitando azioni di concorrenza sleale.
  10. Il vignaiolo sostenibile incoraggia la biodiversità attraverso pratiche quali: l’alternanza del vigneto con siepi e aree boscate; una gestione del suolo che preveda inerbimenti e sovesci e che escluda, in ogni caso, il suolo nudo, se non per brevi periodi stagionali; la tutela degli insetti pronubi e della fauna utile utilizzando di preferenza insetticidi ammessi in agricoltura biologica qualora tali interventi si rendano necessari, e comunque evitando di utilizzarli durante la fioritura della vite e di altre specie erbacee presenti nel vigneto; l’allevamento di animali nel rispetto del loro benessere e la produzione in azienda di letame; la produzione aziendale di compost da residui di potatura e altri materiali organici.