Il Covid frena le esportazioni di vino,-4,6% per Italia

di Daniele Becchi

Mentre il vino francese affonda, il nostro paese regge l’urto del coronavirus e prova a consolidare le quote di mercato sottratte ai cugini d’oltralpe.

La pandemia ha inciso pesantemente sul commercio internazionale di vino, che nel corso del 2020 ha registrato una perdita superiore ai 3 miliardi di euro rispetto all’anno precedente. In questo scenario, l’Italia ha mostrato una capacità di tenuta forse inaspettata, limitando le proprie perdite a 4,6%, che appare ben poca cosa se paragonato al trend globale (-10,1%) e, soprattutto, a quello della Francia, che retrocede di quasi diciotto punti percentuali. A soffrire sono state soprattutto le bollicine nazionali, che, per il primo anno dal 2009, registrano delle performance inferiori ai vini fermi. Questa la sintesi dell’analisi condotta dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor e presentata nel corso del recente wine2wine.

Degli oltre tre miliardi di euro persi nel corso del 2020 oltre la metà (1,7mld) è causato dalle mancate vendite di vino francese, che continua a scontare il combinato effetto di pandemia, tensioni geopolitiche e dazi americani. Dal canto suo l’Italia è riuscita a limitare le perdite a ‘soli’ 300’ milioni di euro (6,1mld di euro il valore dell’export italiano per il 2020), erodendo così significative quote di mercato al suo storico concorrente. L’auspicio dell’intera filiera è quello di riuscire a consolidare in futuro queste nuove posizioni, sfruttando anche i positivi riscontri che le annate oggi in commercio hanno ottenuto da parte della critica internazionale.

Se la Gdo conferma tutta la sua importanza anche oltreconfine, a colpire è semmai la crisi degli spumanti (-5,7%), che per la prima volta dalla grande crisi economica del 2009, registrano un risultato peggiore dei vini fermi (-4,5%). Tendenza confermata anche a livello di prezzo medio, dove al -9% delle bollicine si contrappone il -2% di quelli fermi.

Concentrandosi sugli Stati Uniti, la ricerca stima una perdita del 2%, che trascinerà l’export a quota 1,7 miliardi di euro a fine 2020. Un risultato certamente positivo, se si considera che il calo generale delle importazioni statunitensi (-10,1%, con la Francia che raggiunge un drammatico -23%) è di cinque volte superiore. Stop significativo invece nel Regno Unito, sempre più lontano dal continente, con i produttori italiani e francesi che perderanno rispettivamente il 12,1% e il 16,7%, a fronte di una variazione positiva della domanda Usa di quasi il 5%.

Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovaniil dato generale sulle stime previsionali dimostra come l’Italia sia stata in grado di opporre anticorpi efficaci alla crisi. Il rapporto qualità-prezzo, una più variegata diversificazione dei canali di vendita e lo scampato pericolo dei dazi aggiuntivi negli Stati Uniti hanno consentito di ridurre le perdite all’estero, ma il rovescio della medaglia è fatto di tante piccole e medie aziende del vino che, al contrario delle altre, hanno perso i propri riferimenti commerciali – in particolare dell’horeca – e stanno pagando uno scotto molto più rilevante della media. È questo segmento, decisivo per il nostro made in Italy, che occorrerà salvaguardare sin da subito“.