Vendemmia abbondante (da 8) per il Lambrusco, che regge allo shock-Covid

di Giambattista Marchetto

Grazie alla spinta in gdo, il vino simbolo dell’Emilia ha resistito bene in fase di lockdown e – rimarca il direttore Savorini – con il Consorzio unitario vedrà una spinta forte sull’estero.

A poche settimane dalla tanto attesa fusione dei tre Consorzi che tutelano le produzioni a base Lambrusco, Davide Savorini descrive l’andamento di una vendemmia dall’alto valore aggiunto per il vitigno simbolo della Regione, che copre oltre 16mila ettari tra le province di Modena e Reggio Emilia. Archiviata una stagione sicuramente da incorniciare, il direttore del Consorzio di tutela del Lambrusco guarda all’imminente futuro, annunciando un copioso piano volto alla promozione del vino e del terroir dove esso è coltivato.


Savorini, come è andata la vendemmia nell’anno del Covid?
Da un punto di vista quantitativo abbiamo visto scendere leggermente la produzione rispetto alle prime stime, ma da un punto di vista qualitativo abbiamo avuto grandi soddisfazioni. Qualche fenomeno climatico ha fatto tenere il fiato sospeso ai produttori, ma le uve sono sanissime e le piante non hanno presentato malattie durante i periodi di maturazione. Il Lambrusco 2020 che raggiungerà le tavole dei consumatori sarà un prodotto eccellente, a rappresentanza di un territorio che punta sempre di più sulla qualità e sulla sua unicità.

Il periodo della vendemmia è stato in linea con gli altri anni?
Una vendemmia in anticipo di 7-10 giorni rispetto al solito. I primi ritiri di Ancelotta sono, infatti, iniziati nella seconda settimana di settembre nella bassa modenese e nel reggiano mentre, a partire dalla terza settimana, è entrato nel vivo l’areale del Salamino di Santa Croce e del Sorbara. La vendemmia si è chiusa a fine settembre con il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro.

Quanta uva destinata a Denominazione è stata raccolta?
Per la produzione 2019 sono stati raccolti 2.072.295,31 quintali di Lambrusco, di cui 1.101.582,37 rivendicati nelle sei denominazioni di Lambrusco Doc del territorio e 970.712,94 come Lambrusco Igt.
Dai primi dati elaborati, il prodotto raccolto con la vendemmia 2020 è superiore di circa il +10% rispetto all’annata 2019, che ricordiamo essere stata molto al di sotto la media per via di problemi fitosanitari ed eventi metereologici sfavorevoli. Registriamo altresì una disformità tra le varie aree: a fronte di una pianura meno produttiva rispetto al solito, quest’anno la collina è stata leggermente più generosa.

Quale è stato l’andamento climatico del 2020?
Dal punto di vista sanitario le uve si presentano senza particolari malattie. Non abbiamo avuto casi significativi né di peronospora, né di tignoletta. Abbiamo, invece, verificato qualche presenza di cocciniglia, insetto un tempo sconosciuto nelle nostre zone, ma che ha manifestato la sua presenza a partire dal 2018. Quest’anno si è tornati a notare la sua presenza nella bassa modenese e, in parte, nel reggiano e questo ha portato qualche consorziato, per il secondo anno consecutivo, a usare la difesa biologica con il lancio di insetti antagonisti di questo fitofago. Infine, qualche caso di black rot, ovvero disseccamento del grappolo, un fenomeno più comune al nord che si sta spingendo sempre più spesso verso il centro Italia.

Punteggio (da 1 a 10) della vendemmia appena conclusa?
Alla vendemmia 2020 possiamo dare un più che meritato 8, specialmente perché abbiamo alte aspettative dal punto di vista qualitativo.

Spostando l’attenzione dalla vigna alla cantina, a quanto ammontavano le giacenze di vino alla vigilia della vendemmia?
Nonostante la pandemia abbia portato ad una contrazione in termini di consumi, possiamo affermare che non abbiamo riscontrato problemi per quanto riguarda le giacenze. Rispetto alle aspettative le cantine sono arrivate in vendemmia con pochissimo prodotto dell’annata precedente, anche dovuto alla scarsa vendemmia 2019.

Quale è stato l’impatto finanziario della crisi?
Il Covid ha causato un importante shock nei mercati e ancora sta interessando il nostro settore. Analizzando i dati del primo semestre possiamo dire che a livello nazionale la Gdo, in cui il Lambrusco è leader di segmento, ha garantito una buona stabilità, facendo segnare anche un leggero segno positivo sui quantitativi venduti. Il segmento Horeca invece è quello che ha sofferto di più, e ad oggi non si è ancora ripreso completamente. All’estero la situazione è molto incerta: i nuovi lockdown hanno provocato sia la contrazione delle vendite nel settore Horeca sia l’incremento dell’e-commerce, cresciuto in alcuni casi anche del 30%.

Come Consorzio quali misure avete adottato per affrontare la crisi?
Non abbiamo riscontrato la necessità di intervenire direttamente sulla produzione di Lambrusco, ma cerchiamo di agire sostenendo le aziende associate riducendo del 20% le quote associative e creando loro quante più opportunità commerciali possibili. A tal proposito, grazie alle CCIAA di Reggio Emilia e di Modena, sono stati organizzati degli incontri B2B con buyers provenienti da diverse zone dell’Europa, che hanno visto partecipare 28 aziende del nostro territorio. Questo naturalmente grazie ai mezzi digitali che abbiamo a disposizione in questo periodo particolare. In ogni caso il Lambrusco è stato un vino molto apprezzato anche durante la pandemia, quindi ha subito un contraccolpo minore.

Quali sono le vostre proiezioni nel medio termine?
Con l’unione dei consorzi a partire dal prossimo anno, il mondo del Lambrusco si presenterà con un messaggio univoco, coadiuvati anche dalle nuove tecnologie con cui abbiamo familiarizzato durante la pandemia. Grazie a quest’unione vedremo un’accelerazione nella valorizzazione delle Denominazioni, grazie ad importanti investimenti promozionali. Inoltre insieme alle Camere di Commercio continuiamo a portare avanti progetti rivolti alle cantine del territorio e dedicati ad approfondire la conoscenza di mercati come Singapore e Dubai.

Quali progetti nel futuro della Denominazione?
A partire dal 1° gennaio 2021 ci sarà un unico Consorzio di tutela per il Lambrusco, fondendo per incorporazione il Consorzio tutela del Lambrusco di Modena, il Consorzio per la tutela e la promozione dei Vini Dop Reggiano e Colli di Scandiano e Canossa e il Consorzio di tutela vini del Reno Doc. I consigli di amministrazione prima, e le assemblee plenarie dei soci poi hanno votato la fusione all’unanimità. I tanti territori del lambrusco e i vari anelli che compongono questa articolata filiera riusciranno attraverso questo nuovo Consorzio a condividere molte attività promozionali che consentiranno di valorizzare le denominazioni sia in Italia che nel mondo. È un’operazione che guarda al futuro, a quando parleremo tutti l’unica lingua del Lambrusco.

 

gbmarchetto

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