Intervista a Cristina Cannata, che con le sorelle Rosalia, Agata e Gabriella ha fondato nel 2016 Le Sette Aje, azienda che conduce i vigneti secondo i principi dell’agro-omeopatia.
“Credo che sia uno dei mestieri più belli al mondo”. Cristina Cannata, 28 anni, che con le sorelle Rosalia (35), Agata (20) e Gabriella (16) ha fondato nel 2016 Le Sette Aje non ha dubbi. Nel creare la giovane azienda agricola siciliana, situata nella Valle del Belìce, le quattro giovani donne hanno raccolto 100 anni di storia e tradizione agricola familiare.
L’azienda ha il pregio di una vocazione femminile, con quattro “sbarbatelle” che hanno deciso di mettersi in gioco, coinvolgendo sì il padre, ma tenendo la barra dritta sulle scelte di fondo.
La filosofia è legata alla riscoperta della naturalezza dei frutti della terra. Da qui l’attenzione all’autoctono e la promozione di un metodo d’agricoltura naturale, che minimizza l’intervento umano e applica come innovazione il protocollo agro-omeopatico. Richiamando l’omeopatia, questo metodo agisce sulla struttura di base della pianta, rafforzandola e conferendole uno stato di salute naturalmente ‘ottimale’, maggiore resistenza e floridità, massimizzando l’assorbimento dei nutrienti e stimolando la pianta ad aumentare le proprie autodifese. Con un impatto ambientale pari a zero.
Le Sette Aje produce attualmente 5 vini, oltre all’olio. E le quattro sorelle hanno lanciato su YouTube la rubrica “Le Ricette di Donna Rosalia“, che ha come vera protagonista la nonna impegnata nella preparazione di piatti tipici siciliani in abbinamento ai prodotti della cantina.
Cristina, come nasce il progetto Le Sette Aje?
Quattro anni fa abbiamo deciso di fare qualcosa di bello e di valore, insieme come sorelle, per la nostra terra e per la nostra cultura. L’azienda raccoglie 100 anni di passione per la terra e per i suoi prodotti, portata avanti con dedizione e coraggio dai nostri bisnonni, nonni e genitori. Le Sette Aje è per noi un modo di vivere il territorio: io e Rosalia purtroppo non abitiamo più in Sicilia, ci siamo spostate a Milano ormai da più di 10 anni e facciamo la spola. L’azienda ci permette di continuare a vivere un legame forte con la nostra terra, che è poi specchio della nostra cultura, del nostro essere, delle nostre origini. Facciamo agricoltura in Sicilia per scelta e lo facciamo in Sicilia perché vogliamo vivere la nostra terra. All’interno dell’azienda ognuna di noi ha dei compiti precisi, anche se, ça va sans dire, in una piccola azienda a conduzione familiare ci ritroviamo tutte ad indossare cappelli diversi a seconda delle esigenze. Io mi occupo specificatamente del marketing e della comunicazione… oltre a vendemmie e raccolte di olive.
Quali sono le peculiarità dei vostri vini?
I nostri vini sono tutti vini naturali da vitigni autoctoni. Il primissimo vino che abbiamo messo sul mercato, tra l’altro due giorni dopo la mia laurea, è stato il Canaddunaschi 2016, un Grillo in purezza. A quattro anni di distanza, siamo arrivate a 5 linee diverse di prodotto: oltre al Canaddunaschi , il nostro particolarissimo Nakone (vino rosato ottenuto dal Moscato Zucco e da una varietà reliquia antica, ritrovata nei nostri terreni – sappiamo che era stata impiantata da nostro bisnonno, ma non sappiamo cosa sia), il passito di Grillo Donna Rosalia (un vino di cui andiamo particolarmente orgogliose, dedicato alla nostra nonna), il Cincu Stizzi (vino rosato frizzante metodo ancestrale di Nerello Mascalese) e l’ultimo nato Agata, un vino rosso di Nerello Mascalese dedicato a nostra sorella Agata. Accanto alla produzione di vino, vantiamo 8 linee di olio EVO, di cui la maggioranza mono-varietali molto antiche e quasi scomparse, come la profumatissima Murtiddara.
Con quale filosofia?
La nostra filosofia aziendale si concentra su due punti fondamentali, fortemente connessi. Da un lato la riscoperta, conservazione e valorizzazione delle varietà autoctone; per i vigneti, ad esempio, stiamo portando avanti un lavoro sulle varietà reliquia. D’altra parte una forte attenzione al preservare la naturalità e la naturalezza della pianta e dei prodotti che da essa derivano (questo ci consente di preservare al meglio l’autenticità della varietà e del territorio a cui si lega). Questi due punti sono stati per noi trainanti nella nostra strategia di innovazione che ci ha portati all’adozione di un metodo d’agricoltura innovativo, a zero impatto ambientale, noto come agro-omeopatia. Siamo una delle pochissime aziende in Europa ad aver studiato e applicato questo metodo che consiste in un insieme di trattamenti assolutamente naturali, minimizzando l’intervento dell’uomo, volti a sostenere e supportare la pianta dalla sua struttura, salvaguardando la sua autenticità e la sua natura, in modo tale che la genuinità della stessa si riversi in maniera ottimane nei suoi frutti, e quindi nei prodotti.
Come avete gestito un anno difficile come il 2020 e quali sono le aspettative per il 2021 e nel medio termine?
Devo essere sincera, non ci saremmo mai aspettate di dover affrontare nella nostra vita una pandemia. Il 2020 è stato, come per tutti, un anno difficile, nel quale le logiche della normalità sono completamente crollate: stavamo iniziando a crescere in maniera importante e ovviamente lo stop è stato forte, inaspettato e inevitabile. Non ci siamo però mai fatte abbattere. Il lavoro in vigna e nell’uliveto, fortunatamente, è andato avanti senza troppi impedimenti (la fortuna di lavorare da soli in campagna) e questo ci ha permesso di procedere nella nostra tabella di marcia e portare avanti il lavoro come da programma. Dall’altro lato, abbiamo approfittato di questo tempo per fare delle cose importantissime che avevamo sempre, per un motivo o per l’altro, rimandato. Ci siamo focalizzate sulla digitalizzazione, con un nuovo sito web e un e-commerce, con la volontà di creare un canale sempre più diretto con il cliente. Abbiamo strutturato con una strategia chiara la comunicazione e le attività di digital marketing. Abbiamo fatto uscire due vini e, nonostante il periodo, abbiamo avuto dei buonissimi feedback dai nostri clienti, che ci supportano sempre con tanto affetto, e ne abbiamo acquisiti di nuovi. Le aspettative per il 2021? Cinicamente direi che allo stato attuale non ne vedo molte. Eppure mentirei, nel senso che stiamo portando avanti altri progetti: stiamo di nuovo investendo, questa volta per la creazione, finalmente, della nostra cantina. Abbiamo un grandissimo progetto e ci stiamo lavorando 24h al giorno. Il nostro obiettivo è ovviamente andare avanti diventando ogni giorno sempre più grandi.
Qual è l’innovazione che vorresti apportare nella tua azienda rispetto al passato?
Credo che non ci sia mai limite all’innovazione. Noi ne abbiamo introdotte molte, nel nostro piccolo, fin da quando abbiamo deciso di fondare l’azienda e continuiamo a lavorare per inventarci ogni giorno qualcosa di nuovo, funzionale e di valore, in tanti campi. Il mio motto copia Gustav Thibon, filosofo francese, che diceva: “Non opporsi ai cambiamenti, ma impregnarli d’eterno”. Quando ho letto quella frase per la prima volta mi è subito rimasta impressa, perché è effettivamente molto in linea con la nostra filosofia, proprio per il fatto che la nostra missione è innovare nel tentativo di preservare la tradizione e la cultura, dove innovazione e tradizione spesso sono un ossimoro. Vogliamo agire, lasciare un’impronta, ma farlo nel rispetto della nostra storia, delle origini e della tradizione, elementi a mio avviso da custodire gelosamente. Oltre a questo, io sono una Millenial (così ci chiamano), ho avuto la fortuna di viaggiare tanto e di studiare all’estero, e questo mi ha portato ad avere una forma mentis costantemente aperta al cambiamento, al nuovo. Credo tanto nell’innovazione tecnologica, nelle potenzialità (buone) del digital, e nelle tecnologie che stanno emergendo. E credo anche che le aziende agricole siano ancora molto indietro sotto questo punto di vista.
C’è un approccio giovane al tuo lavoro? E un approccio peculiarmente femminile?
Giovane senza dubbio, vedi Gabriella che dall’alto dei suoi 16 anni ha sviluppato una comunicazione social impeccabile che ci consente ogni giorno di raggiungere nuove persone e di poter comunicare al mondo quello che facciamo e come lo facciamo. Approccio peculiarmente femminile, non direi. Nonostante siamo un’azienda tutta femminile, non sono proprio convinta che il sesso influisca nella conduzione di un’azienda. Un’azienda può essere condotta bene o male, indipendentemente se chi la conduce è un uomo o una donna. Forse possiamo citare il lato psicologico: le sensibilità maschili e femminili sono naturalmente diverse, ma non parlerei di un approccio peculiarmente femminile. L’unico approccio valido è quello che ci consente di crescere come azienda e di fare un buon lavoro, per noi e per la nostra comunità, generando valore aggiunto condiviso.
Fai parte di una generazione digitale. Quale è il tuo approccio ad internet in termini di comunicazione e commercializzazione?
Il digital è oramai fondamentale, c’è poco da obiettare. E lo è su tanti fronti: commercializzazione, comunicazione, ma anche networking, ricerca, innovazione. Il web, i social, le tecniche di comunicazione digitale sono ormai un asset importantissimo, da attenzionare strategicamente con molta cura. Per la nostra azienda è davvero fondamentale: abbiamo lavorato con il digital su tutti i fronti, in logica di brand awareness, di comunicazione diretta, di commercializzazione, di cura della relazione con il cliente e di internazionalizzazione. L’online ti offre mille possibilità, devi essere in grado di coglierle tutte e di capire come possono essere funzionali alla tua strategia o, più semplicemente, al tuo modo di presentarti.
Cosa significa essere una giovane donna in un settore dominato dagli uomini?
In realtà non è una cosa a cui ho mai prestato particolare attenzione o che ha mai intaccato il nostro lavoro, né il mio né quello delle mie sorelle. Sì, è certo che ci sono tanti uomini all’interno di questo settore e che rappresentano la netta maggioranza, ma anche noi donne ormai rappresentiamo una percentuale molto rilevante. Non vorrei sbagliarmi, ma mi pare di aver letto che ormai 1 azienda agricola su 4 è gestita da donne e che un terzo delle aziende vitivinicole è guidato da donne. Ci siamo sempre sentite a nostro agio nel fare il nostro lavoro nonostante questo retaggio secondo cui “fare vino è un lavoro da uomini”. Conosco tantissime ragazze che come me fanno il mio stesso mestiere. Tra l’altro a proposito con alcune ragazze di Sbarbatelle stiamo organizzando un progetto che uscirà l’8 marzo che ha questo come tema centrale. Credo che la persona faccia la differenza e apporti valore con il suo lavoro.
Ti diverte lavorare nel mondo del vino?
Tanto, devo dire che non c’è mai il rischio di annoiarsi, soprattutto quando sei all’inizio e devi imparare come gira la ruota. Ti viene un’idea, ci sbatti la testa, sbagli o a volte no, impari, migliori, comprendi e diventi pian piano più saggia. A livello puramente lavorativo, è bellissimo sperimentare e vedere cosa uscirà fuori da quell’uva che hai raccolto: quali profumi e colori avrà, come sarà? Vedere il tuo prodotto pian piano venire alla luce, gradualmente, è la cosa più bella. È bellissimo vedere come la pianta si rigenera, anno dopo anno, seguire le sue fasi vitali. Il mondo del vino è un mondo grandissimo, fatto di tante persone che amano quello che fanno, di mille colori e profumi, di sfumature, di sensazioni, di arte. È un mondo di condivisione e di bei momenti. È molto bello vedere i nostri vini sulle tavole delle persone, ad allietare dei momenti di vita, dai più quotidiani ai più unici. Dirò una banalità, ma credo che sia uno dei mestieri più belli al mondo.
Hai un segreto inconfessato che ci puoi rivelare?
Vale il fatto che piango sempre ascoltando le canzoni d’amore di Bryan Adams?