Daniela Tibaldi racconta l’azienda che conduce assieme a sua sorella Monica, improntata sulla tipicità dell’arneis e la forza della famiglia.
Affacciata sulle suggestive Rocche del Roero, l’azienda Tibaldi è guidata dalle sorelle Monica e Daniela, che hanno deciso di raccogliere la sfida di proseguire un’attività nata con il bisnonno e, fino al 2014, portata avanti dagli uomini di casa, nonno Tunin e babbo Stefano.
“Abbiamo deciso di cambiare vita e togliere la polvere che si era accumulata in cantina”, così le due “sbarbatelle” roerine descrivono il momento in cui prendono in mano le sorti dei vigneti di famiglia iniziando il proprio percorso in un mondo complesso ma affrontato con il sorriso sulle labbra. Con il loro ingresso, l’azienda si converte alla produzione biologica e inizia a perseguire una linea enologica volta alla valorizzazione dei vitigni autoctoni, che qui si chiamano soprattutto arneis e nebbiolo. Attente alla sostenibilità e al rispetto della natura circostante, Monica e Daniela credono fortemente nella collaborazione con gli altri viticoltori, indispensabile per la crescita aziendale e territoriale.
La loro proposta enologica oggi ricomprende sette vini, espressione delle tipiche Denominazioni della zona, tra le quali spiccano un cru a base arneis, il Bricco delle Passere, e un metodo classico Pas Dosé 40 mesi, anch’esso prodotto con il bianco simbolo del territorio.
Daniela, come nasce il progetto Pocapaglia?
La nostra azienda agricola, immersa tra le Rocche del Roero, nasce nel 2014 dalla volontà mia e di mia sorella Monica, unite dalla passione per il vino e per il nostro Roero, territorio dove siamo cresciute e dove la nostra famiglia possiede sette ettari di vigneto, tutti condotti in modo biologico. Fin da subito abbiamo cercato di essere interscambiabili in cantina e in vigneto, anche se ad oggi Monica è più specializzata nella vinificazione mentre io mi dedico ai lavori in vigna, con la consulenza e l’appoggio di mio papà Stefano.
Quali sono le peculiarità dei vostri vini?
La nostra idea è quella di produrre solo varietà autoctone, quali favorita, barbera, nebbiolo ed arneis. Con quest’ultimo produciamo anche un cru riserva, ‘il Bricco delle Passere’. Nel 2015 abbiamo inoltre creato il nostro metodo classico Pas Dosé sempre a base arneis, che lasciamo affinare 40 mesi. Il nebbiolo, l’altro grande vitigno di questa parte di Piemonte, lo utilizziamo invece per produrre il Roero Docg ‘Roccapalea’.
Con quale filosofia?
Il nostro vino deve esprimere in modo sincero e spontaneo il legame tra la vite e il territorio, esaltando l’eleganza e la finezza che il suolo sabbioso garantisce alle nostre uve. Particolare attenzione la poniamo nei confronti della natura, a cui va il nostro massimo rispetto, e della cura della vite.
Come avete gestito un anno difficile come il 2020 e quali sono le aspettative per il 2021 e nel medio termine?
Purtroppo il 2020 non è stato un anno facile. Non tanto sotto il punto di vista lavorativo, visto che il lavoro non è mai mancato né in vigna né in cantina, quanto in ottica commerciale, avendo le vendite risentito della grande crisi sanitaria.
Proprio per affrontare questo periodo, ci siamo unite con altri produttori piemontesi in un progetto che prende il nome di ‘Natinvigna’. L’intento è quello di promuovere i rispettivi territori proponendo una selezione, acquistabile on-line, di sei vini da uve autoctone prodotti in diverse zone del Piemonte. Accanto ad esso abbiamo tante idee e piani da sviluppare nei prossimi mesi. Insomma: l’unione fa la forza!
Qual è l’innovazione che vorresti apportare nella tua azienda rispetto al passato?
In vigna l’obiettivo che ci poniamo è quello di eliminare ogni residuo, in ossequio alla nostra identità biologica. A livello invece strutturale vorremmo creare un’azienda ad impatto zero; che si traduce nella sostenibilità in tutte le fasi di lavoro e nel consumo dell’acqua, nonché in un sempre più incisivo utilizzo delle energie rinnovabili.
C’è un approccio giovane al tuo lavoro? E un approccio peculiarmente femminile?
Direi di sì. Siamo due sorelle giovani che da poco hanno superato i trent’anni, quindi la nostra realtà non può che essere dinamica. Lavoriamo in vigna ed in cantina curando personalmente ogni fase e cercando di apportare nei vini un tocco femminile fatto di eleganza, finezza e raffinatezza.
Fai parte di una generazione digitale. Quale è il tuo approccio ad internet in termini di comunicazione e commercializzazione?
I canali social sono mezzi di comunicazione immediati e a basso costo, per noi molto importanti. Basti pensare che molti clienti esteri e italiani utilizzano addirittura la messaggistica di Instagram e Facebook per fare ordini. Per quanto riguarda l’ e-commerce, prima del lockdown non ho mai pensato potesse essere un canale di vendita per la nostra realtà, per non creare competizioni con enoteche nostre clienti. Oggi, invece, lo ritengo un’innovazione importante con la quale raggiungere un grande numero di clienti e che, se utilizzato correttamente, non va a ledere il lavoro dei nostri collaboratori, siano essi enotecari o ristoratori.
Cosa significa essere una giovane donna in un settore dominato dagli uomini?
Essere donna in un settore che è ancora a maggioranza maschile significa dimostrare che anche il ‘gentil sesso’ ha le capacità e le potenzialità di emergere e di portare avanti le proprie passioni ed attività, spesso ottenendo anche risultati migliori. E questo è dimostrato dal numero crescente di realtà vitivinicole a conduzione femminile nonché dalle tante associazioni che raggruppano le donne impegnate nel settore. Fortunatamente i tempi sono cambiati e diversi lavori che un tempo erano manuali e prettamente maschili, oggi vengono svolti da macchinari facili da manovrare. Credo comunque che, al di là del genere, la cosa più importante sia mettere amore e passione in quel che si produce per ottenere ottimi risultati.
Inoltre ci tengo a precisare che è grazie ai nostri due grandi uomini, nonno Tunin e papà Stefano, che da sempre curano con amore e dedizione i vigneti di famiglia, se oggi Monica ed io possiamo vinificare.
Ti diverte lavorare nel mondo del vino?
Tantissimo! Il nostro è un lavoro molto dinamico, impossibile annoiarsi. Mi piace il fatto che nel nostro settore non vi sia competizione bensì confronto, tanto che con gli altri produttori ci ritroviamo molto spesso a delle cene o delle degustazioni. Mi diverte anche lavorare con mia sorella, con la quale c’è molta sinergia e complicità nonostante le differenze caratteriali. È bello avere l’appoggio di una sorella e sapere che si è insieme ‘qualunque cosa succeda’.
Hai un segreto inconfessato che ci puoi rivelare?
Sono una pessima cuoca, gli amici vengono a cena solo se c’è il mio compagno!