La “sbarbatella” artigiana che racconta l’anima di Predappio

di Giambattista Marchetto

Chiara Condello ha fondato nel 2015 una sua azienda agricola e cura l’intero processo, dalla vigna alla bottiglia. Con una dedica al sangiovese che incarni il suo territorio.


Nei miei vini ricerco l’espressione autentica della mia terra, della sua storia, della sua anima. Immagino un vino di luce, libero da tutti gli artefici dai quali è stato troppo spesso appesantito”. Chiara Condello non gioca con le parole e sembra prendere estremamente sul serio il valore dell’integrità nel suo mestiere di vignaiola.

L’idea di fare dei vini che portassero il mio nome – spiega la “sbarbatella” romagnolanasce dalla consapevolezza di essere custode di una storia di viticoltura che, nelle colline di Predappio, è stata scritta e tramandata per centinaia di anni e dal mio desiderio di dare un’interpretazione un po’ rivoluzionaria a questa terra così unica, generosa e contesa”. Per farlo ha scelto un fazzoletto di terra ai confini del bosco tra i 150 e i 300 metri di altitudine. “Qui 3 milioni di anni fa c’era il mare e da qui sono partita per produrre un vino che fosse la lettura di questa unicità”, aggiunge.

E lavora seguendo i dettami di una viticoltura biologica, convinta che “prima di essere bravi vinificatori è importante essere bravi vignaioli” e di una gestione artigianale della cantina, privilegiando “le fonti di diversità e il rispetto delle uve” con fermentazioni spontanee, nessun controllo della temperatura, lunghe macerazioni, nessun filtro. Chiara lavora su un Sangiovese che la rispecchi. E il vitigno in purezza è la base essenziale per entrambi i suoi vini: il Tre Vigne (Chiara Condello) e il cru Le Lucciole, prodotto da una parcella di 0,8 ettari, la cui etichetta è ridisegnata per ogni annata dall’artista Francesca Ballarini. E, con l’orgoglio di raccontare un territorio e le sue vocazioni, gira il mondo.

Chiara, ci racconti la tua azienda e il tuo progetto?

La mia azienda nasce nel 2015 a Predappio, vicino a dove sono nata e a dove la mia famiglia ha le radici. Nel 2012 dopo essermi laureata in economia a Milano e aver abitato all’estero, sono rientrata e ho iniziato a lavorare prima nell’azienda di famiglia (mio padre ha fondato a sua volta un’azienda vitivinicola) e poi nel 2015 ho creato la mia piccola realtà. L’idea di produrre dei vini che portassero il mio nome è nata dalla consapevolezza di essere la custode di quella che sulle colline di Predappio è stata una storia di viticoltura centenaria e dall’occasione di aver trovato delle vecchie vigne, che i proprietari precedenti non volevano più lavorare e che quindi sono riuscita a riprendere. Oggi ho 4,8 ettari di vigneto e degli ulivi centenari e mi occupo un po’ di tutto, dalla vigna alla cantina alla gestione dei clienti.

Con quale filosofia ti approcci ai tuoi vini?

Io produco solo due vini, entrambi 100% sangiovese, la varietà autoctona di queste colline: il Predappio Tre Vigne e il Predappio Riserva Le Lucciole.

Le mie vigne si trovano tutte nella zona storica di produzione di Predappio e la mia idea è stata da subito quella di realizzare produrre vini che fossero l’espressione più pura di questa terra, con un forte legame con l’unicità delle vigne da cui nascono. Ho seguito un percorso semplice, ma molto chiaro: viticoltura biologica, attenzione e rispetto per le piante ed il suolo, lavorazioni manuali, cura artigianale delle lavorazioni in cantina, fermentazioni spontanee, botti grandi.
Come hai gestito un anno difficile come il 2020 e quali sono le aspettative per il 2021 e nel medio termine?
Durante il 2020 una parte del mio lavoro si è fermata, non ci sono stati eventi e ho viaggiato molto meno, quindi ho avuto molto più tempo per stare tra i filari e in cantina. Ne ho approfittato per studiare molto e per provare molte cose nuove in vigna. Per quanto riguarda le vendite fortunatamente la mia produzione è artigianale e anche in un anno difficile come questo sono riuscita a lavorare bene. Sicuramente avere poche quantità e vendere in tanti paesi diversi mi ha aiutato. Le aspettative per i prossimi tempi sono di vedere finalmente ripartire la ristorazione e di poter nuovamente ritrovarci attorno a una bella bottiglia di vino.

Qual è l’innovazione che vorresti apportare nella tua azienda rispetto al passato?

Una riscoperta consapevole delle tradizioni. In un’epoca segnata dalla continua ricerca di qualcosa di nuovo, credo che la vera innovazione sia ridare valore alle pratiche del passato, ingiustamente considerate superate. Credo nei lavori lenti ma ben fatti, nell’importanza del dettaglio piuttosto che del numero.

C’è un approccio giovane al tuo lavoro? E un approccio peculiarmente femminile?

La mia generazione è nata in un mondo che non ha più confini, la globalizzazione è per noi normale e ha avuto effetti negativi, ma ha allo stesso tempo ha aperto tante opportunità: un aspetto legato alla mia età è stato quello di considerare i vini come uno strumento per portare un territorio fuori dal territorio, di non limitarmi al mercato locale ma di trovare in tutto il mondo persone interessate a scoprire l’unicità del sangiovese di Predappio e di confrontarmi con i produttori di tutto il mondo.

Fai parte di una generazione digitale. Qual è il tuo approccio ad internet in termini di comunicazione e commercializzazione?

Io penso che internet possa essere molto utile per far conoscere un territorio e portare un racconto lontano. Una delle mie passioni è la fotografia, per cui mi piace utilizzare i social per condividere fotografie di momenti quotidiani del mio lavoro. Personalmente ho scelto di usare la rete solo per comunicare e non per vendere: i miei vini non li vendo online, se qualcuno vuole una mia bottiglia viene in cantina oppure si rivolge ad uno dei miei distributori.

Cosa significa essere una giovane donna in un settore dominato dagli uomini?

Io sono stata fortunatamente cresciuta con l’idea che non ci fosse alcuna differenza tra quello che potevo fare io ed un ragazzo e questo mi ha permesso di vivere prima (sempre) lo studio ed ora il lavoro senza pormi mai limiti legati al fatto di essere una donna.

Ti diverte lavorare nel mondo del vino?

Molto. Per me la cosa più bella nel produrre vino è che ogni anno si ricomincia, ogni anno la natura cambia e si impara continuamente, ci si adatta alle situazioni. In più io ho la fortuna di occuparmi di tutti gli aspetti della cantina per cui alterno giorni di lavoro in solitudine e tranquillità immersa nella natura ad altri dove viaggio, partecipo a degustazioni e incontro i clienti.

Hai un segreto inconfessato che ci puoi rivelare?

(…) È un segreto!

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