La “sbarbatella” che ama i cavalli e punta sul Grignolino

di Giambattista Marchetto

Nel sud astigiano, Monica Monticone gestisce con la sua famiglia allargata sei ettari di vigneto, dove a brillare è l’anarchico testabalorda.

A pochi chilometri a sud di Asti si trova la piccola frazione di Valle del Re, dove la “sbarbatella” piemontese Monica Monticone porta avanti la sua attività di vignaiola ‘a tutto tondo’. Una tradizione familiare iniziata nel 1913, quando il bisnonno di suo padre decise di acquistare Cascina Rey. Si tratta di una tipica azienda a carattere familiare, dove alla produzione di vino sfuso venduto principalmente sulle piazze di Torino e Milano, si affianca l’allevamento di mucche di razza Fassone, in un contesto di profondo rispetto per ambiente circostante e tradizione.

Seguendo la sua innata passione per la natura e gli spazi aperti, nel 2017 Monica decide di chiudere l’enoteca che gestiva da circa dieci anni all’interno del mercato coperto di Asti e afferrare le redini della cascina, dando nuova linfa ad un’azienda che, nel frattempo, aveva celebrato i suoi primi cento anni di attività. Da grande appassionata del proprio territorio decide fin da subito di investire le sue energie in tre grandi vitigni che prendono vita in di questo spicchio di Piemonte: il cortese, la barbera e, soprattutto quel grignolino che il compianto Luigi Veronelli soleva definire “l’anarchico testabalorda”. Intorno ad essi costruisce le prime etichette aziendali, grazie anche alla contemporanea ristrutturazione del Crutin dei suoi bisnonni, adibito ad ospitare le botti necessarie per l’affinamento dei vini.

Sfruttando poi l’innato senso del riciclo tipico della campagna, Monica vede nell’ex fienile il luogo ideale dove costruire il nuovo punto vendita e la sala degustazioni, a testimoniare il nuovo corso che decide fin da subito di imprimere, dove il rapporto personale con i clienti giocherà sempre più un ruolo centrale. Tutto questo nonostante l’innata timidezza di Monica che, appena può, fugge dai suoi amati cavalli, accompagnandoli nei pascoli che circondano la ‘sua’ Cascina Rey.

Monica, qual è il percorso compiuto dalla vostra azienda e qual è il tuo progetto?

Cascina Rey è innanzitutto casa mia, dove sono cresciuta in mezzo alla natura e agli animali. Da qualche anno è poi diventata anche la mia attività lavorativa, scelta che ho fatto perché stanca di stare tra le quattro mura della mia piccola enoteca all’interno del mercato coperto di Asti. Nonostante la grande paura iniziale, oggi curo sei ettari di vigneto, impiantato sulle tipiche Sabbie Astesane di zona e che gode di una meravigliosa esposizione a sud.

Con quale filosofia ti approcci ai tuoi vini?

Credendo molto nella valorizzazione dell’identità locale mi sono concentrata su tre vitigni che ben identificano la mia regione: cortese, barbera e grignolino. Con il primo realizziamo il ‘Sagrinte Nen’, un vino bianco che già dal nome invita ad affrontare la vita con il sorriso (è la versione piemontese del più celebre ‘don’t worry be happy’), con il secondo produciamo la Barbera d’Asti, vinificata sia in acciaio sia in legno. Con il terzo, infine, un Grignolino d’Asti, in assoluto il mio vino preferito.

Come avete gestito un anno difficile come il 2020 e quali sono le aspettative per il 2021 e nel medio termine?

Mi sono specializzata nel delivery, consegnando personalmente tutti gli ordini. Questo, peraltro, mi ha consentito di mantenere vivi i tanti rapporti umani costruiti nel tempo, che sono poi ciò che nell’ultimo anno è più mancato a tutti noi. E di quanto essi siano importanti ne ho avuto dimostrazione pochi giorni fa, quando una gelata tardiva ha danneggiato gravemente i nostri vigneti. Nel giro di poche ore sono state tante le telefonate e i messaggi dei miei clienti, che mi hanno incoraggiato ad andare avanti, sempre più convinta che l’amore e la passione per il proprio lavoro faccia sempre la differenza.

Qual è l’innovazione che vorresti apportare nella tua azienda rispetto al passato?

Per quanto ti ho detto fin qui è senza dubbio l’accoglienza, che nelle mie intenzioni deve unire la parte degustativa all’offerta artistica e culturale del mio territorio. Vorrei creare delle vere e proprie esperienze attraverso eventi legati al Teatro itinerante in vigna e alle mostre di artisti locali, dando così modo alle persone di godere della natura e nutrirsi con il bello e il buono che li circonda.

C’è un approccio giovane al tuo lavoro? E un approccio peculiarmente femminile?

Penso a quante volte ho scalpitato per “fare” e mio padre, dopo avermi osservata, mi ha poi detto “Secondo me Monica…”. Con il tempo ho capito che in lui, come in ogni altro contadino, è depositata quell’esperienza necessaria per curare la terra in modo corretto. E sottolineo con forza la parola contadino, troppo spesso scartata a favore di termini più eno-fighetti. Sono fiera di avere un padre contadino e di esserlo a mia volta. Il mio sforzo sarà dunque di legare la tradizione alle nuove idee che caratterizzano il mondo del vino odierno.

D’altro lato il mio essere donna mi spinge ad avere una particolare sensibilità verso la cura e la ricerca del bello, nonché a ricercare un dialogo con donne che, al par mio, hanno scelto di far delle loro passioni un lavoro. Un esempio sono le nuove etichette dei miei vini, realizzate da un’artista e una grafica che hanno tradotto su carta l’identità di Cascina Rey.

Fai parte di una generazione digitale. Qual è il tuo approccio ad internet in termini di comunicazione e commercializzazione?

Essendo la mia una piccola realtà dai piccoli numeri ho scelto di non vendere i miei vini on-line privilegiando invece la comunicazione social, attraverso foto, video e racconti di ciò succede a me e alla mia famiglia allargata, fatta di umani e animali. Cani, gatti, cavalli, oche, caprette, un maialino vietnamita, Cascina Rey è un brulicare di vita, ed è meraviglioso trasmettere agli altri la fortuna che ho a vivere qui facendo il lavoro che mi piace.

Cosa significa essere una giovane donna in un settore dominato dagli uomini?

Non ho mai sentito la necessità di dimostrare qualcosa in più solo perché sono donna e non mi ha mai creato problema far parte di un mondo sì maschile, ma dove sta crescendo la presenza femminile. Mi sono sempre approcciata a questo lavoro, che per me è una scelta di vita, con molto impegno e umiltà, cercando di imparare da mio padre e confrontandomi spesso con colleghi, mai avari di aiuti e consigli. Lo sviluppo di nuove tecniche e macchinari mi permettono, inoltre, di svolgere con semplicità anche i lavori più pesanti, un tempo prerogativa degli uomini.

Per questo non ne farei una questione di genere bensì di impegno, passione, collaborazione e rispetto. Uomini e donne hanno spesso qualità e peculiarità differenti che, se unite e combinate tra loro, possono portare a grandi risultati.

Ti diverte lavorare nel mondo del vino?

Fare la vignaiola è per me il mestiere più bello del mondo, anche se faticoso. I lavori in vigna sono lunghi, richiedono impegno costante e non c’è mai un giorno uguale all’altro. Altaleniamo tra stati d’animo estremi, che vanno dal “Chi ma chi me l’ha fatto fare” al “Sono perdutamene innamorata di questo lavoro”. Credo di poter però affermare che questa scelta di vita mi ha fatto diventare una persona migliore. Osservando bellezza della natura e con il privilegio di vedere crescere qualcosa di cui ti prendi cura quotidianamente, impari a dare il giusto valore alle cose.

Hai un segreto inconfessato che ci puoi rivelare?

Mio padre è un vignaiolo ‘di una volta’, che, abituato a dover ottenere il massimo dalla propria vigna, non riesce ad abituarsi all’idea che i grappoli vadano diradati per migliorare la qualità. Per evitare di fargli vivere un momento per lui straziante, lo scorso agosto ho deciso di fare il diradamento subito dopo pranzo, mentre lui faceva il consueto riposino del periodo estivo. Sotto il sole estivo tagliavo i grappoli, li raccoglievo in due ceste e li gettavo subito al di là della rete del nostro vicino. Il tutto stando ben attenta a non farmi scoprire.

Il problema venne quando Fiore, il nostro vicino, è venuto da noi chiedendo a mio padre un aiuto per tagliare l’erba proprio su quel confine dove avevo gettato i grappoli. Per tutto il mese ho imposto a mio padre i lavoretti più improbabili, salvando (almeno fino a questa intervista) il mio segreto.

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