Degustazione di 4 etichette da vigneti coltivati a Bellussera, un patrimonio storico che la cantina trevigiana custodisce valorizzando l’unicità di vini “che non si piegano alla meccanizzazione”.
Raccontare ciò che è oggi Cà di Rajo implica necessariamente fare un salto nel passato e scoprire come il Dna di questa azienda sia legato a doppio filo alla storia del territorio a cui appartiene.
A Rai di San Polo di Piave, in quella fetta di campagna trevigiana che da Conegliano si estende fino a Oderzo, i fratelli Alessio, Fabio e Simone Cecchetto, nipoti del fondatore, sono oggi al timone di una realtà moderna, ma con radici piantate nel X secolo. Immersa in un contesto storico che conta su vigneti con oltre 70 anni di età, la cantina sorge tra architetture di cui sono simbolo la Chiesetta del Carmine e la Casa Convento – un tempo parte integrante della corte di un grande castello andato distrutto nel corso dell’ultimo secolo – ma anche la torre di Rai, i cui resti svettano ancora sulla cima della collina adiacente alla chiesa.
Dai 15 ettari di vigneti coltivati a raboso del Piave, glera, chardonnay, pinot bianco, sauvignon, verduzzo, merlot e incrocio Manzoni rosa 1.50 (creato dal professor Luigi Manzoni dall’impollinazione tra Traminer e Trebbiano) i fratelli Cecchetto ottengono vini che esprimono a 360 gradi il potenziale delle uve autoctone e sintetizzano la loro filosofia aziendale in una piccola grande rivoluzione chiamata Bellussera. Si tratta di un metodo di allevamento della vite ideato nell’Ottocento dai fratelli Bellussi, che prevede un sesto d’impianto ampio dove i pali in legno, di circa 4 metri di altezza, sono collegati tra loro da fili di ferro sistemati a raggi. Si crea così un “intarsio” geometrico dei filari che garantisce un’elevata esposizione rivelandosi al contempo altamente sostenibile. Questo sistema, caduto ormai in disuso a favore di metodi di coltivazione più facilmente meccanizzabili, rappresenta per Cà di Rajo un patrimonio da custodire, in grado di esaltare l’identità e la tipicità del territorio del Piave.
DEGUSTAZIONE
Manzoni Rosa 1.50 Millesimato Extra Dry 2020, Marzemina Bianca Millesimato Brut, Malanotte del Piave “Notti di Luna Piena” 2013 e Nina Manzoni Bianco 2020. Due spumanti e due cru da viti allevate a Bellussera che esaltano le produzioni autoctone giocando su vini estremamente moderni e versatili, con uno stile che fa scuola in termini di pulizia, profumi e piacevolezza del sorso. Da segnalare, in particolare, la marzemina bianca recentemente proposta in versione sparkling. Unica nel suo genere.
Manzoni Rosa Millesimato Extra Dry 2020
Uvaggio: 100% incrocio Manzoni 1.50
Vinificazione: spumantizzazione con metodo Charmat lungo
Di colore rosa antico con perlage finissimo e persistente, ha profumo elegante, con delicati sentori floreali e rimandi fruttati che alternano note di piccoli frutti ad aromi di agrumi mediterranei. Il sorso è fresco e minerale, il palato ritrova la frutta garantendo un perfetto equilibrio tra note dolci e acidità, con un finale giustamente sapido e un retrogusto lungo e piacevole.
Marzemina Bianca Millesimato Brut 2020
Uvaggio: marzemina bianca in purezza
Vinificazione: spumantizzazione con metodo Charmat. Fermentazione unica partendo dal mosto per esaltare gli aromi e ridurre i solfiti.
Allo sguardo colpisce per il bel colore giallo paglierino e il perlage vivace. Ha naso intenso, con sfumature di biancospino assecondate da sentori di frutta a polpa gialla e note di cedro fresco. Il sorso bilanciato, con un bell’equilibrio tra freschezza e acidità e un complesso gusto-olfattivo che spiega l’utilizzo arcaico del termine “champagna” per indicare la marzemina bianca. Provare per credere.
Malanotte del Piave Notti di Luna Piena 2013
Uvaggio: raboso del Piave in purezza, in parte surmaturato in piante e in parte appassite in fruttaio
Vinificazione: macerazione di 20-25 giorni su tini di legno da 35 hl a temperatura controllata tra i 24 e i 26°C.
Affinamento: 36 mesi in botti di legno da 12 hl per le uve surmature, 24 mesi in barriques per uve appassite.
Di un rosso rubino intenso e impenetrabile, al naso lascia spazio alla frutta rossa matura con ricordi di marasca e prugna unite a note di tabacco e pepe nero. Il sorso è sontuoso e avvolgente, con un tannino interessante supportato da una buona alcolicità, ingentilita dal ritorno della frutta appassita. Chiude con un retrogusto persistente e assolutamente godibile. Caratteristiche che ne fanno un vino poderoso, ma non per questo meno elegante.
Manzoni Bianco 6.0.13 “Nina” 2020
Uvaggio: incrocio Manzoni 6.0.13 Doc Piave
Vinificazione: macerazione a freddo delle uve per 10 ore. Affinamento per 9 mesi sulle fecce fini e maturazione di 90 giorni prima della commercializzazione.
Un vino di colore giallo paglierino intenso e brillante. Al naso è fine e al contempo complesso. Prevalgono sentori di frutta esotica e albicocca, con leggere sfumature floreali che lasciano spazio a note più minerali. Il sorso è ampio e avvolgente, con una bella struttura supportata da alcolicità ed equilibrio tra freschezza e acidità. Il retrogusto è lungo, accompagnato da rimandi di ananas e frutta tropicale.