Rebellis, il profilo PIWI di Gianni Tessari

di Alessandro Ricci

La cantina veronese spinge sull’utilizzo del vitigno resistente solaris e gioca sulle macerazioni. Ecco una “miniverticale” della referenza.

Il percorso di Gianni Tessari nel vino non è affare degli ultimi anni. Fin dagli anni ’80 ha firmato etichette di successo, habituée di premi anche internazionali. Nel 2013 è cominciata per lui una nuova avventura, quando, acquistata l’azienda Marcato, ha deciso di metterci la firma, letteralmente. La “nuova” cantina ha infatti preso il nome di Giannitessari, e oggi conta su 55 ettari di vigneto distribuiti in tre aree DOC (a Roncà per il Lessini, Soave e Sarego per i Colli Berici), una moderna cantina di 7.000 metri, per 350.000 bottiglie annue.

Tante le referenze, ma quelle più note sono i metodo classico da uve durella, vitigno autoctono dei Monti Lessini – una denominazione che nasce tra le province di Verona e Vicenza, su terreni di origine vulcanica, le cui peculiarità sono freschezza, acidità, dinamicità e mineralità. Ma anche una propensione all’invecchiamento evidente, che Gianni Tessari sottolinea con un millesimo 2010 (il Lessini Durello Riserva Dosaggio Zero), e un millesimo 2013 (il Lessini Durello Riserva Extra Brut) oggi annate in commercio.

Rebellis, vitigno PIWI

Negli ultimi anni l’interesse per i vitigni PIWI è cresciuto esponenzialmente. PIWI è un acronimo che deriva dal tedesco pilzwiderstandsfähig, ossia resistenti alle malattie funginee.  Rebellis, l’ultima etichetta di Giannitessari, utilizza proprio uno di questi vitigni – il solaris, incrocio nato nel 1975 a Friburgo, solo di recente autorizzata nel nostro paese. È un vitigno a bacca bianca ritenuto abbastanza precoce, che Gianni Tessari vendemmia ai primi di settembre, quando le uve sono molto mature “perché questa è la mia filosofia e anche perché mantiene comunque un’acidità elevata e una concentrazione zuccherina superiore alla media”.

Il vigneto è frutto di un nuovo impianto a 550 metri d’altezza a San Giovanni Ilarione, nella Valle d’Alpone (Verona), in un ambiente relativamente nuovo per la viticoltura. Esposto a sud-est, viene coltivato a pergola semplice e ha avuto una resa, per una varietà comunque potenzialmente produttiva, limitata a 70 quintali. È stata scelta una vinificazione con lieviti indigeni (unica etichetta aziendale con questo approccio) e infine una fermentazione per i primi 7 giorni a contatto delle bucce. La 2017 è stata la prima vendemmia. 4000 le bottiglie annue prodotte, con un prezzo al pubblico che si attesta attorno ai 16 euro.

NOTE DI DEGUSTAZIONE

Veneto IGT Bianco Rebellis 2017

Il colore, dorato carico di bella consistenza, è intrigante e tradisce il contatto con le bucce. Il naso è particolarmente rustico, con una componente erbacea iniziale aggressiva che poi lascia spazio a note tostate e di frutta matura (banana) che sovrastano nell’insieme il sottofondo floreale. La bocca è corrispondente, ma emerge più nitida la parte floreale, per un sorso pieno e masticabile, di buona freschezza e discreta persistenza.

Veneto IGT Bianco Rebellis 2018

Nessuna variante cromatica rispetto al precedente, ma il complesso olfattivo presenta invece un nuovo spartito, più elegante, fin dalle note agrumate di pompelmo, affiancate da una bella componente di fiori gialli. Il sorso è un poco più snello, non lunghissimo, ma piacevole. È il più “convenzionale” dei tre.

Veneto IGT Bianco Rebellis 2019

Rispetto ai primi due, un altro vino, anche per l’uso delle anfore in terracotta, non utilizzate in precedenza. “Per l’esperienza avuta con le due prime annate, abbiamo spostato di 6/8 mesi la commercializzazione perché ci siamo accorti che questo vitigno dà vita a vini che sembrano inizialmente pronti ma che poi evolvono in maniera anomala. Col tempo invece raggiungono la loro identità. Per questo la 2019 è in bottiglia da poco tempo”. Il colore rimane dorato, il naso è molto intenso, di fiori di gelsomino, albicocca matura, ma anche una speziatura di zenzero molto piacevole. Il sorso è fresco, vibrante, con una leggera tannicità che lo prolunga e una parte amaricante più spinta degli altri, ma non fastidiosa. Anzi. È decisamente il più interessante dei tre.

Rispetto ai primi due, un altro vino, anche per l’uso delle anfore in terracotta, non utilizzate in precedenza. “Per l’esperienza avuta con le due prime annate, abbiamo spostato di 6/8 mesi la commercializzazione perché ci siamo accorti che questo vitigno dà vita a vini che sembrano inizialmente pronti ma che poi evolvono in maniera anomala. Col tempo invece raggiungono la loro identità. Per questo la 2019 è in bottiglia da poco tempo”. Il colore rimane dorato, il naso è molto intenso, di fiori di gelsomino, albicocca matura, ma anche una speziatura di zenzero molto piacevole. Il sorso è fresco, vibrante, con una leggera tannicità che lo prolunga e una parte amaricante più spinta degli altri, ma non fastidiosa. Anzi. È decisamente il più interessante dei tre.

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