Nicole Vezzola è rientrata dopo un’esperienza in Francia per raccogliere l’eredità dell’azienda fondata dal bisnonno.
Un antidoto alla banalità e alla complicazione della quotidianità. È questo il mood dei Rosè Costaripa, vini che si esprimono nell’eleganza e nell’anticonformismo. È al rosé come vino – e non come colore – che si ispira la visione di Nicole Vezzola, quarta generazione alla guida dell’azienda fondata dal bisnonno Mattia sul lago di Garda. La “sbarbatella” cresciuta sulla sponda dannunziana del lago è rientrata da un’esperienza importante nello Champagne per riprendere il filo di una tradizione familiare, a partire da una gestione viticola totalmente manuale che comprende una visione biodinamica dei suoli, potature secondo tradizione e vendemmia rigorosamente a mano. E ancora fermentazione dei mosti in piccole botti di rovere bianco per il Metodo Classico e remuage totalmente manuale.
Nicole ci racconti la tua azienda e quale filosofia la caratterizza?
Costaripa è nata dalla consapevolezza che identità, vocazione e coerenza siano i pilastri fondamentali della nostra essenza. Siamo nati nel 1928 dalla passione di Mattia Vezzola, mio bisnonno, a Moniga del Garda sulla sponda dannunziana del Lago di Garda, nel cuore della Valtènesi dove nacque il primo rosé da viticultura e vocazione. Ormai 6 anni fa ho abbandonato lo Champagne per tornare a riscoprire e proteggere le nostre radici e tradizioni. Sono orgogliosa d’essere la quarta generazione di Vezzola che tutela e mantiene come obiettivo la valorizzazione del nostro territorio e dell’identità attraverso la produzione di rosé, intesi come vini e non come colore. Il mio ruolo è in continua evoluzione e crescita anche se mi piace pensare d’avere una visione trasversale che tocca diversi aspetti della nostra realtà, partendo dal commerciale Italia ed estero passando al marketing fino all’accoglienza.
Quali sono i vini che produci? Con quale filosofia?
Ad oggi Costaripa si esprime attraverso una forte artigianalità e attenzione al dettaglio, dove la tecnologia rimane solo ed esclusivamente a servizio della tradizione. Per noi i rosé non sono solo identità, ma anche un antidoto alla banalità e alla complicazione della quotidianità, sono vini che si esprimono nell’eleganza e nell’anticonformismo. A supporto di questa filosofia, oggi quasi il 60% della nostra produzione è rivolta al rosa sia per i Valtènesi con il Rosamara e Molmenti (primo miglior rosè d’Italia nel 2019 e 3 anni consecutivi 3 bicchieri Gambero Rosso) che per il metodo classico con il Mattia Vezzola Rosè.
Come avete gestito un anno difficile come il 2020 e quali sono le aspettative per il 2021 e nel medio termine?
Il 2020 è stato un anno di grande crescita in quanto non solo abbiamo completato l’ampliamento di 2000 mq della struttura per dare spazio al metodo classico, ma abbiamo anche ridisegnato l’immagine e la comunicazione di RosaMara, nostra referenza più importante. Il 2020 ci ha regalato tempo per riflettere e seguire al meglio questo percorso e ci ha spronato a prendere strade per noi poco conosciute, come l’utilizzo dei social media e dell’online. Per gli anni a venire desideriamo mantenere e salvaguardare quanto imparato e sviluppare sempre meglio il nostro valore percepito ed effettivo sul mercato Italia ed estero.
Qual è l’innovazione che vorresti apportare nella tua azienda rispetto al passato?
Penso che un aspetto estremamente sottovalutato nelle piccole-medie imprese italiane sia la gestione e valorizzazione delle risorse umane e di conseguenza mi piacerebbe poterlo sviluppare e approfondire sempre più, in modo da poter vivere una crescita non solo lavorativa ma anche personale.
Come ci si confronta con storicità e tradizione?
Si parla sempre di cambio generazionale, scontro generazionale, ma mai di convivenza generazionale. Un’azienda di famiglia è tale perché integra passato e tradizione con futuro e innovazione. Perché non cercare di farli coesistere e prendere il meglio dai due mondi?
C’è un approccio giovane al tuo lavoro? E un approccio peculiarmente femminile?
Giovane e femminile, due parole molto pericolose messe insieme se non supportate da credibilità, coerenza e duro lavoro. L’essere giovane, ma non inesperta, sicuramente mi ha aiutato ad avere una visione neutra e flessibile mentre la femminilità mi ha agevolato nell’empatia, sensibilità di lettura di tante dinamiche interne ed esterne sia in Italia che nei vari mercati esteri.
Fai parte di una generazione digitale. Qual è il tuo approccio ad internet in termini di comunicazione e commercializzazione?
Internet, Instagram e Facebook senza contenuti sono giornali vuoti, bianchi. Per noi è fondamentale poter comunicare chi siamo, la nostra essenza, senza staccarci dalla nostra identità. Pensiamo ci possano essere di grande aiuto nella veicolazione del nostro essere e nell’entrare in “contatto” con clienti da tutto il mondo per poter approfondire sempre più gli aspetti della nostra tradizione e filosofia.
Cosa significa essere una giovane donna in un settore dominato dagli uomini?
Vedo sempre più giovani professioniste coinvolte in questo settore e questo mi regala speranza e grinta in un cambiamento sempre più necessario e imminente. Purtroppo, viviamo in un contesto sociale e culturale dove la parla donna è legata a fragilità mentre la parola giovane ad inesperienza, pensieri in cui non mi ci ritrovo affatto ma con cui ho dovuto fare i conti. La nostra arma deve essere la credibilità e professionalità lavorativa, uomo o donna / giovane o vecchio che sia.
Ti diverte lavorare nel mondo del vino?
Mi diverte, mi appassiona e mi permette di viaggiare e scoprire mondi nuovi, creare legami, ricordi, ma soprattutto condividere la tradizione e poesia di Costaripa.
Hai un segreto inconfessato che ci puoi rivelare?
Nonostante mio padre, Mattia Vezzola, si enologo in Bellavista da 40 anni, ho chiamato il mio levriero spagnolo Krug.