Martina Fiorino rappresenta (col fratello Simone) la quarta generazione di un’azienda in cui le donne hanno avuto un peso importante.
“Coltivare la vigna e produrre vini di qualità è sempre stata una tradizione di famiglia”. Nasce da questa premessa l’esperienza di Martina Fiorino, quarta generazione dell’azienda Bruna Grimaldi nata e cresciuta tra le colline che uniscono Grinzane Cavour a Serralunga d’Alba, nel cuore delle Langhe. Un’azienda al femminile non solo per il nome, ma per il peso delle donne che nel tempo ne hanno segnato la storia, arrivando fino alla “Sbarbatella” rientrata in Langa dopo esperienze internazionali. Una storia che parla del territorio, nel pieno rispetto della tradizione.
Martina, ci racconti la tua azienda e la sua filosofia?
La tradizione vitivinicola della nostra famiglia nasce con mio bisnonno Giacomo Grimaldi, che nel secondo dopoguerra comincia a vinificare le uve di vigneti di proprietà nel comune di Grinzane Cavour. La sua azienda si basava su un’agricoltura mista, allevamento di bestiame e produzione di vino per consumo proprio e una piccola cerchia di clienti locali. Negli anni a seguire è stato Giovanni, suo figlio nonché mio nonno, a focalizzarsi esclusivamente sulla produzione di uva e di vino, arrivando a vinificare tutte le uve di proprietà, imbottigliando le migliori annate. Nel 1959 sposa mia nonna Clara, originaria della Badarina (Serralunga d’Alba), fatto assai inconsueto per quei tempi quando si cercava di metter su famiglia vicino alle città che offrivano maggiori opportunità di lavoro. Mia nonna portò in dote due ettari di vigneti (nella menzione Badarina) da cui ancora oggi produciamo uno dei vini più importanti della nostra azienda.
Una famiglia dominata da donne, tre figlie, un bel ‘sagrin’ per un viticoltore di Langa negli anni in cui la donna ancora era considerata non all’altezza di questo lavoro. Nonostante ciò, mia mamma Bruna fu l’unica a seguire le orme del padre Giovanni e a studiare alla Scuola Enologica di Alba. Tra i banchi di scuola incontra mio padre Franco, anch’egli originario delle Langhe, e dopo essersi diplomati entrano in azienda con l’idea di lavorare esclusivamente con uve proprie per poter controllare la filiera di produzione. Investono quindi nel territorio acquisendo vigneti sia in zona di produzione Barolo sia nei comuni confinanti, arrivando al totale di 14 ettari vitati che coltiviamo oggi. L’azienda, che oggi porta il nome di mia mamma Bruna Grimaldi, vede coinvolta tutta la mia famiglia.
Insieme a mio fratello rappresentiamo la quarta generazione in azienda, attivamente coinvolti a fianco dei nostri genitori nella routine quotidiana di valorizzazione di questo territorio e dei suoi vini.
Qual è il vostro ruolo oggi?
Mio fratello Simone ha frequentato la Scuola Enologica di Alba e in seguito ha conseguito la laurea in Viticoltura e Enologia. Entrato in azienda a tempo pieno dal 2015 segue la vigna e la cantina insieme a mio padre Franco.
Io invece ho seguito un percorso diverso rispetto alla mia famiglia: ho intrapreso studi di amministrazione aziendale che mi hanno portata a viaggiare, prima per studio in Svezia e in seguito per lavoro nel Regno Unito. Qui ho lavorato per più di due anni come Assistant Buyer in un’azienda di importazione e distribuzione di vini da tutto il mondo, esperienza che mi ha arricchito molto sia a livello personale sia a livello professionale. Dal 2019 sono entrata in azienda a tempo pieno e mi occupo della parte commerciale e amministrativa, al fianco di mia mamma Bruna. Siamo una bella squadra-famiglia, uniti da un’immensa passione per il vino e per la Langa!
Quali sono i vostri vini? Con quale filosofia?
Coltiviamo solo vitigni autoctoni – Arneis, Dolcetto, Barbera, Nebbiolo – da cui produciamo Langhe Arneis, Dolcetto d’Alba San Martino. Barbera d’Alba Superiore Scassa, Nebbiolo d’Alba Bonurei, Barolo Camilla, Barolo Bricco Ambrogio e Barolo Badarina. Ci caratterizza una grande frammentazione dei vigneti, che sono dislocati in sette comuni (Grinzane Cavour, Roddi, La Morra, Verduno, Serralunga d’Alba, Diano d’Alba e Sinio), e la considero una grande fortuna per valorizzare al massimo questo territorio, il Nebbiolo e i fattori pedoclimatici di ciascun vigneto. Mi piace definire i nostri vini come “vini con un’anima”, espressione d’annata, di vitigno e di vigneto dove non vi è stile di vinificazione bensì l’espressione autentica della combinazione tra questi tre fattori.
Come avete gestito un anno difficile come il 2020 e quali sono le aspettative per il 2021 e medio termine?
Il 2020 è stato un anno difficile sia a livello umano sia a livello professionale. Abbiamo però la grande fortuna di lavorare con la natura e con il vino, che sono in continua evoluzione e che ci hanno aiutato a riscoprire questa forza interiore della resilienza che ci caratterizza.
Sono venute meno tutte le opportunità di aggregazione, condivisione, convivialità e storytelling di cui il vino è artefice. La tecnologia ci ha aiutato a mantenere i rapporti e raggiungere direttamente i clienti attraverso un’attività online mirata – webinar, virtual tour and tasting. Il 2021, seppure iniziato nell’incertezza, sta ripartendo con eventi, degustazioni e la richiesta dei clienti internazionali di riprendere le visite nei loro mercati. Sono fiduciosa per questa seconda parte dell’anno.
Qual è l’innovazione che vorresti apportare nella tua azienda rispetto al passato?
Ho la grande fortuna di essere nata e cresciuta in un territorio magnifico, quello delle Langhe del Barolo, improntato da una forte tradizione vitivinicola che deve essere rispettata e valorizzata. Credo fortemente che si debba innovare la tradizione, avendo sempre ben chiaro quelle che sono le nostre origini e ciò che ci è stato insegnato da coloro che queste colline le hanno esplorate e in cui hanno sempre creduto. Sono orgogliosa di quello che i miei genitori Bruna e Franco hanno costruito e credo che io e mio fratello abbiamo il grande compito di valorizzarlo.
L’innovazione per me è una vitivinicoltura sempre più sostenibile che, pur seguendo la tradizione, ha consapevolezza dell’impatto che ogni scelta e ogni processo può avere sia a livello ambientale sia economico sia sociale e dunque utilizza l’innovazione per raggiungere una sostenibilità a 360 gradi. Dal 2016 il fabbisogno energetico della nostra azienda arriva da fonti rinnovabili. A piccoli passi vorremmo aggiungere altri tasselli nel grande e variegato percorso della sostenibilità.
C’è un approccio giovane al tuo lavoro? E un approccio peculiarmente femminile?
Nell’approccio giovane rientrano il dinamismo e la reattività, oggi fattori chiave per mantenere una posizione sul mercato. Tutto corre veloce e così dobbiamo far noi.
Per quanto riguarda l’approccio puramente femminile direi l’empatia e il legame che si instaura con il cliente, che acquisisce sempre un’importanza maggiore rispetto al puro scopo commerciale. Si crea sintonia nel rapporto.
Fai parte di una generazione digitale. Qual è il tuo approccio ad internet in termini di comunicazione e commercializzazione?
Viviamo e lavoriamo in un mondo che viaggia ad alta velocità. Di pari passo il mercato a cui ci interfacciamo è in continua evoluzione, ha bisogno di stimoli e invia stimoli che dobbiamo saper cogliere. Districarsi nel mondo del vino oggi, su base globale, richiede una certa prontezza di risposta. Utilizziamo internet per comunicare la quotidianità del nostro lavoro e impegno verso questo territorio e per relazionarci con clienti ed appassionati in tutto il mondo.
In quanto alla commercializzazione online come filosofia aziendale crediamo molto nel tessuto di piccole e medie imprese legate al mondo del vino, enoteche, online wine shops, wine bars, ristoranti, sia in Italia sia all’estero, che offrono questo servizio o che si sono adoperati per farlo durante la pandemia. Vogliamo sostenere queste imprese affinchè siano loro a rappresentarci sulle piattaforme online e nei loro canali preferenziali. Alla base vi è un concetto di rispetto e supporto reciproco, il successo lo si raggiunge insieme.
Cosa significa essere una giovane donna in un settore dominato dagli uomini?
Credo questo fosse decisamente più rilevante quando mia mamma cominciò negli anni ’80 appena diplomata dalla Scuola Enologica. Oggi le cose stanno cambiando, vi è un forte movimento femminile in questo settore e le donne che si avvicinano al mondo del vino sono spinte da grande curiosità, competenza e intraprendenza. Vi è un forte spirito di squadra, le Sbarbatelle ne sono un esempio.
Penso che le nuove generazioni abbiano una visione delle donne molto aperta, da essere affiancabile se non sostituibile all’uomo. Lo stereotipo della donna relegata a specifici lavori appartiene alle generazioni che ci precedono: è proprio nel confronto generazionale che la donna deve dimostrare di più ma siamo a buon punto.
Ti diverte lavorare nel mondo del vino?
Tanto. Credo sia il “lavoro” più bello del mondo! Non vi è annata uguale ad un’altra così come non vi è vino uguale ad un altro, con ogni vendemmia si ricomincia da capo e si imparano nuove cose.
Lavorare nel mondo del vino è una ‘scelta di vita’, una di quelle scelte che vengono da sole per passione del vino e del fattore umano che da sempre lo caratterizza. È un mondo in cui non vi è competizione, ma confronto e crescita insieme.