Degustazione dei vini dell’azienda dell’enologo Carlo Ferrini, che dopo la grande esperienza come consulente produce assieme alla figlia in Toscana e Sicilia
Giodo è il progetto montalcinese di Carlo Ferrini, enologo di fama, che dopo aver lavorato in tutta Italia come consulente, nel 2000 decide di investire in un piccolo podere con 6 ettari di vigneti nella zona a sud della denominazione, circondato dai boschi tra Sant’Angelo in Colle e Sant’Antimo.
Ad affiancarlo nella gestione dell’azienda c’è la figlia Bianca. Trentenne con alle spalle un passato da pallanuotista a livello agonistico, ha studiato economia e agraria, facendo esperienza nelle vendite e nel marketing del vino prima negli Stati Uniti e poi in Italia. Assieme a lei, un piccolo team familiare costituito da Riccardo Ferrari e Giuseppe Pitzeri: il primo, tecnologo alimentare con un passato nel settore caseario, si occupa della vigna e della cantina sotto la guida di Ferrini, mentre il secondo è interamente dedicato alla vigna.
Il nome “Giodo” è un omaggio ai genitori di Carlo Ferrini – Giovanna e Donatello – e mette insieme le loro iniziali.
Montalcino, i vigneti
Il primo nucleo dell’azienda è costituito un ettaro di vigneto (che poi ha raggiunto i due e mezzo con l’impianto di altre parcelle contigue) con una colonica, annessi agricoli e un misterioso semicerchio di cipressi. Alberi dal profondo significato simbolico, che di solito si trovano piantati in questo modo vicino ad architetture di pregio o a luoghi di culto, che indicano la probabile presenza in passato di edifici più importanti rispetto alla semplice casa poderale. L’appezzamento, esposto a sud/est, si trova a un’altitudine di 300 m sul livello del mare e ha un suolo di medio impasto ricco di scheletro, mai coltivato prima. Qui Ferrini ha messo a dimora i cloni che più lo avevano convinto negli anni, a partire da quelli individuati nella zona del Chianti. In tutto 8 diversi cloni che hanno in comune una produzione contenuta, scarsa vigoria, grappoli spargoli e acini piccoli. Gli stessi cloni sono stati impiegati anche nel secondo appezzamento, 2,5 ettari a 400 metri slm, con un suolo sassoso e più profondo, anch’esso incolto prima dell’acquisto. A questi si è aggiunto nel 2019 un ulteriore ettaro, sempre alla stessa altitudine, per un vigneto di circa 6.600 piante in totale, allevate a cordone speronato. Il primo nucleo di vigne è destinato alla produzione di Brunello, mentre gli appezzamenti più giovani all’Igt Toscana.
Una cantina a misura di paesaggio
Dopo il recupero del podere, sono partiti anche i lavori per la costruzione della cantina di Giodo e l’annata 2020 è stata la prima a esservi accolta. L’edificio, ultimato nell’estate dello stesso anno, è stato realizzato secondo criteri di rispetto e amore per il paesaggio circostante, costruito in gran parte con le pietre recuperate dagli scavi nelle vigne, è parzialmente interrato per ottenere una refrigerazione naturale dei locali.
All’interno della cantina di vinificazione si trovano tini in acciaio, tini in cemento, e un’anfora di terracotta da 27 hl che, racconta sorridendo Bianca Ferrini, “ha dovuto essere assemblata sul posto, perché non passava dalla porta”.
Per la maturazione del vino viene utilizzato un mix (non nuovi) tra tonneau, barrique e botti di rovere da 700 litri.
Lontano da Montalcino, il fascino del vulcano
Montalcino non è il solo amore di Ferrini. Il fascino irresistibile dell’Etna e del suo vitigno principe, il nerello mascalese, ha portato Carlo Ferrini a investire anche qui, acquistando otto piccoli appezzamenti in Contrada Rampante. Una proprietà che in totale arriva a poco più di un ettaro, tra i 700 e i 950 metri di altitudine, impiantata con viti pre-fillossera di età compresa tra gli 80 e i 100 anni allevate ad alberello, assieme a olivi e alberi da frutto. L’altitudine, l’esposizione a nord, ideale per il Nerello Mascalese, e il terreno nero di pomice del vulcano permettono di ottenere struttura e frutto. Con la vendemmia 2016 ha visto la luce la prima etichetta di Alberelli di Giodo. Sull’etichetta il nerello mascalese è raffigurato come un “omino-vitigno” sulla vetta dell’Etna che sostiene il mondo, a simboleggiare la forza di interpretazione delle vigne del vulcano.
Mercati
Una volta usciti dalla cantina, i vini di Giodo partono soprattutto per l’estero e tra i mercati principali ci sono gli Usa (30%) e il Nord Europa (in particolare Germania, Svizzera e Danimarca). L’Asia viene raggiunta tramite la Place de Bordeaux e con l’annata 2016 si sono avviate le vendite anche in Corea del Sud.
L’Italia occupa una percentuale più contenuta, ma comunque importante, pari a circa il 25%.
DEGUSTAZIONE
Da Montalcino alle pendici dell’Etna attraverso calici che parlano di frutto, freschezze e bevibilità. Una cifra che è la firma di Giodo e che si coniuga a seconda dei diversi terroir esaltandone le caratteristiche.
La Quinta, Toscana Igt 2019
Uvaggio: 100% sangiovese
Vinificazione: 7 giorni di fermentazione alcolica in tini d’acciaio e 12 giorni di contatto con le bucce
Affinamento: 12 mesi in tonneau da 700 l e botte grande da 2.500 l, seguiti da passaggio in cemento
Bel colore rosso rubino intenso, dai profumi freschi e giovani di ciliegia carnosa e note balsamiche. Bella beva, fatta di frutto polposo ma non invadente e di un tannino della giusta delicatezza, che asciuga e lascia in bocca piacevoli ricordi di ciliegia.
Brunello di Montalcino Docg 2016
Uvaggio: 100% sangiovese
Vinificazione: 9 giorni di fermentazione alcolica in tini d’acciaio e 20 giorni di contatto con le bucce
Affinamento: circa 30 mesi in tonneaux da 500 e 700 l. Una parte della massa per il Brunello viene affinata in anfora, per favorire la microssigenazione del vino. Seguono assemblamento, passaggio in cemento e 18 mesi in bottiglia
Un rosso rubino intenso e di bella lucentezza. Al naso ciliegia matura, corredata da note di tabacco e sensazioni balsamiche, con un accenno di anice stellato. Al palato entra liscio e fresco. Un sorso caratterizzato da un frutto carnoso e da un tannino gentile, che accompagna, donando equilibrio e compostezza.
Alberelli di Giodo – Sicilia Doc 2018
Uvaggio: 100% nerello mascalese raccolto a mano tra la fine di settembre e la prima metà di ottobre
Vinificazione: 7 giorni di fermentazione alcolica e macerazione di 20 giorni in vasche di acciaio aperte, con follature leggere, senza rimontaggi
Affinamento: 12 mesi in legno di rovere francese da 500 e 700 l, seguiti da passaggio in cemento
Calice rosso rubino luminoso, che va verso la sfumatura granata. Al naso minerali sulfurei e pietra focaia che precedono il frutto, una marasca matura, seguita da note di erbe officinali. Il sorso è orientato sulle durezze e avvolgente, tra freschezza decisa e una sapidità intensa, che dura a lungo sul palato, mentre il tannino si presenta levigato.