Da Montauto due assaggi che interpretano in chiave enologica le argille rosse della Toscana del sud, dove vitigni internazionali si legano alla brezza marina.
Tra le piane della Maremma grossetana, lungo una strada poco battuta che lega l’antica città etrusca di Vulci a Manciano, prende forma Montauto, piccola azienda a conduzione familiare guidata da Riccardo Lepri. A lui il compito di proseguire il progetto agricolo avviato da suo nonno Enos oltre mezzo secolo fa e arricchitosi, negli anni ’80, di quegli stessi vigneti tra i quali il nipote, fresco di laurea economica, si sarebbe poi interrogato sul proprio futuro. Di rispondere ai suoi dubbi se ne occupò il sauvignon ormai prossimo alla vendemmia, il cui profumo colpì Riccardo “al punto da persuadermi di fare ritorno a casa e dedicare la mia vita al vino e alla terra rossa di Montauto”.
Una colorazione dei terreni che ne rivela la matrice argillosa, cui si accompagnano grandi quantitativi di minerali, tra i quali brilla il quarzo. Senza dimenticare quel mare lontano pochi chilometri, che, seppur invisibile agli occhi, garantisce ventilazione e iodio, creando così condizioni ideali per la coltivazione delle uve, che Enos individuò inizialmente in quelle di Sauvignon. Se nel corso del tempo la produzione si è poi allargata anche ad altre tipologie, ferma è restata la filosofia produttiva, tesa a realizzare vini che, nelle parole di Riccardo “puntano a essere artigianali”.
Seguendo un percorso ‘dei piccoli passi’, ha così preso forma negli anni un’azienda attenta alla salute dell’ambiente circostante e alla qualità del prodotto, che non sembra lasciare nulla al caso, in campo come in cantina. Partendo da una gestione dei vigneti ‘ecologica e naturale’ Montauto realizza una vendemmia scalare, utile a raccogliere le uve nel momento ideale di maturazione. Dopo la raccolta, rigorosamente manuale e in cassette di dimensioni ridotte, le uve sono trasferite in cantina. “Qui inizia il bello” commenta Riccardo nel dettagliare le singole fasi, tutte rivolte a evitare fenomeni di ossidazioni e riduzioni. Si spiega così la refrigerazione cui le uve sono sottoposte prima della pigiatura e i continui travasi cui sottopone le masse.
La degustazione
Nel bicchiere due vini tra loro lontani in quanto a uvaggio eppure uniti da una linea, sottile e delicata come le sensazioni organolettiche che li accompagnano. Etichette schierate decisamente sul fronte dell’eleganza, che pur esprimendo l’animo mediterraneo dei terreni dove sono coltivati, lo restituiscono mediato da nerbo acido e sapidità. Fin troppo agili in bocca, migliorano nel bicchiere, restituendo una grande piacevolezza di beva.
Enos I 2020 – Maremma Toscana Doc
Uvaggio: sauvignon in purezza (da vigne vecchie)
Vinificazione: prima della pressatura le uve sono messe in cella frigo per facilitare l’estrazione di profumi ed evitare ossidazioni. Segue una pressatura soffice del grappolo intero e decantazione per 36 ore. Chiude una fermentazione in acciaio inox a 16°.
Colore paglierino, quasi trasparente, per un vino che al naso propone sentori di lime, papaia fresca e biancospino. In bocca Enos I ha nerbo e rivela linee di ananas maturo e salvia. Piacevole il richiamo di rosmarino, per un vino che si distende nel finale verso orizzonti minerali.
Pinot Nero 2019 – Toscana Igt
Uvaggio: pinot nero in purezza
Vinificazione: Le uve prima di essere pressate vengono messe una notte in cella frigo al fine di avere una maggiore estrazione di profumi ed evitare ossidazioni. A seguire una fermentazione in botti di legno.
Affinamento: 1/3 del vino in barrique nuove e di 2/3 in barrique di rovere per una durata di 10 mesi.
Rosso rubino lieve, al naso ha delicati richiami di ribes, alloro e viola. Una lunga anima sapida si lega nel bicchiere a frutti rossi e grafite. Di buona lunghezza e persistenza, si distende agile in una chiusura segnata da accenti peposi.