Intervista a Mirco Carloni, assessore all’agricoltura (e vicepresidente della Regione), che traccia l’orizzonte di intervento della nuova normativa per una “promozione di filiera”.
Nonostante il vigneto-Marche rappresenti un patrimonio strategico, la spina dorsale solida non basta a fare della regione una destinazione privilegiata per l’enoturismo. Muovendo da questa consapevolezza, ma anche da una visione che colloca il turismo del vino in posizione centrale nelle prospettive di sviluppo del territorio marchigiano, la Regione ha approvato una legge integralmente dedicata all’enoturismo.
L’assessore all’agricoltura Mirco Carloni – che è anche vicepresidente della Regione – ha fortemente voluto impostare in un quadro normativo solido un percorso di lavoro che ora l’intera filiera è chiamata a condividere e sviluppare. Il comparto vitivinicolo regionale conta oltre 14mila aziende che coltivano complessivamente 17mila ettari di vigneto per una produzione media annuale di circa 830mila ettolitri e con una percentuale di produzione di vini DOP del 43% della produzione totale regionale. Le 21 denominazioni di origine (5 DOCG, 15 DOC e 1 IGT) hanno segnato negli ultimi anni performances particolarmente positive per quanto riguarda l’export e questa legge interviene a dare nuova propulsione. Perché se da un lato la legge promuove una “programmazione integrata” e punta su una cabina di regia per la promozione del made in Marche, dall’altro prevede l’attivazione di risorse (locali e comunitarie) mirate sul comparto.
Assessore Carloni, perché una legge dedicata all’enoturismo?
“Il mondo vitivinicolo marchigiano, e non solo, attendeva da tempo una legge regionale che potesse valorizzare le produzioni di eccellenza legandole indissolubilmente con il loro territorio di produzione per una rinnovata offerta turistica più emozionale ed esperienziale. Le cantine marchigiane potranno quindi diventare dei veri luoghi di attrazione e ospitalità, il perno su cui creare degli itinerari enoturistici che possano legare tutte le eccellenze del nostro territorio, da quelle gastronomiche a quelle culturali e naturalistiche. Inoltre la legge promuove una programmazione integrata non solo tra i settori dell’agricoltura, del turismo e del commercio, ma anche a livello di offerta. La forza della nostra offerta è al plurale per la molteplicità delle eccellenze enogastronomiche che possiamo offrire al mercato, ma con una cabina di regia unica che possa trasmettere al meglio il made in Marche”.
Quali sono le parole chiave di questo quadro normativo?
“La promozione delle Marche, del nostro territorio, delle nostre tradizioni, e delle nostre eccellenze, partendo dall’enogastronomia. Il vino, con la sua storia, le sue diverse tipologie, e il suo messaggio di convivialità, è l’ambasciatore ideale per esprimere i valori di un territorio al plurale come il nostro. In quest’ottica abbiamo voluto iniziare mettendo al centro di questo sistema promozionale l’agricoltura, con le nostre cantine ed i vigneti, per un’esperienza emozionale fortemente legata alle realtà ed ai luoghi dove avviene la produzione, da quelli litoranei a quelli custoditi nelle nostre aree interne e dei piccoli borghi storici. Il turista verrà letteralmente assorbito dal mondo della produzione del vino, ne dovrà respirare l’essenza direttamente negli ambienti in cui il vino si forma e calpestare i terreni dove crescono i vigneti per toccare con mano l’origine del terroir. Da qui, alzando lo sguardo, sarà chiamato a vivere i luoghi ove le nostre eccellenze enogastronomiche nascono e si maturano e dalle quali traggono la loro unicità: i borghi e soprattutto le tradizioni, la cultura e la maestria di chi il vino lo fa da secoli”.
Quali obiettivi concreti vi siete dati con questo percorso?
“La legge è il primo passo, lo strumento con cui fissare gli elementi di base sui quali fondare un percorso, condiviso ed unitario, di marketing territoriale delle nostre eccellenze enogastronomiche. I produttori saranno al centro del sistema ma sarà cruciale dotarsi di un programma condiviso tra le amministrazioni regionali e locali, e tra i produttori ed i consorzi di tutela, per canalizzare tutte le risorse e competenze verso attività di promozione che possano raggiungere un pubblico sia interregionale che internazionale”.
In che modo il vino può trainare il prodotto-Marche?
“Il vino è universalmente riconosciuto come ambasciatore della buona cucina italiana, ed esso rappresenta indubbiamente la punta di diamante dell’intero settore agroalimentare, anche grazie alle attività promozionali delle quali ha da sempre beneficiato ed all’intensità tecnologica di cui è caratterizzata la filiera. Nel tempo si è stratificata, consolidandosi ed affinandosi, un’esperienza di filiera che a partire dalla produzione in vigna e passando per la tecnologia della cantina approda ad un sistema di promozione ed internazionalizzazione di pluriennale esperienza grazie al quale il settore ha registrato, subito prima della pandemia, tassi di crescita estera a due cifre per un prodotto che si trova al top qualitativo mondiale. La legge regionale sull’enoturismo era il tassello che mancava. Il concetto di enoturismo infatti esprime molto più della semplice somma delle potenzialità del settore vitivinicolo unito al settore turistico: sia perché coinvolge interamente i settori dell’agroalimentare, dell’artigianato, della cultura e del turismo ma soprattutto perché è un esempio di sinergia di tutto questo: una combinazione nella quale il risultato è superiore alla somma agli addendi; ogni elemento è sostegno dell’altro e contemporaneamente è in grado di esaltarne le qualità per trainare sulla via della crescita l’intero sistema economico delle Marche”.
Nel presentare la legge ha insistito molto sul concetto di unitarietà di intenti e di azione. Come si dà forza a questa idea?
“La spinta propulsiva unitaria costituisce una condizione essenziale per la buona riuscita dell’enoturismo. Questo si esplica su una pluralità di sfaccettature. In primo luogo la legge, come proposta dalla giunta regionale, ha un “imprinting” unitario quale sintesi delle aspettative di tutte le componenti della filiera vitivinicola oltre che degli stakeholder del commercio e del turismo ma anche degli stessi comuni custodi dei luoghi di produzione. Ciò viene peraltro rappresentato nell’articolato ove stabilisce che le attività di programmazione vanno sviluppate con caratteristiche di unitarietà da parte dei settori commercio, turismo e agricoltura congiuntamente. In sostanza viene istituzionalizzata la collaborazione tra i diversi territori della regione e tra le diverse anime che compongono l’enoturismo”.
Come si “preparano” i territori e i produttori ad accogliere gli ospiti in cantina, nel campo, in uno spaccio?
“Facendo leva sulla naturale propensione e preparazione di chi si occupa per passione della produzione di vino, la legge prevede specifici requisiti qualitativi che ogni operatore che vorrà intraprendere questa avvincente attività dovrà possedere e garantire. In questo modo la regione si pone quale garante sul piano qualitativo nei confronti di ogni enoturista che vorrà esplorare i nostri territori e le nostre produzioni. Inoltre, allo scopo di permeare a fondo il sistema produttivo, la norma prevede uno specifico sistema di formazione in grado di approfondire e analizzare le specifiche tematiche profondamente connesse con l’enoturismo con l’obiettivo dichiarato di far emergere le peculiari caratteristiche qualitative che ogni territorio è in grado di rappresentare ed esprimere”.
Cosa cambia tecnicamente per gli operatori della filiera enoturistica?
“Con l’enoturismo si dà la possibilità alle cantine, dove avviene l’attività di trasformazione di uva in vino, di poter divenire luoghi di ospitalità, dove poter effettuare i servizi di degustazione abbinata a piatti freddi e di visita ai luoghi di produzione e di cultura del vino. Per fare ciò gli interessati, nel rispetto dei requisiti di qualità, debbono presentare la specifica scia al comune dove esercitano l’attività, cui segue l’iscrizione nell’elenco regionale degli operatori enoturistici, per offrire agli stessi operatori una maggiore visibilità attestata e riconosciuta dalla stessa regione. Le Marche sono un giacimento di prodotti eno-gastronomici e di qualità”.
Come diventano vincenti con un’azione organica?
“Il valore strategico di questa legge è la volontà di creare una forte ed unica identità del territorio marchigiano e delle sue eccellenze enogastronomiche. Una promozione di una pluralità di prodotti, di territori, di tradizioni, di piccoli produttori ma con una regia condivisa tra l’amministrazione e gli operatori della filiera. In quest’ottica, oltre al neonato distretto unico regionale sull’agricoltura biologica, stiamo promuovendo la nascita di un altro distretto unico regionale per tutti i prodotti enogastronomici di qualità e che possa portare avanti questa visione di promozione coordinata e sinergica”.
Il settore primario è una chiave di questo processo?
“Dare la possibilità ai nostri agricoltori di trasformare i luoghi di produzione in luoghi di accoglienza e di ospitalità è l’aspetto chiave di questo processo, soprattutto per le nostre aree interne dove un ritorno economico aggiuntivo può fare la differenza. L’agricoltura è il settore dove il concetto della multifunzionalità ha avuto e sta avendo la sua massima espressione, tramite la quale l’agricoltura si manifesta anche come fornitura di servizi che si contraddistinguono per la loro peculiarità nell’essere offerti in un ambiente ancora incontaminato, tipico ed unico come quello marchigiano”.
Come si concilia questo progetto con la visione di una sostenibilità?
“Dando per centrata la sostenibilità socioeconomica che non può che beneficiare del collegamento tra le produzioni di qualità e l’intero suo territorio di provenienza, parliamo in particolare della sostenibilità ambientale che rappresenta un ulteriore elemento qualificante delle nostre politiche di sviluppo. Mi riferisco in particolare al distretto biologico regionale delle Marche: il più grande distretto biologico d’Europa. Le Marche sono contemporaneamente la regione con uno dei più alti tassi di superficie biologica e con una dimensione più estesa: è come dire che chi viene nelle Marche sa, prima di entrarvi, di mettere piede in un territorio salubre nel quale chi vi opera è particolarmente attento e rispettoso dell’ambiente”.
Quanto vale la composizione del puzzle Marche?
“Il PIL marchigiano oscilla intorno ai 40 miliardi di euro; di questo oltre il 3% è costituito dal contributo proveniente dal settore primario. Al suo interno, il settore vitivinicolo conferma ed accresce anno dopo anno la sua particolare vivacità. Il settore infatti incrementa le sue azioni innovative, reagisce prontamente al mercato e investe nel vigneto, in cantina e nel marketing per mantenere e consolidare le posizioni acquisite e per aumentare la capacità competitiva delle proprie imprese. Il generale e diffuso apprezzamento delle denominazioni regionali da parte della critica enologica e dei consumatori è peraltro attestato dai numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali ottenuti da un sempre maggior numero di imprese marchigiane. La sinergia tra comparti, mettendo al centro l’attenzione sull’enoturismo, potrà essere in grado di far guadagnare diversi punti a beneficio dei redditi dei marchigiani. Il potenziamento della promozione turistica attraverso l’enoturismo è pertanto un’operazione che tende ad accrescere la performance economica regionale dentro una perfetta sostenibilità”.
Tempi e modi per dare gambe ed energie al progetto sotteso alla LR? Chi sarà il soggetto capace di tessere le fila di questa progettualità?
“A brevissimo ci saranno le delibere attuative per cui le imprese interessate potranno iscriversi all’elenco regionale ed avviare le proprie attività. Contemporaneamente stiamo lavorando sul programma promozionale attivando le competenze dei Gruppi di Azione Locale delle Marche, tramite un apposito progetto di cooperazione”.