Tra slancio della versione ‘Giovane’ e Riserve col freno tirato, il racconto degli assaggi in Anteprima di una denominazione che trova il proprio equilibrio tra regole e pragmatismo. Con un piccolo focus sul Pecorino dei Colli Aprutini.
Dinamicità e prospettiva. Le degustazioni in anteprima delle Colline Teramane Docg fotografano una denominazione che cerca la contemporaneità e che la sta trovando, con le annate più recenti che, mentre le Riserve arrancano, imboccano un cammino fatto di sorsi più snelli e meno vincolati dalle influenze degli affinamenti. Nel frattempo si discute dell’inserimento di una terza tipologia di vino che faccia da ponte tra Giovane e Riserva.
Sul fronte dei bianchi, il Pecorino Colli Aprutini conferma agilità e capacità di evoluzione.
TRA IL GRAN SASSO E IL MAR ADRIATICO
Dominata a nord-ovest dal Gran Sasso e dai Monti della Laga e bagnata a est dal mare Adriatico, la denominazione si estende sulle colline litoranee e interne della provincia di Teramo. Un’area composta da quattro valli rigate da altrettanti fiumi, Vomano, Tordino, Salinello e Vibrata, che fungono da riserva idrica per fronteggiare l’innalzamento delle temperature. I terreni, costituiti da depositi plio-pleistocenici, sono di natura argilloso-limosa e la ventilazione è una delle costanti, proveniente sia dal mare che dagli Appennini, unita a un clima temperato che assicura alle uve buone escursioni termiche tra il giorno e la notte.
DENOMINAZIONE PICCOLA E DISCIPLINARE STRINGENTE
Trentanove produttori, un ‘gruppo’, come spesso li definisce il presidente del Consorzio di Tutela, Enrico Cerulli Irelli, unito dalla volontà di preservare e valorizzare l’identità della prima Docg abruzzese, oltre agli altri vini prodotti tra il Gran Sasso e il mare Adriatico, tra cui Controguerra Doc e Colli Aprutini Igt.
La denominazione Colline Teramane è piccola: 172 ettari vitati e una produzione che ha sfiorato lo scorso anno le 500mila bottiglie.
Dal punto di vista normativo, la scelta è stata quella di dotarsi di un disciplinare di produzione più restrittivo rispetto a quello del Montepulciano d’Abruzzo Doc, a partire dalle rese non superiori ai 95 q/ha (contro le 140 del fratello Doc), con divieto di allevamento a tendone per i nuovi impianti, fino alla densità di impianto di almeno 3.300 viti per ettaro (il Doc prevede non meno di 2.500 ceppi/ha), poi obbligo di vinificazione e imbottigliamento all’interno della zona di produzione. L’immissione dei vini sul mercato avviene non prima di 1 anno per la versione Giovane e di 3 anni per la Riserva, che prevede almeno 1 anno di invecchiamento in legno (oltre ad almeno 2 mesi di affinamento in bottiglia per entrambe).
In uvaggio è previsto montepulciano per almeno il 90% e fino al 10% di sangiovese, anche se la maggior parte dei produttori vinifica il primo in purezza.
DISCIPLINARE ‘PRAGMATICO’ E NUOVA TIPOLOGIA SUPERIORE IN VISTA
La scelta di regole volte al migliorare la qualità dei vini non significano necessariamente una staticità, per una denominazione che in realtà (facilitata dalle dimensioni minute) affronta il cambiamento in maniera pragmatica, senza rinunciare a metter mano al disciplinare laddove necessario. “Abbiamo operato varie modifiche al nostro disciplinare – dice il presidente Enrico Cerulli Irelli -, senza però smentirne i capisaldi, come le rese più basse e tutte quelle regole che ci aiutano a raccontare un vino che nasce da un grande sforzo e grande convinzione”.
Una modifica sostanziale è stata quella del nome, passato nel 2016 da Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane a Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg, per dare risalto al territorio. Poi ci sono le variazioni apportate per creare una distinzione più netta tra una tipologia ‘Giovane’ e la Riserva. Una decisione che però non ha indotto le cantine a modificare una delle due tipologie di vino che producevano – quella di medio affinamento -, bensì a introdurne una terza. “In futuro una nuova probabile modifica potrebbe servire per introdurre una terza categoria – spiega il presidente Cerulli Irelli -, ad esempio un ‘Superiore’, per reintegrare il vino che invecchia per due anni”.
SLANCIO SOSTENIBILE E SVILUPPO DEL TERRITORIO
Un parco nazionale (quello del Gran Sasso e dei Monti della Laga), ma anche aree marine protette e riserve naturali. Il territorio delle Colline Teramane non significa soltanto vino e l’intento del Consorzio è quello di puntare sul rispetto dell’ambiente per un rilancio del turismo slow in chiave enoica. Anche per questo da parte dei produttori c’è un’ampia adesione a regimi produttivi green. Una filosofia che abbraccia quasi l’80% degli associati al Consorzio, con la scelta di lavorare seguendo il regime biologico certificato, biodinamico o sistemi di lotta integrata.
NEI CALICI, LO SCATTO DEL COLLINE TERAMANE GIOVANE
Due batterie di assaggi, una dedicata alla tipologia Giovane con 21 vini dall’annata 2020 alla 2015 e una per le Riserve dall’annata 2017 alla 2011 (ai produttori non viene richiesto di presentare un’unica annata, ma quella con cui trovano più giusto uscire in base alla loro filosofia produttiva). Una panoramica che ha toccato in maniera piuttosto omogenea tutti i territori della denominazione.
Dalle degustazioni a emergere sono soprattutto i vini meno invecchiati, che rivelano maggior espressività nelle caratteristiche varietali del montepulciano, a partire dal frutto e da un’acidità più vitale, oltre a un tannino che, se da un lato è meno appesantito dal legno, dall’altro richiede sempre quel minimo di tempo per domare l’astringenza, iniziando ad acquisire maggior equilibrio e piacevolezza dalle 2019-2018 in poi. Va detto, che come molti vini in cui il tannino mostra una certa assertività, anche i Colline Teramane danno il meglio più nell’abbinamento che nelle degustazioni tecniche.
Dal confronto le Riserve restano indietro, fiaccate in diversi casi da un’importante influenza del legno negli assaggi e da un’estrazione che appesantisce il sorso, andando a discapito della piacevolezza.
Al netto delle considerazioni, lo slancio dei vini più giovani testimonia linearità e convergenza di idee tra i produttori. Segno che la denominazione, pur con le dovute differenze di stile e filosofia tra differenti vigneron, condivide la prospettiva.
NOTE DI DEGUSTAZIONE
Gli assaggi più convincenti o capaci di far intravedere un potenziale tra le referenze degustate all’Anteprima Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg, tra versione Giovane e Riserva.
COLLINE TERAMANE DOCG GIOVANE
Velenosi – Versosera 2020
Naso intenso di frutto dolce, mora, cassis, amarena, carcadè. Sorso fresco e polposo, di buona sapidità, dal tannino ancora rugoso, che si allunga su toni della foglia di tè.
Nicodemi – Le Murate 2020
Naso lieve e floreale dale sfumature di rosa e viola mammola. Al palato durezze, freschezza asprigna, sensazioni vegetali e tannino ancora da assestare, ma bello il disegno.
Barba – Yang 2020
Aromi delicati di piccoli frutti scuri, brezze mentolate. Sorso di carattere, fresco e scorrevole, con un gusto austero, animato da una bella sapidità salina.
Cerulli Spinozzi – Gruè 2019
Bouquet aggraziato, fatto di mora, cassis e tè nero. Godibile al palato, ben bilanciato tra profilo vellutato e un tannino ancora giovane. Il finale scalda e ricorda il mirto.
San Lorenzo – Antares 2019
Naso dolce, sciroppo di mora. Morbido il sorso, sapido e ben equilibrato. Non da bere a secchiate, ma con tutte le componenti al proprio posto.
Contucci Ponno – La Regia Specula 2019
Piccoli frutti, sbuffi di cassis e di nepitella. Un sorso di seta, scorrevole orientato sulle durezze, che mostra la voglia di evolvere con classe. In chiusura chiama l’arancia amara.
Lepore – Re 2017
Da una prima apertura floreale sui toni della rosa e della viola, muove verso il frutto maturo e quasi in composta, note di sottobosco e mentuccia. Bel sorso, voluminoso ma non grasso, una sapidità che si fa sentire. Scalda sì, ma trova anche un bel bilanciamento.
Monti – Voluptas 2016
Naso di frutto asprigno, prugna, ribes, poi iodio e tratti quasi ematici. Bel palato, fatto di sapidità intensa e avvolgente, che solletica ai lati della lingua. Un gusto austero e caldo, che chiama la foglia di tabacco e una chiusura salata.
Faraone – Santa Maria dell’Arco 2015
Mirto, melograno, calendula ed erbe officinali. Arbusti affacciati sul mare. Il
palato è polposo, strutturato, una carezza di velluto, dalla sapidità golosa. Il sorso sfuma in ritorni di frutta scura, che ricordano le more di gelso essiccate.
COLLINE TERAMANE DOCG RISERVA
Centorame – Castellum Vetus 2017
Timido nell’apertura, rivela un bouquet succoso di ribes e sfumature di sottobosco. Il frutto torna al sorso, assieme a freschezza e a una sapidità intensa. Un gioco di equilibri godibile da subito, ma che sarà interessante veder evolvere.
De Angelis Corvi – Elevito 2016
Naso di frutto maturo, quasi in composta, mirto, gelso, toni speziati e di eucalipto. Palato morbido, dal tannino omogeneo e levigato, un tenore alcolico che si fa sentire ma che non stona affatto e una chiusura che si allunga in ricordi di carcadè.
Montori – Fonte Cupa 2016
Frutto asprigno ma evoluto, prugna in composta, lampone, poi toni balsamici e una punta d’anice. Il palato è sapido, scorrevole, un gusto austero che rivela una vena amarognola e tisanoreica. Tannino dalla carezza elegante.
Cerulli Spinozzi – Torre Migliori 2015
Frutto asprigno, una folata di iodio, erbe officinali e balsamicità di alloro. Vellutato al palato e dalla concentrazione ben calibrata, regala un sorso salato e caldo, che sfuma in un finale amaricante dai ricordi di mirto.
Monti – Senior 2011
Bouquet fatto di dolcezze, vaniglia, composta di more. In bocca velluto, ben bilanciato il sorso. Morbido e rotondo, ma decisamente ben equilibrato e di grande piacevolezza.
PECORINO COLLI APRUTINI, UNA CERTEZZA IN EVOLUZIONE
Agilità nei vini d’annata e piacevolezza alla prova del tempo, sono i tratti che risaltano dai diversi assaggi di Pecorino Colli Aprutini Igt. Sono pochi i dubbi sulle capacità di questo vitigno di montagna, che negli ultimi anni ha vissuto una grande riscoperta, ma sul quale c’è ancora molto da esplorare.
Tra gli assaggi nei giorni dell’Anteprima, lasciano il segno il giovane Vir 2020 di Monti e il Machaon 2019 di Ausonia, con note che ricordano le erbe aromatiche d’Appennino sotto il sole. Nel Cortalto 2018 di Cerulli Spinozzi si iniziano ad apprezzare i toni più mielati e di cedro regalati dall’evoluzione, così come nel Casanova 2017 di Barone Cornacchia. Bello l’effetto della maturazione con tappo stelvin nel Pec 2015 di Abbazia di Propezzano, che si mantiene tra il floreale di calicantus e ginestra e l’idrocarburo. Sorprendente infine il Pecorino Igt Colli Aprutini 2013 di Emidio Pepe, che pur a 9 anni dalla vendemmia, conserva una freschezza e una croccantezza da giovincello, sostenute da una lieve e gradevole velatura tannica finale.
L’auspicio è che, nonostante il successo, per il pecorino si possa tenere la barra su una produzione volta a esaltare le qualità ‘veraci’ e le durezze tipiche di questo vitigno, senza muovere verso versioni più affabili, frutti tropicali e caramelle. Niente di male, ognuno produce il vino che vuole. Ma per questo abbiamo già gli internazionali, senza il bisogno di associare un’immagine che stanca facilmente a uno degli autoctoni italiani più interessanti.