Speciale Duero/2 – Storicità e contemporaneità in terra di Rueda

di Eugenia Torelli

Un focus sul ‘regno dei bianchi’ di Castilla y León attraverso i calici di due realtà che mettono a confronto la storia e gli approcci innovativi in cantina.

Con i suoi quasi 20mila ettari vitati, Rueda è stata la prima Do riconosciuta in Castilla y León (nel 1980) ed è il regno dell’autoctono verdejo.

Seconda per superficie vitata solo alla Ribera del Duero tra le Do della regione, si estende a sud del corso del grande fiume, da Villafranca del Duero a ovest a Valladolid a est, fino a raggiungere verso meridione i confini della provincia di Salamanca e di Segovia, includendo il piccolo centro di Nieva. Un vigneto su cui lavorano oltre 1.600 viticoltori e circa 70 cantine, tutelato dal Consejo Regulador de la Denominación de Origen Rueda.

DALLA CORTE DI ISABELLA I DI CASTILLA ALLA DO RUEDA
Quella della viticoltura di Rueda è una storia che inizia nel Medioevo. I vini della zona iniziano ad acquisire una certa fama nel XV secolo sotto il nome di Tierra de Medina, dal nome della località più importante, tanto che nel 1948 Isabella I di Castilla emana un primo regolamento per la protezione dei vigneti. Lo sviluppo dell’area progredisce per tutto il XVI secolo e i vini hanno come destinazione principale il mercato del nord della Spagna, finché la crescita nel XVII frena e rispetto a Medina iniziano ad emergere altre cittadine, tra cui quella di Rueda, assieme a La Nava e La Seca.

I successivi due secoli aprono un nuovo periodo di splendore per la vitivinicoltura dell’area, che amplia la superficie vitata fino a necessitare di norme contenitive da parte delle autorità. Oltre al nord del Paese, i vini raggiungono anche l’estero, in particolare Francia, Gran Bretagna e Cuba. Una delle spinte maggiori per il commercio viene fornita dalla costruzione di una ferrovia, che agevole il trasporto dei vini. L’arrivo della fillossera nel 1884 però, imprime una forte battuta di arresto alla produzione.

La Denominación de Origen Rueda viene istituita nel gennaio 1980 con l’obiettivo di tutelare i vini del territorio, assieme al loro valore storico e culturale.
Photo credit José I. Berdón, Consejo Regulador Do Rueda

UN VIGNETO DEDICATO AI BIANCHI
Un’altitudine media tra i 700 e gli 870 metri e suoli rocciosi ma facili da lavorare, con una buona capacità di drenaggio e ricchi di calcio e magnesio. Sono le caratteristiche dei terreni di Rueda, la cui composizione va dal sabbioso al limoso, con affioramenti calcarei nelle parti più alte delle colline.

Il verdejo domina il vigneto, seguito dal sauvignon blanc, assieme ad altre varietà autorizzate spagnole e internazionali, come viura (quello che in Catalogna si chiama macabeo), palomino fino, viognier e chardonnay.
Tra i vitigni autorizzati dalla Do ci sono anche i rossi, seppur un po’ in secondo piano, e vanno da tempranillo e garnacha fino a cabernet sauvignon, merlot e syrah.

La Do prevede varie tipologie di vino. Si va dal bianco fermo, con almeno il 50% delle varietà principali della zona (verdejo e sauvignon blanc), generalmente giovane e beverino, alla versione spumante, fino al Gran Vino Rueda, ottenuto da vigneti di oltre 30 anni con rese entro i 6.500 kg/ha. Poi ci sono i fortificati. Il Rueda Dorado è prodotto con palomino fino e/o verdejo, attraverso un invecchiamento ossidativo in botti di legno di almeno 2 anni, mentre il Rueda Pálido è ottenuto tramite un invecchiamento sotto flor di almeno 3 anni. Ci sono poi gli spumanti, Rueda Espumoso, prodotti con almeno il 75% di verdejo e sauvignon blanc e per la maggior parte secondo metodo classico con riposo in bottiglia di almeno 9 mesi. Quando superano i 36 possono riportare la menzione “Gran Añada”. La categoria Vino de Pueblo comprende invece i vini prodotti con almeno l’85% di uve da un unico villaggio, il cui nome può essere riportato in etichetta e per chi impiega uve da vigneti di oltre 30 anni è stata introdotta la categoria “Gran Vino de Rueda”.

A un panorama di referenze bianche tradizionalmente molto importante si aggiungono i rosati (anche in versione spumante) e i rossi, che vanno da Tinto Joven a Crianza, fino a Reserva e Gran Reserva.
Photo credit José I. Berdón, Consejo Regulador Do Rueda

IL SEGNO DELLA STORIA NELLE BODEGAS DE ALBERTO
Se si potesse concentrare in un unico luogo tutta la storia di Rueda, probabilmente quel luogo sarebbero le Bodegas De Alberto a Serrada. La conduzione della famiglia Gutiérrez, oggi alla quarta generazione, ha superato i 350 anni, ma il nucleo più antico della cantina corrisponde alla fattoria costruita nel XVII secolo dai monaci domenicani. Un insediamento che probabilmente risale al 1250.

Una visita qui è un po’ come una visita in un museo. L’azienda conserva ancora le enormi botti di castagno che venivano riempite direttamente per il trasporto del vino su rotaie, oltre ad alcune grandi botti utilizzate dai domenicani per l’affinamento. Ma uno degli aspetti più affascinanti è costituito dal sottosuolo. A partire dalla cantina e sotto la cittadina di Serrada si sviluppa infatti una rete di quasi 1,5 chilometri di corridoi sotterranei, che si snodano tra cisterne di mattoni e – le più recenti – di cemento. Un patrimonio di vasche che ha funzionato almeno in parte fino agli anni ’40 e che oggi, per ragioni legate alla difficoltà di gestione con gli odierni standard produttivi, non è più in uso ma è in grado di restituire una chiara idea di come si sia sviluppata la produzione nei tre secoli scorsi.

Attualmente l’azienda conta su circa 470 ettari di vigneti di proprietà e su una cantina dotata di tecnologie all’avanguardia, pur mantenendo vivi i metodi di produzione tradizionali, in particolar modo legati ai vini metodo solera, Dorado e Pálido.
Photo credit Bodegas De Alberto

De Alberto – Dorado, Rueda 2016
Uvaggio: 100% verdejo
Vinificazione e affinamento: dopo la vinificazione il vino segue un affinamento ossidativo in damigiane di vetro trasparente sotto il sole per 6-12 mesi, poi matura in botti di rovere con metodo solera. Ogni anno viene prelevato il 10% del vino per l’imbottigliamento e aggiunto nuovo vino.

Ambra liquida, dai profumi intensi di albicocca essiccata e nespola matura, note di mandorla, accenni mielati e di fiori essiccati. In bocca rivela meno dolcezza di quanto promesso all’olfatto. Resta fresco e secco, tagliente per tutto il sorso nonostante i volumi morbidi, e diffonde toni ossidativi, sfumature balsamiche e di frutta secca, che restano a lungo al palato, amplificate dal calore finale.

De Alberto – Pálido, Rueda 2016
Uvaggio: 100% verdejo
Vinificazione e affinamento: dopo la vinificazione il vino invecchia con metodo solera e sotto flor per almeno 3 anni.

Giallo dorato, con un bouquet che va verso le sensazioni ossidative, la resina di pino e la torta di mele, corredato da sentori eterei. Il palato è secco e dotato di bella scorrevolezza nonostante il tenore alcolico (15% vol). Il sorso si ammorbidisce e si scalda con la sosta in bocca, lasciando al palato sensazioni di fermentato che ricordano alcuni sake più aromatici.

FINCA MONTEPEDROSO, LA LONGEVITÀ DEL VERDEJO NON HA BISOGNO DI LEGNO
Una cantina relativamente giovane che però ha alle sue spalle una realtà che raggruppa cinque brand vitivinicoli spagnoli. Finca Montepedroso è il progetto avviato a fine anni ‘80 in Rueda da Familia Martinez Bujanda, gruppo da quasi 3 milioni di bottiglie l’anno originario di Rioja, che abbraccia alcune delle principali zone vitivinicole spagnole – Finca Valpiedra e Vina Bujanda (Rioja), Finca Antigua (La Mancha), Cosecheros y Criadores (vini di Castilla).

Per la produzione di bianchi freschi e dotati di grande versatilità si è deciso di investire proprio qui, piantando circa 25 ettari di vigneti localizzati in due aree differenti, uno a circa 700 m sul livello del mare, vicino alla cittadina di Rueda e uno più in basso, accanto alla cantina. I primi impianti sono del 1988, mentre gli ultimi filari sono stati messi a dimora nel 2020. La ragione è il terroir, il clima continentale e fresco assieme alle caratteristiche dei suoli, danno la possibilità di lavorare sulle freschezze e sulle sapidità, con focus sul verdejo e sulla sua valorizzazione.

In cantina la decisione è stata di eliminare completamente l’utilizzo del legno. Quasi una sorpresa viste le tradizioni della zona, ma anche e soprattutto una scelta consapevole, che tiene in considerazione la caratteristiche del vitigno verdejo e numerosi studi e sperimentazioni. Le vinificazioni avvengono quindi in acciaio e cemento, con sosta sulle fecce fini da 5 fino a 18 mesi. L’azienda produce soltanto due referenze, entrambe single vineyard, una di più pronta beva (Enoteca), e una di maggior complessità e struttura, che rivela una capacità di evoluzione nel tempo estremamente piacevole.
Photo credit Finca Montepedroso

Finca Montepedroso – Rueda 2020
Uvaggio: 100% verdejo
Vinificazione e affinamento: fermentazione di circa 35 giorni in acciaio a temperatura controllata e poi almeno 5 mesi di riposo sui lieviti, sempre in acciaio, con bâtonnage settimanali

Giallo paglierino dai riflessi dorati. Naso floreale di fresia e mughetto, ricordi terpenici, mela golden e litchie. Il sorso parla di minerali e di un frutto fresco e pieno, polposo, che riempie la bocca, per poi lasciare il palato con un finale sapido.

2017 – Si va verso l’oro. Il bouquet va verso la paglia, i fiori e le erbe essiccate. Un accenno idrocarburico, poi toni di ginestra e passiflora. Al palato un frutto ancora pieno e una bella freschezza. Il gusto vira leggermente verso l’amarognolo e mantiene una chiara intensità sapida.

2015 – Calice dorato. Dalle iniziali sensazioni affumicate ci si muove verso note di zafferano, curcuma, achillea. Al palato è pieno, concentrato su un frutto che lascia via via spazio alla sapidità.

2010 – Oro pieno nel calice, all’olfatto muove verso l’agrume candito, lo zenzero, la mela essiccata, le note che richiamano quasi l’olio e la pasta di olive. Il sorso è polposo e sapido e avvolge tutto il palato. A 12 anni dalla vendemmia, un vino fresco e senza traccia di affaticamento.