In attesa dell’approvazione ministeriale del progetto Derthona, i giovani tortonesi confermano la bontà del sogno lanciato trent’anni fa da Walter Massa.
Zerovirgolacinque ettari vitati. Questa la superficie dalla quale il timorasso è ripartito negli anni ottanta, in un moto di ribellione verso quel triste destino cui la storia sembrava averlo indirizzato. Artefice di questo rilancio, identitario prima ancora che economico, fu Walter Massa, quell’eroe giovane e bello capace di accendere nei produttori di zona la scintilla di una speranza che ha oggi pervaso tutto il Piemonte in bianco, che nel timorasso sembra vedere quella locomotiva cui spetta il compito di riscattare il proprio essere agli occhi di critici e consumatori, così distratti dalle denominazioni langarole da non accorgersi della crescita dei vitigni a bacca bianca, tra cui nascetta e cortese, che poco più in là prende il nome di Gavi.
Lasciando ai giorni che verranno il compito di dirci se il timorasso riuscirà a scansare le trappole in cui, per giovinezza o per errore, sono cadute altre denominazioni prima di lui votate alla gloria, è indubbio che la zona sia segnata oggi da un tessuto produttivo giovane e dalla chiara identità agricola. L’arrivo di alcuni eno-brand piemontesi attratti dal potenziale della zona non intacca un sistema incentrato su piccole aziende familiari che danno vita a un prodotto convincente, nella storia e nel bicchiere.
PROGETTO DERTHONA
A proposito di bicchiere, quello del timorasso non è un sorso facile, specialmente per quei palati legati a un’idea di bianco disimpegnato. Non mancano peraltro questioni enologiche da risolvere. Ma non saranno le poche sbavature riscontrate o un’identità organolettica ancora da chiarire a indebolire un impianto solido, che nei prossimi mesi dovrebbe compiere un deciso passo in avanti grazie al progetto Derthona, sottozona della Doc Colli Tortonesi di cui il Consorzio di tutela Vini Colli Tortonesi ha richiesto l’approvazione nel gennaio del 2020. Richiamante l’appellativo di Tortona ai tempi dell’Antica Roma, Derthona rappresenta l’architrave dello sviluppo futuro, grazie all’unificazione sotto un unico nome di territorio, vino e vitigno. Una prospettiva moderna, peraltro foriera di interessanti ricadute economiche, che contribuisce a mettere ordine nella piramide qualitativa piemontese, ancora oggi in attesa di una sua complessiva riorganizzazione.
Organizzata attorno a tre tipologie, Piccolo Derthona, Derthona e Derthona Riserva, la proposta di modifica si fa apprezzare per l’esclusione dalla base ampelografica di ogni altro vitigno, pratica troppo spesso intesa dai produttori italiani come panacea dei limiti tecnici e organolettici. L’auspicato innalzamento del valore di una denominazione varietale non può, infatti, prescindere da una vinificazione in purezza del vitigno, con tutto ciò che ne deriva in termini di caratterizzazione del vino e crescente complessità enologica. “Saranno circa 1 milione le bottiglie che in futuro recheranno in etichetta il nome Derthona – afferma il presidente del Consorzio Gian Paolo Repetto – è un progetto molto importante per tutto il territorio, che intende valorizzare la longevità del Timorasso spostando ad un anno la data di immissione in commercio, che sale a tre anni nel caso della versione Riserva. Inoltre vengono fissate delle altitudini minime di impianto differenti per ognuno dei Comuni presenti nel disciplinare per valorizzare le peculiarità di un territorio molto vasto e che non può essere uniformato perché comprende ben 6 valli con climi differenti al suo interno”
DEGUSTAZIONE
Incentrata sull’annata 2020, l’anteprima Derthona 2.0 ha mostrato un buon livello enologico, con la maggior parte dei campioni privi di turbolenze in cantina. Ancora da definire appieno quella cornice comune in cui lasciare libertà espressiva alle singole aziende. All’interno di un comune riferimento a processi evolutivi che puntano decisi verso gli orizzonti del riesling, è ancora variegato l’impianto acido che, specialmente in campioni giovani come quelli presentati, dovrebbe invece sorreggere dei vini giustamente pretenziosi come quelli tortonesi. Buona la gestione alcolica e soddisfacente lo spettro organolettico, con richiami mediterranei e tonalità esotiche a segnarne i contorni. “La stagione 2020 è stata caratterizzata da un’estate equilibrata e da un settembre che possiamo definire estivo – ha spiegato Davide Ferrarese agrotecnico di VignaVeritas – La stagione vegetativa ha visto buone precipitazioni durante tutto il periodo, ma mai in modo eccessivo, aspetto che ha contribuito a non compromettere affatto la qualità complessiva dell’uva portata in cantina. Siamo certamente soddisfatti e, anche in prospettiva, ci aspettiamo ottimi risultati con il passare degli anni, perché è proprio nell’invecchiamento che questo vino sa dare il meglio di sé”.
Colli Tortonesi Timorasso 2020 ‘Archetipo’ – Ezio Poggio
Linee acide definite sorreggono un frutto esotico ancora croccante. Piacevolmente amaricante, richiama rabarbaro e mirto. Caldo, senza eccessi e avvolgente, chiude lungo con buona sapidità.
Colli Tortonesi Timorasso 2020 La Colombera
Vitale, propone una spina acida che richiama il bergamotto. Balsamico, con spunti di gesso e papaia matura. Conclude in un retrogusto sapido, al sapore di mediterraneo.
Colli Tortonesi Timorasso 2020 ‘Diletto’ – Pomodolce
Frutta esotica per un ingresso vivo e saporito. Profumi di rosmarino e pesca, seguiti da note di miele di acacia a centro bocca. Sapido, termina lungo con un cenno amaricante.