Nella giornata conclusiva delle anteprime regionali le denominazioni più piccole mostrano una bellezza che reclama più spazio.
Fare ordine nella giornata dedicata a L’altra Toscana non è semplice. A complicare le cose non sono tanto i 334 campioni presenti – come spesso accade si può fare una scelta – e nemmeno le curiose luci viola che illuminavano gli spazi di Santa Maria Novella. A meno che non si rivolga tutta l’attenzione al solo bicchiere, un riflesso che tende al porpora o al rubino ha un significato limitato.
Il vero problema sono invece state le tante, troppe, storie presenti, che costringono L’altra Toscana a muoversi lungo un racconto che dal Santuario della Verna arriva fino alla Laguna di Orbetello. Un compito che non rende merito al lavoro delle centinaia di viticoltori che danno forma a quella Toscana da bere di cui la retorica spesso si nutre. A loro, che sono la componente più fragile, dovrebbe invece essere indirizzata quella premura che, nel caratterizzare il buon padre di famiglia, offrirebbe al sistema regionale nuovi spunti per mercati desiderosi di nuove frontiere.
Questo è ancor più vero considerando la dinamicità che contraddistingue le ‘altre’ denominazioni, che, sotto la guida della Maremma, hanno trovato la forza e la logistica necessarie a proporre identità e vini di valore. Perché, in uno sforzo di sintesi, questo è ciò che è emerso dalla giornata conclusiva dell’Anteprima Toscana.
Intervista a Francesco Mazzei – presidente Avito
IL SANGIOVESE
Forse hanno ragione gli organizzatori quando parlano di scommessa vinta. I contenuti non sono mancati, così come la partecipazione. Ma la sensazione è che la giornata abbia costretto a una scelta, dolorosa nella misura in cui ha impedito di affrontare tutte le possibili declinazioni offerte dall’ampio banco di assaggio presente nelle sale di Santa Maria Novella. Dal canto nostro ci siamo dedicati a un viaggio alla scoperta del vitigno che più di ogni altro racconta la Toscana.
Tra territori e annate tra loro diversi a distinguersi sono state le produzioni continentali, capaci di riportare nel bicchiere una maggiore freschezza di beva. Nel complesso buona la gestione alcolica dei campioni, mentre più ruvido si è presentato il tannino, che nei campioni più giovani fatica a ricomporsi. Godibile l’ampiezza nel bicchiere, con note di frutta rossa ben legate a rimandi mediterranei e, laddove affinate in legno, a speziature ben dosate. Di seguito le impressioni generali sulle singole denominazioni e alcuni degli assaggi più convincenti, commentati assieme ai rappresentanti dei Consorzi.
Chianti Rufina
Nonostante alcune incertezze, il Chianti che viene dal nord mostra nel bicchiere una grande identità verticale, arricchita da un discreto impianto organolettico. Frutta croccante, mineralità e un discreto impianto balsamico rendono il Rufina un vino adatto a invecchiamenti di medio periodo.
Chianti Rufina Docg 2020 – Fattoria Il Lago
Trama fitta e frutto croccante per un sangiovese in purezza che fa della verticalità la sua cifra distintiva. Buona l’estensione in bocca, cui fanno da corredo mineralità e piccole sensazioni balsamiche.
Intervista a Gerardo Gondi – vicepresidente Consorzio Chianti Rufina
Valdarno di Sopra
Si conferma tra le letture più toniche tra quelle proposte. Raramente sopra le righe, alterna frutto croccante e compostezza acida a spunti vegetali e balsamici. Un convincente punto di equilibrio tra le varie anime del vitigno, che non rinuncia mai alla sua parte più gioiosa.
Valdarno di Sopra Doc Sangiovese ‘Vigna Ruschieto’ 2018 – La Salcheta
Fruttato e balsamico, con ciliegia e mirto che si affacciano in un bicchiere di medio spessore, dove l’acidità sorregge un sorso interessante. Lungo e sapido in chiusura, declina verso le consuete note amaricanti.
Orcia
La denominazione ‘più bella al mondo’ conferma tutta la consistenza rivelata nei mesi passati. Un sangiovese dove emergono note balsamiche e una marcata presa tannica. Alcolico, da dimenticare in attesa che il frutto, già percepibile, si distenda appieno nel bicchiere.
Orcia Doc Sangiovese Riserva ‘Trecalici’ 2018 – Trequanda
Balsamico, con sentori di eucalipto. Vitale fino a pungere. Barocco senza eccessi, mostra china e frutta scura in un corpo dalla sapidità equilibrata. Corposo il tannino, con note di vaniglia e sottobosco a chiudere.
Intervista a Donatella Cinelli Colombini – presidente Consorzio Vini Orcia
Terre di Casole
Pochi ma interessanti campioni da questa lingua di terra nel cuore della Toscana. Sebbene scarni nella spinta acida, i vini offrono una generale piacevolezza, fatta di frutta rossa integra e delicate speziature.
Terre di Casole Doc Sangiovese ‘Macchie’ 2018 – Pietro Caciorgna
Vino dalla sicura tecnica, elegante e complesso. Frutta matura e fiori di viola organizzati attorno a un corpo deciso. Piacevole il tannino, chiude sapido con note di pepe e garofano.
Terre di Pisa
I filari della media costa tirrenica regalano un vino di facile beva, che mostra piacevoli richiami di viola. Ancora da levigare il tannino, che reclama tempo per maturare adeguatamente. Buono il frutto, sorretto da una piacevole acidità.
Terre di Pisa Doc Sangiovese ‘Vignalta’ 2018 – Badia di Morrona
Un vino capace di equilibrare un frutto fragrante alla snellezza del vino. Piccole note balsamiche di mirto e rosa canina, per una bevuta discreta, con accenni di ciliegia sotto spirito e lavanda.
Intervista a Nicola Cantoni – presidente Consorzio Terre di Pisa
Montecucco Sangiovese
Ancora di buon livello la proposta maremmana, che quest’anno mostra un volto più austero del solito, segnato da spezie e macchia mediterranea. Nel novero fin troppo ampio di annate presentate a brillare è il 2018, dotato di buona impronta tannica e sostanza.
Montecucco Sangiovese Docg ‘La Fonte’ 2018 – Pianirossi
Vegetale all’ingresso in bocca, tabacco, ribes, vaniglia amara, buono il tannino, risolto ed efficace. Alcolico ma senza eccesso, a tratti ematico, liquirizia. Accenni di china. chiude amaricante e di buona lunghezza.
Montecucco Sangiovese Docg Riserva ‘Viandante’ 2016 – Tenuta Impostino
Croccante, con note di prugna e mora matura. La spina acida piega verso il vegetale, di timo e allor. Buona la sapidità e l’equilibrio complessivo.
Intervista a Giovan Battista Basile – presidente Consorzio Montecucco
IL VERMENTINO
Data la rilevanza numerica, un piccolo inciso lo merita la Maremma Toscana, che secondo lo stesso presidente Filippo Mazzei ha puntato decisa su una nuova idea di vermentino, nella convinzione di avere un vitigno capace di esprimersi nel medio periodo grazie a nuove e più profonde letture.
La presenza di molti campioni datati 2020 è coincisa con il superamento delle consuete linee acide a favore di trame più complesse e rotonde. Pur con alcune incognite ancora irrisolte, il Vermentino maremmano si è presentato elegante, con godibili note di frutta e linee vegetali, mentre sembra assente la lunghezza d’onda in passato riscontrata.
Maremma Toscana Doc Vermentino ‘Perlaia’ 2021 – Bruni
Polpa esotica e the verde caratterizzano una bevuta dalla buona persistenza acida. Note di lime, salvia e camomilla completano un sorso equilibrato e piacevole.
Maremma Toscana Doc Vermentino 2020 – Prelius
Note vegetali in un corpo di media acidità che ricorda l’ananas maturo. Piacevole ma al contempo austero, se ne apprezza la giusta cifra alcolica e la trama equilibrata.
Intervista a Luca Pollini – direttore Consorzio Maremma Toscana