Il Consorzio vini Valpolicella alla prova dell’anteprima con la calura estiva. Degustazioni tra Amarone austeri e più affabili.
Ha dovuto scartare la consueta collocazione di fine gennaio a causa della pandemia, l’Anteprima Amarone, che quest’anno è stata riprogrammata a metà giugno con il format ‘Amarone Opera Prima’. Una scelta non facile per presentare il millesimo 2017 di un vino non esattamente estivo, che – ironia della sorte – è ricaduta proprio su uno dei giugno più caldi e siccitosi degli ultimi vent’anni.
L’AMARONE NON SI BEVE IN ESTATE
Eppure l’Amarone non si assaggia né si presenta soltanto nelle stagioni fredde.
Per una volta infatti, è possibile mettersi nei panni di tutti quegli export manager che nella stagione estiva – covid a parte – non si sono mai fermati, tra visite ai clienti e tentativi di apertura di nuovi canali e mercati. Per dirla col meteo, nella settimana della manifestazione erano di 31° le temperature massime registrate a Miami, di 34° a Washington, di 33° a Chicago e di 37° a Houston. In Asia si andava dai 31° di massima a Singapore ai 34° di Taiwan e i 37° di Tokyo. Per non parlare della Cina, che resta ancora di difficile accesso. Nella più vicina Europa infine, si registravano fino a 35° a Berlino, fino a 30° a Monaco e 34° a Madrid.
Fortunatamente – è il caso di dirlo – quest’anno (e in questi stessi giorni) titolari di cantine responsabili commerciali stanno di nuovo viaggiando e sfidando i caldi di tutte le latitudini, per portare l’Amarone nel mondo. Perché se si parla di mercato è sempre bene ricordare che i grandi numeri dei grafici si muovono grazie al lavoro incessante di tanti piccoli professionisti delle vendite.
Dal canto suo, il Consorzio ha dato buona prova di capacità organizzativa, garantendo sale perfettamente climatizzate e temperature di servizio ottimali. Un peccato per tutte quelle aziende che per timore del clima non ci hanno creduto. Perché in questi casi, se non esserci è una scelta personale e rispettabile, esserci è una scelta dal valore collettivo, tanto in un edizione ‘straordinaria’ in giugno, quanto nel normale cartellone invernale, che ci si augura torni al proprio posto.
2017 ALLE PRESE COL CALDO
Caldo e siccitoso l’inverno, calda e siccitosa l’estate per il millesimo 2017 (oltre che per il suo anno di presentazione). A separarli, un intermezzo primaverile interessato da gelate tardive in aprile, senza tuttavia grossi danni registrati in Valpolicella. Precipitazioni più abbondanti nel mese di maggio, in particolare nella prima metà e, a chiudere l’estate, un ritorno delle piogge, concentrate soprattutto tra la prima e la seconda decade di settembre.
Le temperature elevate dei mesi estivi hanno spinto la fenologia della vite in netto anticipo sulla media storica e la vendemmia è iniziata i primi di settembre, precocemente rispetto alla media. La rapida maturazione ha portato a valori elevati per tenore zuccherino e acidità totale, mentre la dotazione di malico è stata più scarsa rispetto alla media – rileva il Consorzio. Quelli del millesimo 2017 sono vini che non mancano di alcolicità e acidità e con una buona dotazione in termini di antociani e polifenoli.
LA RICERCA DELLA CONTEMPORANEITÀ E LA PROVA DEL PIATTO
In un presente in cui sembra che i vini più ricercati siano quelli di facile beva e con una gradazione alcolica inferiore, l’Amarone fa i conti con l’immagine opposta di vino ‘da masticare’, alcolico, corposo e spesso con un sensibile residuo zuccherino. Caratteristiche che si intensificano anche a seconda del tipo di affinamento.
Si parla di fatto di un vino frutto di appassimento, che da disciplinare deve presentare un “estratto non riduttore minimo di 28,0 g/l” (32,0 g/l per la versione Riserva), quindi – salvo stravolgimenti – tutti ciò che può esser fatto deve avvenire entro i termini stabiliti. Anche riducendo o azzerando i g/l di zucchero nel vino o contenendo l’alcolicità (sempre che l’annata lo permetta), l’Amarone resta – com’è giusto che sia – uno dei vini più strutturati e complessi del nostro Paese.
Interessante è piuttosto parlare di possibili abbinamenti e in questo senso il Consorzio ha fornito spunti e una provocazione interessante per allontanare il vino dalla solita aura di ‘calice da meditazione’, abbinando Amarone dallo stile diverso (alla cieca) a piatti realizzati dallo chef Nicola Portinari, del ristorante La Peca (Lonigo, VI). Le portate erano ispirate dalle cucine di quattro tra i mercati target più importanti per la denominazione, Stati Uniti, Germania, Paesi scandinavi e Asia. Alla faccia della ‘contemporaneità’, forse la combinazione più riuscita è stata proprio quella tra il piatto filo-asiatico – un’anguilla in forno di braci, anguria e angostura, che univa grassezza e dolcezze -, e l’Amarone con più elevato contenuto zuccherino. Tanto per ribadire un concetto, al di là di tutti i ragionamenti, ovvero che tra il degustare un vino da solo e il degustarlo assieme al cibo cambiano tante cose. Magari, non tutti hanno a disposizione lo chef Portinari a casa e magari anche con un abbinamento azzeccato sarà più difficile finire in due una bottiglia di Amarone che una bottiglia di Valpolicella, ma mettendola in termini di piacevolezza, forse si potrebbe sperimentare di più, liberandosi dai pregiudizi.
LA PROVA DEI MERCATI
Comunque vada, l’ultima parola ce l’hanno le vendite e da questo punto di vista la Valpolicella e l’Amarone si presentano in salute.
Il 2021 della denominazione si è chiuso con un’importante crescita delle vendite in valore, pari a un +16%, grazie in particolare a uno scatto della domanda italiana del 31% e a un export in crescita dell’8%, mentre il prezzo medio è in ascesa.
Secondo l’indagine di Nomisma Wine Monitor per il Consorzio Valpolicella, su un campione rappresentativo di oltre il 40% del mercato, la miglior performance è da ascrivere proprio all’Amarone che registra un +24%, con l’export a +16% e un +39% a valore sul mercato interno. Per il re della Valpolicella nell’ultimo biennio il 65% delle vendite sono state destinate all’estero. Tra i mercati top, Canada, Stati Uniti e Svizzera, seguiti a ruota da Regno Unito e Germania. Segno che comunque sia lo stile, oggi come oggi l’Amarone sa trovare il proprio spazio sulle tavole dei consumatori.
APPUNTI DI DEGUSTAZIONE
Dalle degustazioni – seppur di pochi campioni rispetto al totale della denominazione – emerge un quadro variegato.
Da una parte i vignaioli che si sono sempre concentrati su uno stile austero, residuo zuccherino al minimo, appassimenti meno incisivi, affinamenti in botte grande o comunque meno evidenti al momento dell’assaggio. Questi produttori, una fetta di consumatori per dei vini oggi definiti ‘contemporanei’ l’hanno sempre avuta, anche in quei mercati in cui altri Amarone a 10 e più g/l di zuccheri residui vanno alla grande.
Dall’altro lato ci sono quelli che restano orientati sulle morbidezze suadenti senza paura di alcolicità pronunciate e dolcezze (nei profumi e anche un po’ al palato).
Un indizio interessante sui trend, lo forniscono le cantine che vendono in gdo, come le sociali e le realtà più grandi. Le referenze presentate non sono quelle che si trovano sugli scaffali dei supermercati, ma riguardano linee destinate soprattutto all’horeca. In questo caso la virata verso uno stile più secco e bevibile inizia a farsi sentire. Segno che anche dove si fanno volumi più consistenti la domanda sta cambiando.
Occorre tener presente che c’è uno spazio di 5 anni tra l’annata e il momento in cui viene presentata, quindi sarà interessante negli anni a venire vedere come si è lavorato in cerca di ‘contemporaneità’ sulle annate di oggi e, in particolare, su quelle post-pandemia, date anche le importanti evoluzioni dei consumi innescate nel periodo. Per chi volesse un effetto ‘ritorno al futuro’ infine, basta recarsi tra gli scaffali – fisici e virtuali – dove sono già presenti e pronte al consumo molte referenze del millesimo 2018 e 2019. Il disciplinare infatti permette “un periodo di invecchiamento di almeno due anni con decorrenza dal 1° gennaio successivo all’annata di produzione delle uve” (esclusi ovviamente i Riserva, che devono attendere 4 anni dal 1° novembre dell’anno della vendemmia).
Di seguito e in ordine alfabetico gli assaggi più convincenti di Amarone della Valpolicella 2017.
Bertani – Amarone della Valpolicella Docg Valpantena
Granato scarico. Naso profondo, di erbe macerate, spezia e ricordi di visciola. Sorso carnoso ma scorrevole, molto sapido e che si sofferma a lungo su ricordi di sandalo e tabacco. Inconfondibile.
Ca’ La Bionda – Ravazzol, Amarone della Valpolicella Docg Classico
Piccoli frutti e prugna sotto spirito, toni eterei e balsamicità intensa. Il sorso è vivace, fatto di freschezza e di frutto, ma anche di morbidezza sinuosa. Un calice goloso, che sarà il caso di seguire nell’evoluzione a distanza di tempo.
Cantine di Verona S.c.a. – Torre del Falasco, Amarone della Valpolicella Docg
Il naso parla di frutto intenso e maturo. Il palato è giocato sulla scorrevolezza, dotato di morbidezze calibrate, toni botanici e sapidi, pur mantenendo un certo accenno di dolcezze che emergono sul finale.
Ca’ Rugate – Punta 470, Amarone della Valpolicella Docg
Rosso rubino scuro e profondo. Naso di visciola, ciliegia, accenni pepati e di cacao amaro. Scattante e scorrevole al palato, apre su una freschezza tagliente per poi ampliarsi tra sapidità e un finale di ricordi dolci. Decisamente ‘contemporaneo’.
Corte Figaretto – Brolo del Figaretto, Amarone della Valpolicella Docg Valpantena
Prugna in composta, tocchi floreali di rosa, balsamicità fresca e mentolata. Un sorso vellutato, che rivela rotondità e calore, ma con un buon bilanciamento tra tutte le componenti. Sua maestà l’Amarone, senza cedere né alla facilità di beva né a eccessive morbidezze. Buono.
Ilatium Morini – Campo Leon, Amarone della Valpolicella Docg
Calice granato scuro e profondo, che libera al naso amarena, tocchi di cacao e di caffè. Il sorso è pieno e rotondo, giocato tra sapidità e un frutto intenso e in composta. Finale lungo e balsamico. Per gli amanti dell’Amarone in tutta la sua possenza.
La Collina dei Ciliegi – Ciliegio, Amarone della Valpolicella Docg
Prugna essiccata, toni botanici, balsamicità di menta e tocchi di pepe nero. Il sorso è affabile e rotondo, ma con un bel bilanciato da una sferzata di freschezza e tanta sapidità. La chiusura scalda e lascia le spezie.
Le Guaite di Noemi – Amarone della Valpolicella Docg (campione da botte)
Granato scuro e profondo, con un bouquet che abbandona il frutto, per chiamare note di caffè, sensazioni erbacee di foglia di pomodoro, cacao amaro e tanta balsamicità. Un sorso cupo, che riporta tutti i toni di tostatura, intensità alcolica e freschezza tagliente. Un Amarone sui generis, un vino che non si può giudicare ora, ma che va valutato sulla distanza.
Novaia – Corte Vaona, Amarone della Valpolicella Docg Classico
Un outsider. Granato lucente con un bouquet che si distacca da tutti gli altri. Tra sensazioni sulfuree e fumé, una ciliegia sotto spirito e delicate volute balsamiche. Sorso fresco e sapido che resta nell’ordine degli Amarone austeri. Un ritorno di sensazione sulfurea, che rapidamente scorre lasciandosi dietro un tannino che si preannuncia setoso.
Pasqua Vigneti e Cantine – Famiglia Pasqua, Amarone della Valpolicella Docg
Prugna sotto spirito e accenni vanigliati, una vena erbacea e di tabacco. Il sorso è calibrato ad arte in cerca di un carattere internazionale, fresco, sapido e potente, tra ritorni di caffè e fave di cacao appena tostate sul finale.
Roccolo Grassi – Amarone della Valpolicella Docg
Prugna essiccata, balsamicità soffusa di mentuccia, spezia. Un sorso carnoso e secco, che al palato si amplia diffondendo intensità e una sapidità che fa salivare, frenato da un tannino che emerge soprattutto sul finale, tra ricordi di genziana e lunghezze amaricanti. Austero ma non troppo, un gran calice.
Santa Sofia – Amarone della Valpolicella Docg Classico
Prugna in composta, bacche di ginepro essiccate, un velo di cannella. Al palato si rivela secco, polposo e tagliente. Il tannino deve mettersi in asse, ma crea già un bel bilanciamento tattile alle morbidezze. Chiusura lunghissima. Un sorso di grande classicità.
Sartori di Verona – Reius, Amarone della Valpolicella Docg Classico (prova da botte)
Rosso tra il rubino e il porpora intenso. Al naso l’affinamento in corso d’opera si avverte, ma lascia spazio a frutto sotto spirito e tocchi pepati. Al palato vellutato, fresco e ben bilanciato, con un tannino rustico e ancora da domare, che chiude con dinamismo. Per l’Amarone che verrà, suggerisce un sorso ‘old style’, affabile, ma non troppo.
Secondo Marco – Amarone della Valpolicella Docg (campione da botte)
Granato scarico nel calice, al naso si apre su spezia frutto essiccato, pepe e balsamicità di pino. Sorso secco e austero, dritto al centro del palato. Il calore lascia spazio a un riverbero sapido e a toni di erbe, che allungano su un finale di tabacco.
Tenuta Santa Maria di Gaetano Bertani – Amarone della Valpolicella Docg Classico Riserva
Rubino verso il granato intenso. Naso dai toni fumé, prugna sotto spirito, pepe. Palato tagliente e dinamico, in cui non manca niente: sapidità, intensità, frutto e calore alcolico. Di quei sorsi che risvegliano.
Terre Di Leone – Il Re Pazzo, Amarone della Valpolicella Docg Classico
Probabilmente uno dei sorsi migliori. Rubino scuro, intenso e profondo. Ciliegie in composta, un filo di goudron. Un profilo tattile che è come una carezza, un bell’ingresso vellutato che poi si amplia nelle sapidità riempiendo il palato. Secco, scorrevole, il tannino – un po’ rustico – chiude il cerchio di un sorso dotato di austerità e impressioni botaniche. Che buono.
Valentina Cubi – Morar, Amarone della Valpolicella Docg Classico (prova da botte)
More essiccate e sotto spirito, accenni di sandalo ed eucalipto. Velluto all’ingresso nel palato, che poi libera un sorso tagliente dai toni quasi amaricanti e salati. Alcolicità e una lunghezza sapida che resta a lungo, sfumando in accenni fumé. Potente, senza alcuna necessità di andare verso il ‘contemporaneo’.
Vigneti Di Ettore – Amarone della Valpolicella Docg Classico
Rosso tra il rubino e il porpora intenso. Naso di prugna in composta, dolcezze di amarena, tabacco e punte erbacee. Il palato è secco, dall’acidità tagliente, tra ritorni di poccoli frutti e spezie pepate, che restano a lungo sul palato per sfumare verso le more essiccate, chiuse da una carezza tannica. Bello.