G.D. Vajra, vini che raccontano di Langhe e di un destino legato alla vigna

di Eugenia Torelli

Degustazione di una selezione di etichette che incarnano la storia della famiglia, vini capaci di profondità e di un fascino discreto senza il bisogno di “parlare ad alta voce”.

Stretta di mano decisa, voce calma e sorriso di bambino. Isidoro Vajra ti introduce così alla cantina di famiglia. La storia di un’azienda che nel proprio territorio è stata su molti fronti da pioniera, raccontata con una semplicità alla La Fontaine. È il più giovane di tre fratelli, assieme a lui Francesca e Giuseppe affiancano il lavoro dei genitori, Aldo e Milena, in vigna e in cantina.

UNA STORIA NATA DA UN INSEGNAMENTO
L’azienda nasce nel 1968. Negli anni ’60 Aldo Vajra studia in un liceo di Torino. Sono anni di contestazione giovanile e un giorno viene avvistato dal padre Giuseppe Domenico tra i manifestanti. C’è chi dice sia volato qualche ceffone, fatto sta che il padre spedisce Aldo in campagna per allontanarlo dai subbugli e insegnargli qualcosa di profondo. Dalla campagna in quel periodo si scappa per andare a lavorare in città e nelle fabbriche, ma Aldo a questi luoghi si affeziona e decide di partire con 3 ettari di vigna. Presto gli si affianca Milena, nella vita e nel lavoro.

Nel 1986 la grandine di fine maggio devasta gran parte dei vigneti. Un ulteriore incentivo per molti agricoltori a spostarsi verso Torino e i grandi centri urbani, dove si vive il boom della Fiat e della Ferrero. Eppure Vajra resta.

Già negli anni ’70 Aldo aveva cercato una via di produzione più sostenibile, ottenendo l’attestato di viticoltura ecologica da parte di “Suolo e salute”, un riconoscimento che viene rinnovato con l’ottenimento della prima certificazione bio nel 1993. Nel 2016 viene completata la certificazione di tutta la produzione.

Oggi G.D. Vajra è un punto di riferimento nel mondo del Barolo. Circa 60 ettari vitati, per 300-400mila bottiglie prodotte ogni anno, che per il 90% raggiungono l’estero.
Con le iniziali G.D. il nome dell’azienda rende omaggio a quello slancio paterno che ha dato il via a tutto, redarguendo forse, ma anche in larga parte ispirando.


La storia di famiglia raccontata da Francesca Vajra, intervistata in occasione di Grandi Langhe 2022

UNA MOLTITUDINE DI VARIETÀ
Produciamo Barolo ma non solo, perché amiamo tutte le varietà vitate della nostra terra e quelle che potremmo impiantare di nuove”, dicono dalla famiglia. E quello di Vajra è un vigneto variegato, che a circa 30 ettari di nebbiolo, ne aggiunge una ventina di dolcetto, oltre a nascetta e un’altra decina di uve, fino al riesling, che sono stati i primi a impiantare sul territorio. Una scelta fatta dopo la tesi di laurea di Aldo sulle fermentazioni dei bianchi. Non mancano poi le ricerche sul recupero di alcune varietà dimenticate, in collaborazione con l’ampelografa Anna Schneider, professoressa dell’Università di Torino che dedica gran parte del proprio lavoro alle varietà abbandonate. Diversi ettari sperimentali stanno infatti entrando in produzione in questi anni.
In cantina a ogni vendemmia le vinificazioni sono più di 150. “Solo per il Bricco delle Viole, l’anno scorso abbiamo fatto sette diversi passaggi in vigna, per gestire i diversi momenti di maturazione delle uve”, spiega Isidoro. Poi ci sono il dolcetto, con due vigne e due vendemmie diverse, e tutti gli altri. “L’importante è avere cura per i dettagli”, aggiunge.

TRA MODERNISTI E TRADIZIONALISTI
Se tante sono le varietà, tante sono anche le etichette che escono dalla cantina di famiglia. In tutto 16 e tutte con un mantra, “vini che non devono parlare a voce alta, non devono mostrare i muscoli, ma che possono essere dei compagni del cuore di tutti”. I vini di Vajra si possono veramente riassumere così. Non alzano la voce, ma raccontano. A livello commerciale la scelta è che possano restare accessibili, cosa che vale anche per i Barolo.
In cantina gli affinamenti si concentrano sulla botte grande. “Quando ero piccolo sentivo tutti parlare di modernisti e tradizionalisti e allora anche a scuola tra compagni di classe si giocava con gli schieramenti – racconta IsidoroIo ero confuso e così una volta sono tornato a casa e ho chiesto, papà ma noi chi siamo? Noi siamo i più modernisti dei tradizionalisti e i più tradizionalisti dei modernisti, mi rispose”. Una risposta diventata celebre e che sulle prime blocca Isidoro. “Ho capito che non c’è una ricetta per fare il vino buono, bisogna assaggiare e assaggiare per capire come fare meglio”.

NOTE DI DEGUSTAZIONE
I vini di Vajra – in particolar modo i Barolo -, hanno un fascino discreto, una profondità un po’ ‘intellettuale’, capace di parlare a tutti e di raccontare a chi sa ascoltare.

Langhe Doc Riesling 2020

Uvaggio: 100% riesling
Vinificazione: pigiatura soffice e stabilizzazione a freddo prima della fermentazione
Affinamento: in acciaio fino alla primavera successiva alla vendemmia

Naso fruttato, polposo, sfumature citrine e di carambola. Un sorso scorrevole, fresco e dalla sapidità diffusa e quasi pepata, che solletica il palato, per soffermarsi a lungo.

Langhe Doc Nebbiolo 2020

Uvaggio: 100% nebbiolo
Vinificazione: raccolta a seconda della maturazione dei diversi vigneti, talvolta effettuando più passaggi per rispettare la diversità di ogni vite. Fermentazione alcolica seguita da fermentazione malolattica spontanea
Affinamento: dagli 8 ai 14 mesi, per la maggior parte in acciaio e per una parte più piccola in botti di rovere neutro, solo se necessario

Ciliegia, succo di fragola, bacca di ginepro. Bocca fruttata, sorso polposo e fresco, dal tannino docile. Goloso.

Barbera d’Alba Doc Superiore 2020

Uvaggio: 100% barbera
Vinificazione: fermentazione a contatto con le bucce in acciaio
Affinamento: 22 mesi in botti di rovere di Slavonia

Frutto pieno, more, gelsi, amarena, tocchi di grafite. Succo al palato, polpa golosa e pepata. Beva agile, tannino levigato.

Albe, Barolo Docg 2018

Uvaggio: 100% nebbiolo
Vinificazione: in tini verticali appositamente disegnati, con rimontaggi gentili e macerazione a cappello coperto. Fermentazione malolattica spontanea a seguire
Affinamento: circa 18 mesi in botti di rovere di Slavonia da 40, 50 e 75 hl. Un solo travaso e blend prima dell’imbottigliamento

Naso fresco, tocchi di ginepro, erbe officinali, balsamicità velata. Sorso vellutato, freschezza che colpisce con grazie, un profilo tattile aggraziato, aristocratico, che poi si amplia verso il calore. Chiude sulla radice di liquirizia e sul pepe nero.

Coste di Rose, Barolo Docg 2018

Uvaggio: 100% nebbiolo
Vinificazione: raccolta a mano e vinificazione a cappello sommerso in tini appositamente disegnati. Fermentazione malolattica spontanea durante la primavera successiva
Affinamento: circa 25 mesi in botti grandi di rovere di Slavonia

Bouquet fresco e vivace che chiama la visciola, balsamicità erbacee. In bocca entra come seta, per poi si incresparsi sui tannini, portare freschezza, qualche asprezza vegetale, tocchi di tabacco e virare su una chiusura amaricante, un accenno ematico e ritorni di erbe.

Bricco delle Viole, Barolo Docg 2015

Uvaggio: 100% nebbiolo
Vinificazione: vendemmia tra il 14 e il 23 ottobre, effettuata manualmente in tre differenti passaggi. Vinificazione in tini verticali appositamente disegnati, con rimontaggi gentili seguiti da un lungo periodo di macerazione a cappello sommerso. Fermentazione malolattica in acciaio nella primavera successiva
Affinamento: in botti grandi di rovere di Slavonia da 25 e 50 hl per 30-42 mesi. Imbottigliamento in estate.

Naso che richiama la frutta fresca, prugna, visciola, una lieve venatura ematica, accenni di tabacco, sfumature di rose essiccate, balsamicità fresca e delicata, una spolverata di cacao. Sorsata di freschezza, che anima una struttura presente e silenziosa, spezia, calore controllato e un sorso che scorre verso una chiusura che chiama amarezze di buccia d’arancia.

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