Oms Europa dispone linee guida tranchant su consumi di alcol. UIV: “nasce nuovo proibizionismo in Europa”. Consorzi italiani in allarme e agguerriti.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità – Regione Europa ha adottato integralmente una risoluzione che – se portata alle estreme conseguenze – di fatto metterebbe in crisi un comparto, quello del vino europeo, che solo in Italia conta 1,2 milioni di addetti e un surplus commerciale con l’estero di circa 7 miliardi di euro annui.
Secondo Unione Italiana Vini, quanto disposto nel documento OMS “European framework for action on alcohol 2022-2025” si discosta da quanto previsto dalla Global alcohol strategy approvata lo scorso maggio dalla stessa OMS e dalla votazione al Cancer plan da parte del Parlamento europeo che avevano rimarcato l’esigenza di focalizzare l’azione sul consumo dannoso di alcol.
“Il risultato emerso dal voto è una scure per il mondo del vino – riferiscono da UIV – e l’inizio di una nuova ondata proibizionista per il settore. Le linee guida, accolte integralmente senza alcuna opposizione da parte delle delegazioni (anche quella italiana), prevedono un contrasto al consumo tout court dell’alcol come priorità di azione, con un obiettivo di riduzione del 10% pro-capite entro il 2025”. Tra le politiche che l’organizzazione proporrà ora ai Paesi interessati, l’aumento della tassazione, il divieto di pubblicità/promozione/marketing in qualsiasi forma, la diminuzione della disponibilità di bevande alcoliche, l’obbligo di health warning in etichetta e un nuovo approccio alla concertazione delle politiche che vedrebbe totalmente escluso il settore dal dibattito.
IL CONCETTO DI ‘NO SAFE LEVEL’
Il testo si basa sul concetto di consumo “no safe level”, solo qualche mese fa fortemente contestato in sede di voto al Cancer plan dell’Europarlamento. Secondo UIV, l’obiettivo di taglio lineare ai consumi anche di vino – senza distinzione tra quelli compulsivi e moderati, oltre che tra le tipologie di bevande – risulta essere “decisamente lontano dall’approccio alle politiche di prevenzione e formazione promosse dal nostro comparto, oltre che dai modelli di consumo moderato prevalenti in Italia di cui l’Europa non tiene conto. La storia – aggiunge UIV – ci ha insegnato come il proibizionismo non sia la soluzione per sconfiggere la piaga dell’alcolismo, ma soprattutto come il vino sia un simbolo del bere responsabile, della dieta mediterranea e non certo protagonista del binge”.
Per questo l’associazione si appella alla politica, che in questo caso si è dimostrata sorda e distratta, per cercare di tutelare uno dei capisaldi del made in Italy, ma anche di un tessuto sociale di migliaia di viticoltori, custodi dei territori e di una cultura millenaria parte integrante del nostro Paese.
In allarme anche il mondo dei consorzi, unanimemente preoccupati di una crescente criminalizzazione a livello istituzionale, a fronte di una storia che non rende giustizia alle posizioni estreme. Ecco i commenti raccolti da VinoNews24.
Matteo Ascheri
presidente Consorzio di tutela del Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani
Non è la riduzione dei consumi o il contingentamento che ci preoccupa, anzi. In questo modo siamo convinti che si andrà ad aprire maggiormente la forbice tra produzione di qualità e massiva. Preoccupante è piuttosto il fenomeno del binge drinking e del consumo non-responsabile tra molti giovani, che noi combattiamo direttamente in quanto produttori.
Marco Alessandro Bani
direttore Consorzio Vino Chianti
“Si è avviata da qualche mese una campagna di criminalizzazione del vino e non solo da parte dei paesi del nord europa, ipotizzando che questo prodotto incrementasse l’insorgenza di malattie cancerogene senza distinguere in maniera netta fra abuso del consumo e consumo moderato. E senza che ci siano prove scientifiche che colleghino l’uso moderato e consapevole dell’alcol all’incremento delle malattie cancerogene. Grazie alla mobilitazione di tutti gli eurodeputati italiani si è riusciti a far modificare la Relazione presentata dalla Commissione speciale BECA al Parlamento Europeo introducendo una distinzione ed evidenziazione fra “uso consapevole e moderato” e l’”abuso”. Per altro il vino è uno degli assi della cosiddetta “dieta mediterranea” riconosciuta come patrimonio Unesco e quindi lontana dal procurare gli effetti che gli si vogliono impropriamente addebitare. È notizia di questi giorni che, anche se modo unilaterale ed isolato, l’Irlanda – paese notoriamente produttore e consumatore di birra prodotto che vede il vino come concorrente – ha notificato alla Commissione Europea un progetto di regolamento sulla salute pubblica che prevede l’introduzione di avvertenze sanitarie (health warnings) obbligatorie sulle bevande alcoliche. Sicuramente, fatto salvo il principio fondamentale della salvaguardia della salute, queste iniziative nascondono con tutta probabilità azioni a supporto degli interessi economici legati ai vari comparti produttivi”.
Lorenzo Barbero
presidente Consorzio Asti e Moscato d’Asti
Partendo dall’assunto che è l’abuso di alcool il nemico contro il quale far fronte comune, rileviamo un’incongruità tra questa risoluzione e il riconoscimento delle nostre colline vitate a patrimonio immateriale dell’umanità. Pare infatti una contraddizione che l’ONU, tramite l’Unesco, riconosca l’opera dei nostri vignaioli quale fattore di preservazione della cultura e degli spazi rurali e al contempo, tramite l’OMS, proponga la messa al bando dei prodotti frutto di tale attività. Un divieto tout-court significherebbe poi erodere la redditività di centinaia di piccoli produttori, con conseguente rischio per la preservazione di quel patrimonio dell’umanità Unesco che sono le colline dove si produce il moscato per l’Asti Docg.
Giovan Battista Basile
presidente Consorzio Montecucco
È sconcertante il fatto che l’OMS non distingua tra vino e superalcolici, uniformando il concetto stesso di bevanda alcolica nonostante le differenti gradazioni che segnano le due categorie di prodotto. Sarebbe poi opportuno ci concentrassimo sull’abuso, che è il fenomeno da combattere, e non sul consumo procapite, informazione che, in quanto tale, non rivela eventuali derive nel consumo degli alcolici.
Elvira Bortolomiol
presidente Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg
Rafforzare la conoscenza del nostro territorio anche attraverso la tipicità enoica che ci contraddistingue è sempre stato il filo conduttore del Consorzio. La produzione enoica è da sempre un bene prezioso del nostro Paese, ci contraddistingue sui mercati internazionali e rileva le innumerevoli sfaccettature regionali. Appoggiamo la posizione presa dall’UIV: è necessario applicare dei distinguo che non devono basarsi sul concetto di ‘no safe level’. Auspichiamo, in quanto realtà consortile, che l’appello di tutto il comparto venga ascoltato per salvaguardare il patrimonio enoico italiano e tutti i professionisti e produttori che ne verrebbero toccati.
Silvano Brescianini
presidente Consorzio di tutela Franciacorta
La nostra civiltà si è sviluppata intorno al Mar Mediterraneo, dove vino e cultura sono tra i prodotti più significativi. I due aspetti sono profondamenti legati e non distinguere il vino dall’ “alcol” è grave segno di ignoranza. Analizzando la situazione sociale risulta evidente che i Paesi europei con problemi legati all’abuso di alcool non sono i Paesi produttori di vino.
Marco Calaon
presidente Consorzio tutela Vini Euganei
Bisogna distinguere tra consumo e abuso, sono molti anni che la promozione del vino è attenta a distinguere e a promuovere un consumo consapevole, noi parliamo sempre di ‘degustazione del vino’. L’abuso di qualsiasi sostanza diviene dannoso. Criminalizzare creerà solo danni alla filiera senza porre rimedi reali alla problematica. La strada maestra rimane sempre la corretta informazione e educazione, invitando il consumatore a prediligere la qualità alla quantità. Siamo preoccupati, il comparto si stava rialzando dopo le problematiche pandemiche, non è proprio il momento di esacerbare la tassazione, oltre che inserire nuovi adempimenti nella già pesante burocrazia che attanaglia le aziende.
Nicola Cantoni
presidente Consorzio Terre di Pisa
La distinzione da fare è fra il consumo e l’abuso, il nodo focale è questo. Per questo servono campagne mirate alla riduzione del danno e alla cultura del bere consapevole, rivolte in particolar modo ai giovani. L’Italia ha nel suo DNA la produzione e il consumo di vino, che è storia, arte e cultura, tutti elementi da comunicare non attraverso “warning” sulle etichette, ma facendo conoscere le campagne e il mondo che c’è dietro a un bicchiere di vino. Questa è la posizione che l’Italia dovrebbe difendere nei tavoli internazionali, tutelando così anche il lavoro di migliaia di persone.
Enrico Cerulli Irelli
presidente Consorzio Colline Teramane
Pienamente condivisibile la posizione dell’OMS, che invita ad un consumo responsabile di alcol. Meno vino ma di qualità: questa è una formula compatibile con un rilancio ulteriore dei vini italiani, troppo spesso condizionati dai prezzi bassi che deprimono l’intera filiera.
Silvio Dani
presidente Consorzio Vini Colli Berici e Vicenza
Leggendo il documento dell’OMS, non posso che rimanere mortificato di come si parli in maniera superficiale di un argomento che rappresenta una cultura millenaria e in maniera spudorata, non si faccia alcuna distinzione tra superalcolici, cocktail e il vino, e di come non si faccia nessuna distinzione tra consumo responsabile e abuso! Abuso, termine che a 360 gradi, dall’alimentazione squilibrata, a comportamenti poco virtuosi in qualsiasi campo della vita, non generano mai risultati positivi al benessere generale.
Lo scorso anno il Parlamento Europeo aveva già bocciato la richiesta di applicare delle avvertenze sulle etichette delle bottiglie di vino come già avviene per il tabacco, in virtù anche del fatto che molti studi medici sostengono che il consumo responsabile di vino possa portare effetti positivi sulla salute. Questa tesi tra l’altro viene ulteriormente avvalorata con l’inserimento della dieta mediterranea da parte dell’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità, dieta variegata che prevede anche il consumo responsabile di Vino.
Ovviamente ce chi dice tutto il contrario di tutto, ma come mai il popolo italiano risulta essere tra i più longevi del mondo? Se fosse vero che il vino fa male, visto che abbiamo il consumo pro capite fra i più alti al mondo, non dovremo essere fra gli ultimi posti al mondo nella classifica dei popoli più longevi.
A questo punto credo che a parlare siano i fatti, e venga fortemente spontaneo chiedersi se dietro a questa proposta dell’OMS non ci sia lo zampino di altri interessi economici. Quello che fa ancora più rattristare e che i delegati italiani presenti a Tel Aviv inviati dal ministro della salute Roberto Speranza non abbiano battuto ciglio per difendere uno dei prodotti simbolo del nostro paese che oltre ad essere parte integrante della nostra tradizione e cultura, rappresenta anche una fetta importante dell’economia che da lavoro con l’indotto a circa 1,2 milioni di persone con un fatturato di 14 miliardi della quale il 50% destinati all’export. A questo punto mi viene da dire che l’unica cosa che l’OMS potrebbe proporre sarebbe quello di suggerire una campagna informativa sull’uso responsabile di alcol e occuparsi di temi molto più attuali e gravi, dove ha dimostrato di non essere sempre all’altezza.
Gilda Fugazza
presidente Consorzio tutela vini Oltrepò Pavese:
Crediamo nel vino di qualità e di valore anche culturale. Il consumo di vino deve essere consapevole e sempre più informato e non ha nulla a che vedere con l’abuso. Tuteliamo e promuoviamo le denominazioni che sono ricchezza culturale e territoriale in modo da informare e rendere più attento il consumatore di vino che avrà così tutti gli strumenti per godere della ricchezza riconosciuta anche nutrizionale del vino.
Tullio Galassini
presidente Consorzio Tutela Vini Doc Roma
La proposta dell’OMS è un’autentica assurdità ed è un insulto al vino che è fiore all’occhiello del Made In Italy. Non si può pensare di paragonare un prodotto simbolo di un intero Paese alle sigarette disincentivandone il consumo e le attività di marketing, si rischia di mortificare uno dei comparti più storici e redditizi per l’Italia. Bisogna poi contare che le cantine non sono solo semplici aziende produttrici, ma aiutano a conservare il territorio secondo criteri di sostenibilità circolare e creano momenti di gioia per tutti gli appassionati che le visitano. Tutto il Consorzio Roma DOC si augura che l’intero settore vitivinicolo italiano si unirà per contrastare questa decisione.
Igor Gladich
direttore Consorzio del Soave
Si tratta di un tema che periodicamente ricorre a livello europeo, sostenuto soprattutto da Paesi che hanno un approccio al consumo di alcool totalmente diverso dal nostro. L’Italia, così come altri grandi Paesi produttori dell’area mediterranea, ha un approccio molto più moderato e consapevole rispetto al vino. Per tale ragione riteniamo eccessive e dannose queste prese di posizione.
Carlotta Gori
direttrice del Consorzio Vino Chianti Classico
Raccomandiamo sempre un consumo consapevole del vino, come del resto è da disincentivare l’abuso di qualsiasi alimento. Il vino è non è solo un elemento cardine della Dieta Mediterranea, riconosciuta dall’Unesco, ma è anche un veicolo importante di un sistema culturale che affonda le sue radici nella tradizione e nella storia della terra in cui viene prodotto, tanto da essere uno dei prodotti di punta del Made in Italy, riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
Bernardo Guicciardini Calamai
presidente Consorzio Tutela Morellino di Scansano Docg
Utilizzeremo tutti i canali possibili per contrastare la proposta avanzata dall’OMS, che riteniamo totalmente incomprensibile. In questa campagna non si fa distinzione tra alcolici e superalcoolici perché l’obiettivo è solo ostacolare a priori il consumo di alcool. Ne andrebbe invece fatta in primis una rigida distinzione e poi andrebbe preso in considerazione soltanto il tema dell’uso eccessivo. Come in tanti altri ambiti, è l’abuso che provoca danni. Dovremmo lavorare su questo concetto anziché criminalizzare il consumo di vino a priori, penalizzando l’intero settore. In questo quadro, è deprimente il silenzio assordante delle istituzioni nazionali ed europee in difesa del nostro comparto che garantisce un’economia di ritorno nei territori delle nostre denominazioni. Come Consorzio Morellino di Scansano DOCG, invece abbiamo posto l’argomento all’ordine del giorno dell’assemblea di A. VI.TO. per far valere le nostre ragioni.
Irina Guicciardini Strozzi
presidente Consorzio Vernaccia di San Gimignano
La risoluzione dell’Oms sul vino lascia senza parole. Una risoluzione che non fa alcuna distinzione tra consumo e abuso. Il vino è protagonista da secoli nella vita dell’uomo, fin dalle origini. Il vino è storia, è cultura, è identità ed è educazione. Il vino è anche rispetto. Mettere in atto azioni di proibizionismo nei confronti del vino è voler negare tutto questo. Invece, sarebbe molto più opportuno promuovere azioni di educazioni al vino e a tutto ciò che rappresenta.
Maurizio Lunetta
direttore Consorzio Tutela Vini Etna Doc
La strada del bere consapevolmente e responsabilmente è la direzione verso cui procedono tutte le nostre promozioni, quindi riteniamo controproducente questa proposta dell’OMS, che invece segue la direzione del divieto. Come sappiamo la proibizione non ha mai creato informazione né conoscenza. Sarebbe molto più interessante invece avviare delle campagne di educazione al “buon bere”: campagne che siano in grado di educare e formare i giovani alle nostre eccellenze vitivinicole, che raccontino l’immensa storia e cultura del vino italiano e straniero. Sappiamo bene che quando si parla di abuso tra i giovani, non è al vino che ci si riferisce, ma ai super alcolici. Sarebbe dunque doveroso impegnarsi ad educare queste nuove categorie di consumatori ad un uso consapevole dell’alcool e cosciente dell’incredibile ricchezza culturale cui questo patrimonio vitivinicolo si riferisce.
Alessandro Marzadro
vice presidente Istituto Tutela Grappa del Trentino
Anche questa volta l’OMS si concentra sullo strumento e non sulle motivazioni. Non si distingue l’abuso dal consumo considerando che l’OMS stessa dichiara che un consumo di 3 unità alcoliche non crea nessun tipo di danno. L’Istituto Tutela Grappa del Trentino, insieme alle tante aziende che rappresenta, da anni è impegnato nel far conoscere il prodotto al consumatore proprio a partire dall’importanza di poterne consumare con moderazione. La grappa da noi, ma in tutta Italia, rappresenta cultura, storia, legame con il territorio e con le famiglie che rappresenta, oltre a dare lavoro a centinaia di persone, soprattutto giovani.
Francesco Mazzei
presidente Consorzio tutela Vini della Maremma Toscana – presidente Avito- Associazione vini toscani DOP e Igp
Non possiamo tornare al proibizionismo, la trovo una posizione demagogica presa da persone che non hanno forse il senso della storia, della cultura e – non ultimo – dell’economia di molti paesi legati alla filiera vitivinicola; credo che vada fatto un distinguo tra i vini e gli altri alcolici e anche sulle modalità di consumo, anche lo zucchero è pericoloso per la salute se se ne abusa.
Filippo Mobrici
presidente Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato
Al momento l’OMS può limitarsi a suggerire linee guida in materia di consumo di vino, certamente non può disporre alcunché, è questo credo sia doveroso evidenziarlo. Chiarito questo sappiamo bene tutti com’è andata a finire negli anni 20, il proibizionismo non è certamente la soluzione. Altresì, sarebbe opportuno, che l’OMS sostenesse o proponesse soluzioni che aiutino il nostro comparto a ridurre e combattere il “binge drinking” e il consumo non-responsabile tra i giovani. Questo il ruolo dell’OMS, ovviamente non quello di distruggere un comparto da 1,2 milioni di addetti.
Maurizio Montobbio
presidente Consorzio di tutela del Gavi
È fondamentale differenziare tra abuso e consumo, e soprattutto distinguere tra vino e superalcolici. La tutela e promozione dei Consorzi, come quello del Gavi, fanno forza su una conoscenza informata del vino Docg, sulla conoscenza del territorio da cui proviene, sulla qualità del prodotto e su un consumo consapevole. Sono questi i valori su cui puntare, e il dibattito non può limitarsi al solo “no alcol”. Sarebbe riduttivo e superficiale per il patrimonio vinicolo italiano.
Alessandro Nicodemi
presidente Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo
È incredibile che si stia andando davvero in questa direzione che non tiene conto della differenze tra le diverse bevande alcoliche e soprattutto tra il consumo moderato e l’abuso. Per il nostro settore sarebbe davvero deleterio questo provvedimento che porterebbe ad una riduzione dei consumi, dell’export e dei fondi a sostegno dei progetti di valorizzazione e di comunicazione di un prodotto che rappresenta un pezzo importante dell’economia e della storia del nostro Paese.
Pietro Patton
presidente del Consorzio Vini del Trentino
“Si tratta di una risoluzione non solo molto pericolosa per tutta la filiera vitivinicola ma anche alquanto incomprensibile e in contraddizione con quanto l’Oms aveva avvallato nel maggio scorso nel Global alcohol strategy approvato dal Parlamento europeo. In quella risoluzione si evidenziava di fatto la differenza tra consumo nocivo e moderato di bevande alcoliche e che non è il consumo in sé a costituire fattore di rischio per il cancro. Inoltre non possiamo non considerare che il vino è storicamente parte della dieta mediterranea e dunque parte integrante della nostra cultura alimentare”.
Daniela Pinna
presidente Consorzio del Vermentino di Gallura
La fermentazione alcolica come sappiamo è la trasformazione degli zuccheri che produce alcol etilico e anidride carbonica e non solo… Si tratta di un processo antichissimo e da sempre si conoscono anche le sue proprietà salutari. È il tipo di processo di trasformazione alla base di bevande alcoliche come birra e vino, ma anche della lievitazione del pane. Infatti il processo è svolto anche in quest’ultimo caso da funghi unicellulari detti lieviti e anche in questo caso viene prodotto alcol. In realtà sono molti i tipi di fermentazione a liberare, quantità di alcol che dipendono dalla quantità di zuccheri presenti nel prodotto di partenza.
I cibi fermentati sono vari, derivati dalle fermentazioni più diverse, con proprietà, sapori e caratteristiche che dipendono dall’alimento di partenza e dai processi chimici innescati durante la trasformazione, nonché dai batteri o lieviti che la mettono in atto. La cultura dei cibi fermentati nel mondo è estremamente variegata, e rappresenta in molte nazioni, specialmente in Oriente, uno dei pilastri più antichi della tradizione culinaria. Le più importanti e note bevande fermentate, sono birra, vino, sakè, gli hard Kombucha.
Come per il vino. Quindi mentre dovremo dichiarare che il nostro vino è veleno, per gli altri prodotti tutti originati da fermentazioni naturali e ricchi di sostanze nutritive e benefiche cosa succederà? Piuttosto che obbligare a scrivere falsità in etichetta, sarebbe più semplice stabilire un prezzo minimo di vendita (più alto di quelli attuali per certi vini in commercio) funzionerebbe anche questo come deterrente per chi consuma quantità di alcol eccessive. La normativa sarebbe anacronistica, irrispettosa ed è evidente fin d’ora la sua inutilità, fa molto pensare che dietro tutto ciò ci siano altri interessi malcelati.
Andrea Rossi
presidente Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano
Il vino è un prodotto di qualità. L’errore di fondo è accomunare il vino a super alcolici. La nostra politica è sempre stata mirata a una comunicazione del bere consapevole, pietra miliare della nostra comunicazione che rientra anche nelle scelte della sostenibilità. A tal proposito nel 2023 cominceremo a fare una campagna presso le scuole del territorio per informare e sensibilizzare al bere consapevole, soprattutto partendo dagli Istituti superiori. Il vino è un prodotto che ha superato centenni, un prodotto che ha fatto la qualità della nostra Italia, passando attraverso la storia fino a oggi. Il vino, e il Vino Nobile di Montepulciano in particolare, prima Docg, è anche un elemento che contraddistingue la cultura dell’Italia e non solo, sarebbe davvero impensabile poterlo paragonare a qualcosa che fa male all’organismo soltanto.
Nico Rossi
presidente Consorzio Suvereto e Val di Cornia
È evidente che il problema non sia il bere, ma il farlo responsabilmente. In tal senso nessun prodotto più del vino può agevolare un consumo corretto, in quanto il messaggio insito in ciascun bicchiere è per definizione culturale, intendendo con ciò quel portato di elementi territoriali e umani di cui un vino è testimone. A noi il compito di divulgarli adeguatamente, al legislatore quello di distinguerli chiaramente dalle forme di abuso, sempre da condannare.
Matteo Tedeschi
direttore Consorzio vini della Valpolicella
Criminalizzare il consumo di vino si configura come un atteggiamento sconsiderato e irresponsabile. Il mercato del vino rappresenta per l’Italia, come d’altronde per altri paesi, un indotto formidabile e un asset strategico irrinunciabile che ogni anno crea ricchezza, posti di lavoro ed economie di scala indispensabili per la sopravvivenza e la crescita economica di molti comprensori locali e comunità.
Il vino, parte integrante dell’alimentazione, come tradizionalmente intesa in Italia, viene contemplato anche nella cosiddetta “dieta mediterranea”, divenuta nel 2010 patrimonio immateriale dell’Unesco, definita come “un insieme di competenze, conoscenze, riti, simboli e tradizioni, che vanno dal paesaggio alla tavola”.
Intorno all’economia del vino veicola una filiera che coinvolge molti operatori di settore afferenti a diverse estrazioni professionali: produttori di tappi, produttori di vetro, realizzatori di grafiche, designer, consulenti enologi, agronomi, sommelier, consulenti commerciali, esperti di comunicazione aziendale, giornalisti, produttori di attrezzature enologiche, ecc.: moltissime attività economiche quindi che traggono profitto dalla filiera vino creando a loro volta posti di lavoro e implementando i gettiti fiscali che alimentano l’erario pubblico. Inutile ricordare che paesi come Italia e Francia hanno fatto della produzione di vino non solo un formidabile business ma anche un prodotto identitario che richiama storia e tradizione attraendo turisti da ogni parte del mondo e implementando quindi il settore dell’ospitalità e della ristorazione.
“Criminale” non è il consumo di vino, bensì chi cerca di boicottare un’economia di tale significativo valore e importanza. Condivido invece una campagna comunicativa volta a sensibilizzare gli stakeholders sul consumo consapevole e ragionato del vino, come di fatto dovrebbe già essere e come lo intendono gli enologi, i sommelier e gli stessi produttori.
Giulitta Zamperini
presidente Consorzio Vino Orcia
Il vino è storia, tradizione, territorio, è un prodotto fondamentale del made in Italy che ogni anno solamente nel nostro Paese fa girare miliardi di Euro e che occupa oltre un milione di lavoratori. La decisione dell’OMS è inaccettabile, rischia di compromettere un comparto che si sta dimostrando sempre piu forte e in continua crescita nonostante le difficoltà degli ultimi anni.
Esiste e deve continuare ad essere così una netta distinzione tra abuso e consumo moderato, come peraltro prevale sia in Italia che in Europa. Non sarà la politica del proibizionismo a risolvere il problema dell’alcolismo. È essenziale che la Politica si azioni per tutelare un’eccellenza italiana che è parte integrante della nostra cultura.
Marina Zopegni
presidente Consorzio Freisa di Chieri e Collina Torinese
Condivido pienamente la posizione espressa da Federvini: riguardo al consumo di alcool è necessario distinguere tra uso e abuso, condannando e contrastando quest’ultimo con misure idonee. Riguardo al vino, in particolar modo quello di qualità, sono però convinta che si presti a essere degustato più che abusato. Non bisogna infine scordare che il vino è, da sempre, sinonimo di convivialità e territorio, valori che devono essere ben chiari a chi ne affronta la normazione.