Intervista ad Andrea Lonardi, cco di Angelini Wine and Estates, sul valore del progetto The Library e sull’importanza per il posizionamento d’alta gamma.
“Uno strumento, che serve per lavorare”, è così che Andrea Lonardi, chief operating officer di Angelini Wine and Estates, definisce l’ultimo progetto del gruppo dedicato all’Amarone della Valpolicella Classico Bertani. “Serve ai nostri frontman quando girano il mondo, per raccontare le annate e serve a noi della produzione, per capire cosa è successo negli anni e cosa potrebbe succedere coi vini che stiamo producendo”.
The Library è l’enorme lavoro di assaggi, studio e catalogazione del patrimonio di millesimi storici della celebre etichetta di Bertani, che prende forma in una monografia contenente il racconto di ogni millesima dal 1958 a oggi. Tra le 48 conservate nelle cantine dell’azienda, ne sono state selezionate 43 – quelle disponibili per il mercato – e affidate al racconto di Nick Jackson, master of wine, esperto di fine wines ed ex buyer di Sotheby’s.
Non si tratta – almeno per il momento – di una banca dati open source, ma della chiusura di un cerchio, per un’azienda che fa della propria storicità e della costanza nello stile dei vini tratti essenziali dell’immagine di marca. Una base importante anche per lavorare sull’alto posizionamento, alimentando il mercato delle annate più vecchie e supportando la clientela horeca che le inserisce in carta vini.
Nell’intervista a VinoNews24, Andrea Lonardi racconta il progetto e il suo valore. Un’iniziativa che si augura di poter estendere anche ad altri vini del gruppo.
Andrea, qual è oggi il valore del progetto Library per Bertani?
“Il valore sta nel lavoro che abbiamo fatto. Quello di assaggiare, catalogare, modellizzare e cercare di capire dove c’erano delle corrispondenze, quale variabilità c’è tra le annate, per quale motivo, cercare di capire se tra le decadi c’è una continuità. Ma anche se ci sono stati dei punti di difficoltà nell’azienda e se questi corrispondono a una minor brillantezza dei vini. È un raccogliere la storia della propria azienda, ma significa soprattutto arricchirsi. Il primo che si è arricchito – lo dico anche in forma un po’ egoistica – sono stato io. Non avevo una conoscenza così approfondita di quella che era l’azienda e di quelli che erano gli Amaroni. Per me è stato un percorso interessantissimo e vogliamo farlo anche a Montalcino. E la cosa bella è che questo non è un lavoro che finisce oggi, ma che va rinnovato ogni 5-10 anni. L’idea sarebbe quella di ripeterlo per ogni decade, in maniera tale da aggiungere le annate dell’ultima decade e poi andare a riassaggiare in vini precedenti, perché chiaramente bere un 2005 tra 10 anni sarà completamente diverso”.
A livello commerciale che valore ha questo progetto per tutti i vostri clienti?
“Per me un valore altissimo. Se noi vogliamo entrare nella fascia dei fine wines dobbiamo avere gli strumenti dei fine wines, è per quello che non lo definisco un libro ma uno ‘strumento’. Se ci fosse una versione in digitale, mi piacerebbe che sfogliando una carta vini con un tablet e cliccando Amarone 2005, si potesse leggerne la scheda. Ma non una scheda tecnica vecchio stampo, bensì la lettura di un grande esperto che racconta com’è quel vino in quel momento. Non attribuendogli un punteggio, ma una descrizione, facendo dei riferimenti, pensando a come potrà evolvere, se è pronto per essere bevuto o se si può aspettare. Si tratta di uno strumento per lavorare all’interno del mondo dei fine wines. Io vedo i nostri ragazzi, anche del reparto commerciale, contenti di questo strumento, perché si sentono più sicuri nel raccontare. Non si tratta solo del racconto delle diverse annate, ma anche di un racconto della filosofia aziendale. Non c’è cosa migliore, secondo me, che creare strumenti diversi per riaccendere ogni tanto l’attenzione e la voglia di conoscere, soprattutto in un’azienda che ha cambiato anche gran parte del proprio gruppo di lavoro. Sentivo la necessità che le persone nuove entrassero e avessero una conoscenza di quello che è Bertani, perché magari un domani saranno loro a trasferirla ad altri”.
Come funziona l’archiviazione e su quali mercati si dirigono le vecchie annate della Library e in che proporzioni?
“Mettiamo in Libreria 6-7mila di bottiglie all’anno e le vendite sono contingentate per annata, c’è un numero massimo di bottiglie che ogni anno possiamo vendere. Tra i mercati storici ci sono sicuramente quello russo e quello americano. Sta crescendo l’interesse nei mercati Scandinavi e mi sorprende il dato della Germania: proprio oggi abbiamo un’importante gastronomia tedesca – la più importante nel Paese – che è in azienda a degustare le annate storiche per metterle a catalogo per i propri clienti. Poi c’è il Giappone. Un’altra sorpresa è l’Italia, che pian piano sta scoprendo questo modo di consumare”.
Che peso hanno canale horeca e vendite ai privati?
“Bertani ha da due anni intrapreso un’attività di vendita diretta b2c. Questo avviene attraverso la nostra piattaforma interna, alla quale si accede dal sito per acquistare il vino, oppure attraverso rivenditori online, uno di questi è Tannico, ma anche all’estero ce ne sono molti. La stragrande maggioranza delle vendite rimane sul canale horeca”.
The Library è concentrata sull’Amarone della Valpolicella Classico, ci sono progetti di conservazione di annate anche per quanto riguarda la Valpantena?
“È un lavoro esclusivo e credo che si possa fare solo su vini che hanno un’esclusività e che hanno le caratteristiche per diventare iconici. Questo non significa che non si possa fare anche in Valpantena, anzi, potrebbe essere interessante. Sicuramente lo faremo con i Valpolicella Ognissanti e Miniere, che hanno un potenziale di affinamento molto interessante, seppur non ampio come quello di un Amarone Classico. Una cosa che mi intriga e su cui mi piacerebbe coinvolgere il gruppo di lavoro sarebbe la parte legata al Soave, perché è un altro vino che invecchia molto bene e diventa interessantissimo da bere con cinque, sei o dieci anni. Un’opportunità importante”.
Come deve muoversi oggi una grande azienda storica, per rimanere sempre attuale gestendo in maniera ottimale tutti i canali?
“Ci sono due fattori molto importanti. Il primo è che l’era covid ci ha insegnato che il vino deve avere una distribuzione multicanale. È importante che il vino si possa trovare. La seconda è legata al posizionamento di questo vino. È chiaro che non si possa trovare un vino con una scala di posizionamento così ampia. Noi avevamo intrapreso il percorso della multicanalità, oggi stiamo cercando di lavorare invece su una maggiore chiarezza di posizionamento commerciale, che dovrà essere a mio avviso allineata all’interno della multicanalità. Non trovo che la multicanalità sia un problema, ma va controllato il tiro dal punto di vista del posizionamento”.