Intervista al presidente del Consorzio Marco Calaon, alle prese con il recesso (in polemica) di 9 aziende. La tensione innescata dall’apertura di un dialogo con il consorzio del Prosecco Doc, per una sottozona di eccellenza che potrebbe spingere il vino euganeo (non solo le bolle).
C’è grande confusione sotto il cielo dei Colli Euganei. In seno al Consorzio che tutela la denominazione veneta si è infatti aperto un dibattito che ha portato alla fuoriuscita di alcune aziende e ad una fronda, che mette in discussione le relazioni interne e alcune linee strategiche su cui il Consiglio direttivo sta lavorando.
Il tema caldo sembra essere l’ipotesi di un passaggio sotto la Doc Prosecco della quota sparkling a base glera che attualmente rientra nella Doc Serprino. Chi attacca denuncia il rischio di “prosecchizzazione” dell’area euganea (che forse a qualcuno farebbe pure piacere), ma nell’intervista a VinoNews24 il presidente Marco Calaon fa chiarezza sui punti più controversi, spiegando come il Consorzio stia cercando di “mettere ordine nel disordine”. E il Serprino potrebbe diventare una sottozona di eccellenza nel grande universo del Prosecco.
Presidente, il mondo del vino sui Colli Euganei è in subbuglio, con 9 defezioni dalla “famiglia” rel Consorzio. Che sta succedendo?
“Non possiamo negare che la situazione sia tesa. Il recesso di alcuni soci è figlio di una scelta che ha fatto il Consorzio all’assemblea di luglio di prendersi in carico il problema legato all’usa della glera del Serprino Doc Colli Euganei. Sono venuti al pettine i nodi legati al fatto che abbiamo una grande offerta di superficie vitata e poca richiesta di vino. E questo crea disagi di mercato ai produttori che devono gestire le giacenze, ma soprattutto che fanno un vino derivato dalla stessa uva che viene utilizzata per il prosecco, ma viene venduto a prezzi nettamente inferiori”.
Come siete intervenuti per modificare questo stato di cose?
“In questo momento il Consorzio ha deliberato solo il blocco dei nuovi impianti di glera atta a produrre Serprino Doc. L’Assemblea ha deliberato il blocco innanzitutto per non implementare le difficoltà esistenti e poi per mettersi nella condizione di analizzare la situazione a bocce ferme per ragionare sulle proposte e sulle possibili soluzioni per il futuro”.
E qui si innesta il flirt con il Prosecco Doc? Quali ipotesi sono sul tappeto?
“Noi abbiamo aperto un dialogo con il consorzio del Prosecco Doc con l’obiettivo di ‘salvare’ la denominazione Serprino, ma innestandolo come una sottozona di pregio in quell’enorme bacino che si chiama Prosecco, e che porta in dote una promozione decisamente più potente, soprattutto all’estero. In questo modo si preserva una identità, ma si dà nuovo ossigeno ai produttori”.
Alcuni dei dissidenti sostengono che esista un pericolo di “glerizzazione” del territorio. È così?
“Evocare il rischio di glerizzazione dei Colli come conseguenza dell’eventuale passaggio alla denominazione Prosecco significa chiudere la stalla quando i buoi sono già fuggiti. Oggi sui Colli Euganei sono già autorizzati 850 ettari di glera messa a dimora e di questi 550 ettari sono completamente rivendicati a prosecco. Dunque già due terzi degli charmat da glera del nostro territorio sono sotto il cappello della Doc trevigiana. Sul tappeto ci possono essere percorsi di collaborazione e co-progettazione che possono fare solo bene al nostro territorio”.
È per questo motivo che indicate la transizione come un percorso per “mettere ordine nel disordine”?
“Esattamente. Probabilmente si sarebbe dovuto farlo molto prima. Capisco che possa generare qualche mal di pancia, ma la realtà non è sempre piacevole e mi sembra assurdo continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto. I problemi vanno affrontati e i nodi sciolti”.
Ma in questo modo non si perde il controllo su un pezzo di territorio?
“I numeri sono già impietosi, perché 550 ettari sono già sotto il controllo del Prosecco Doc e dei rimanenti 280 ettari autorizzati a Serprino solo 75 sono realmente sfruttati dalle nostre aziende. Allora o guardiamo i numeri o facciamo solo filosofia”.
Però il compito di un Consorzio è anche fare della buona filosofia, non crede?
“Certo. E infatti l’obiettivo del confronto aperto con il Consorzio del Prosecco Doc è quello di identificare la nostra come l’area collinare di eccellenza nella denominazione, probabilmente costruendoci una promozione adeguata. Questo vorrebbe dire che riusciamo a fare sistema a livello regionale e contemporaneamente che una visibilità internazionale come quella che il nome “Prosecco” può garantire ai nostri Colli potrebbe portare beneficio anche alla Docg Fior d’Arancio e ai nostri grandi rossi”.
Ma allora non è il Prosecco Doc che vuol “conquistare” i Colli Euganei?
“Lo escludo categoricamente (e ride, ndr). Non sono venuti loro a cercarci, siamo stati noi a voler aprire un dialogo per risolvere criticità che sono sotto gli occhi di tutti. L’idea di una invasione è surreale. Anzi, il presidente e il direttore hanno sempre dimostrato grande correttezza e disponibilità”.
Quali saranno i prossimi passaggi?
“Oggi c’è una interlocuzione con Treviso che è ancora in fase di verifica. Dobbiamo cercare di capire come mettere assieme i pezzi, anche perché abbiamo a che fare con una legislazione particolare. Vedremo quali linee di lavoro potremo e sapremo elaborare. Nulla toglie che proposte costruttive possano venire anche dalle aziende associate”.
È una mano tesa verso i fuoriusciti?
“Il Consiglio non ha mai agito su base preconcetta e se ci fossero soluzioni migliori vanno valutate. Ci stiamo confrontando anche con tecnici ed esperti, ma bisogna ragionare sui numeri e non sulla fantasia dei desideri”.
Vi vedrete con i soci che hanno scelto il recesso?
“Io spero di fare un incontro con tutti quanto prima, magari con una ipotesi di lavoro concreta. Inviteremo tutti i soci e, da statuto, anche i receduti rimangono in seno al Consorzio (con diritto di voto) fino al 31 dicembre. L’obiettivo è poter identificare in Assemblea una soluzione che possa avere l più ampia condivisione per il bene della denominazione e del territorio. Poi concordare tutti al 100 per cento è difficile, ma l’obiettivo è chiamare l’Assemblea ad assumersi la responsabilità di una scelta che guarda al futuro”.