Oscar Arrivabene, enologo e direttore generale di Domenico Clerico, racconta ribolla gialla e nebbiolo di Valtellina, tra storie di amicizia e di vigneti da scalare.
Quando arrivi alla cantina di Domenico Clerico, la prima cosa che capisci di Oscar Arrivabene è che ha le idee molto chiare, la seconda è che quando parli ti ascolta attentamente.
Oscar qui non è un semplice enologo. Classe 1985, dal 2013 al 2017 ha lavorato fianco a fianco con Domenico fino alla sua scomparsa, capendo nel profondo quello che il produttore aveva in mente per i propri vini.
Ti guida in cantina descrivendoti tutto, dalla scelta di un costruttore di botti piuttosto che un altro per il differente risultato sui vini, fino al percorso del vino in ogni botte e a quello che sta pensando di fare con questa o quell’altra massa. Le parole escono come se in mente fossero idee già pronte ed elaborate da tempo, con la lucidità di chi tutte le decisioni le ha studiate, fissate e prese con fermezza, tanto che pure i dubbi paiono sicuri.
Oggi Oscar dirige la cantina, affiancando la moglie di Domenico, Giuliana, alla guida dell’azienda (ne avevamo scritto qui). Lei e il marito lo hanno accolto come un figlio e qui si è fermato dopo aver lavorato in Australia e in Italia, tra la Valtellina, il Friuli e Montalcino. Il legame con i Clerico lo avverti forte quando Oscar racconta la storia dell’etichetta Capisme-e, nata da un’esclamazione di Domenico in un momento difficile per la sua salute. “Capisme-e” in dialetto piemontese vuol dire “capiscimi, entra nel mio mondo” e forse restituisce bene l’immagine che più calza per riassumere la storia. Oscar esattamente questo ha fatto, e dal canto suo in quel mondo ti ci conduce senza tante riverenze, ma prestando attenzione a ogni parola che sente e soppesa. Forse la lucidità – traslando un aggettivo dalla sfera umana a quella di un liquido – è una della caratteristiche più marcate che emergono anche dai suoi vini.
Parlando dei vini che beve, l’enologo cerca distensione. “Per lavoro assaggio tutti i giorni vini di grande struttura e complessità – spiega – Un privilegio… ma per questo stesso motivo, a casa ho voglia di leggerezza e vini di grande bevibilità e molto espressivi, a volte anche che mi facciano viaggiare in posti che amo”. Tra i suoi calici, la Ribolla Gialla 2021 di Ferlat e il Valtellina Superiore dell’azienda Dirupi.
FERLAT, LA RIBOLLA GIALLA E LE SERATE INFINITE
“Vino diretto e verticale, cosa che mi piace molto… un grande vino apripista dell’aperitivo”, dice Oscar, che a questo produttore è legato da un rapporto di amicizia e di stima. “Moreno, uno dei soci due soci dell’azienda Ferlat, era il responsabile di una famosa cantina del Collio friulano, dove ho fatto un’esperienza quando ero ancora agli inizi, e ha molto influenzato la mia formazione dal punto di vista tecnico. Durante quei mesi di intenso lavoro siamo diventati amici e lo siamo ormai da più di 10 anni.
Abbiamo trascorso infinite serate discutendo di questa varietà, che era tornata incredibilmente popolare sul territorio Friulano dopo decenni di silenzio, grazie ad alcuni vini macerati. Ça va sans dire, portavano infinite discussioni su pregi e difetti degli stessi vini bianchi macerati. Discussione che in Friuli può durare 12 ore consecutive.
Questo mi piace perché è un vino diretto, dalla spina dorsale acida, quasi salina e dai chiari aromi di limone, mela verde e salvia. Un vino che rispecchia molto bene la personalità friulana che ho imparato ad apprezzare: sa cosa vuole dire e non usa giri di parole per dirlo”.
L’azienda Ferlat si trova a Cormons (GO) ed è guidata da Federica Tabacchi e Moreno Ferlat.
LA VALTELLINA IMPRESSA SULLA PELLE
“Facendo Barolo, è quasi ovvio dire che amo il Nebbiolo… ma sono nato in Lombardia, quindi il Nebbiolo più vicino a casa per me era quello di Valtellina. È lì che ho imparato ad amare questa varietà – racconta.
Stappo il Valtellina Superiore di Dirupi ogni volta che ho voglia di montagna – e capita piuttosto spesso. Ho conosciuto i proprietari – Davide Fasolini e di Pierpaolo di Franco, ndr – quando stavano impostando quella che poi è diventata uno dei migliori esempi, se si pensa ai vini di questa meravigliosa denominazione. Instancabili viticoltori e trascinatori!
Ho vissuto in Valtellina per un anno e ho un indelebile ricordo delle vigne terrazzate, della fatica scalandole e del piacere di assaggiare il Valtellina superiore guardando le Alpi. Ho un tatuaggio sul braccio con una loro vigna a ricordare tutto questo… direi che già da solo è buon aneddoto – ride.
Il Valtellina Superiore 2021 è un vino elegante, morbido e accattivante. Una grande interpretazione del Nebbiolo di montagna che non fa dimenticare nemmeno per un secondo da dove viene”.
Dirupi, si trova a Ponte in Valtellina, in provincia di Sondrio.