Terre Lariane e Puligny-Montrachet nei calici di Elisa Dilavanzo, che a Baone (PD) conduce una piccola perla chiamata Maeli.
Ci sono vini che non si lasciano leggere. Ti comunicano qualcosa che ti piace, ma c’è anche qualcosa che ti resta oscuro, continui ad assaggiarli e ogni volta rivelano qualcosa di più, ma mai tutto.
Con Elisa Dilavanzo, l’anima di Maeli sui Colli Euganei, è un po’ così. Potrebbe parlare per ore e con entusiasmo del terreno dei Colli e del moscato giallo – vitigno di cui si è fatta ambasciatrice e interprete con la sua piccola cantina,
– ma anche dell’avventura che l’ha portata fino in vigna. Poi negli occhi le cogli un non detto, uno sguardo che corre più lontano rispetto alle parole e hai l’impressione che in quella frazione ci stiano tutte le fatiche, i sacrifici, le attese e gli obiettivi di un percorso che è partito da lontano. Dopo un passato da modella, Elisa ha iniziato come sommelier e appassionata prima di approdare al vino.
Oggi il progetto è ancora in itinere ed Elisa lo sa benissimo. Negli scorsi mesi ha lasciato la vecchia sede della cantina per aprire assieme ai soci, i fratelli Bisol, un nuovo capitolo di Maeli, a pochi passi ma in posizione più panoramica, con vista sugli splendidi colli circostanti e nuovi spazi. È molto il lavoro da fare, con il restauro della parte storica del nuovo edificio ancora in corso, a causa dei rallentamenti del settore edilizio, ma visite e degustazioni sono già ripartite a pieno regime (ne abbiamo parlato qui). Poi c’è il vino e, in particolare, c’è il moscato giallo, vitigno del cuore in cui Elisa ha creduto fin da subito, riuscendo a ottenere risultati importanti. Una strada aperta che oggi le mette di fronte anni decisivi, che potranno dire molto anche sull’invecchiamento dell’aromatico principe dei Colli Euganei.
Quando a casa versa un calice per sé, oltre ai propri vini sceglie quelli che parlano la sua lingua. “Generalmente preferisco vini da vitigni autoctoni – dice – preferibilmente da zone vulcaniche o di mare, ancor più da isole, amando molto i vini minerali, sapidi, salini. Preferisco quelli che nascono da pratiche agronomiche e di cantina sostenibili e da vinificazione artigianale. Mi interessano anche i vini di denominazioni poco conosciute o di cantine guidate da donne o con team al femminile”.
E lo sguardo di Elisa, correndo lontano, è andato a posarsi su un inaspettato Solesta Terre Lariane Igt della cantina La Costa, riesling renano direttamente dalle colline della Brianza, e su un bianco di Borgogna, il Puligny-Montrachet 1er Cru Les Folatières di Domaine Michel Caillot.
TERRE LARIANE, STORIE DI DONNE E DI TERRITORI DA SCOPRIRE
“Amo il riesling, soprattutto da Paesi come Germania, Austria e Alsazia – racconta – Un mio collaboratore un giorno mi parla di un riesling che nasce nel cuore della Brianza, a pochi chilometri dal Lago di Como, di una denominazione tutt’altro che famosa, Terre Lariane Igt. L’azienda è La Costa e la produttrice è Claudia Crippa, che è anche enologa ma soprattutto una custode del suo territorio, nel vero senso della parola. Presidente del Consorzio Terre Lariane, è meritevole, insieme ad altri produttori, di aver riportato nel cuore della Brianza una viticoltura di qualità affidata a vignaioli giovani e intraprendenti. I vini di Claudia nascono da uve coltivate con metodi sostenibili, in regime biologico, all’interno di un parco dove la varietà di microclimi e i terreni ricchi di minerali rendono uniche le espressioni dei vitigni coltivati. Stappo i suoi bianchi innanzitutto perché mi piacciono, e poi perché il sorso mi riporta a quel giorno sereno e speciale in cui Claudia mi ha accolta con incredibile gentilezza, dedicandomi il suo tempo, facendomi conoscere la sua famiglia e raccontandomi la storia della sua azienda. Un’eccellenza italiana in un territorio poco conosciuto, a un passo da mete internazionali come Milano e il Lago di Como”.
“Claudia è una donna che mi ha colpita da subito per la serietà e l’impegno profusi nel valorizzare non solo la propria ma tutta la produzione vitivinicola della zona, attraverso la condivisione di idee e strategie con gli altri produttori per il bene del territorio. L’indicazione geografica Terre Lariane, pur non essendo famosa, può contare su produttori giovani, tra cui molte donne, accomunati dalla ricerca della qualità e del rispetto per l’ambiente. Lo tutelano in primis attraverso pratiche agronomiche virtuose e poi con la creazione e la cura di sentieri e itinerari che permettono ai visitatori di scoprire le meraviglie del Parco del Curone. Per me Claudia è un’imprenditrice modello. Partendo dal vino ha saputo creare esperienze di immersione nel territorio, come il pic-nic in vigna o le passeggiate per i sentieri del parco, offrire proposte enogastronomiche basate su piatti e specialità locali da degustare all’agriturismo Cascina Galbusera Nera, vivendo così l’esperienza dell’ospitalità a 360° grazie a una struttura in cui pernottare. Inoltre, produce olio d’oliva, creme biologiche al miele e al rosmarino e un fantastico gin al rosmarino. Talento, coraggio e creatività sono qualità che in una donna apprezzo moltissimo!”
“Ho assaggiato il vino Solesta durante la mia prima visita a La Costa, che ci ha fatto provare molte sue bottiglie e ha reso indimenticabile il nostro pranzo raccontandoci la sua storia e quella della sua famiglia. Solesta 2015 è un blend di riesling renano, chardonnay, e incrocio Manzoni. Il bel colore dorato fa già presagire un corredo olfattivo piuttosto complesso, che spazia dai profumi di fiori bianchi e di erba appena tagliata alla frutta bianca e gialla, anche esotica (spiccano ananas e frutto della passione), la spezia delicata, un pepe bianco, rende più intrigante il bouquet aromatico, dove a sentori minerali e balsamici, fa da sfondo, un intenso ma elegante tono di idrocarburo. Il vino affina per 12 mesi in acciaio, il sorso è asciutto, restituisce freschezza e soprattutto mineralità. Lo trovo ben equilibrato, grazie anche al periodo di affinamento in bottiglia, che lo rende complesso, elegante e sontuoso ma sempre vibrante. Un bianco deciso, di carattere, che si fa bere facilmente e che regala sia al naso che al palato tantissime sensazioni. Un vino che rappresenta la personalità poliedrica di Claudia”.
La Costa si trova a La Valletta Brianza (Lc). Nella una bottiglia di Solesta, che oggi ha rinnovato l’etichetta.
UNA STRETTA DI MANO ATTRAVERSO CALICI CHE PARLANO DEI PRIMI RAGGI DI SOLE
“La Francia per me è sempre stata un punto di riferimento. Anche se ultimamente sono interessata soprattutto alla regione vulcanica dell’Alvernia, la Borgogna è sempre un tuffo al cuore. L’eleganza e la freschezza dello chardonnay sono inimitabili, anche se spesso l’uso del legno può fare la differenza nel valorizzare o addirittura penalizzare il vino. Amo i vini di Domaine Leflaive, grazie a cui ho scoperto questo vino di Michel Caillot, che nasce dal vigneto Les Folatières dove anche Leflaive possiede poco più di un ettaro”.
“Non conosco direttamente il produttore, non sono mai andata nemmeno a visitarlo, ma il vino mi ha incuriosita perché il vigneto da cui nasce, Le Folatières, si trova in mezzo a un pendio pianeggiante, circondato da vigneti Grand Cru ed esposto ad est, ai raggi del sole del primo mattino, che fanno maturare l’uva lentamente, mentre le escursioni termiche contribuiscono a fissare aromi e acidità all’interno degli acini. Infatti i vini sono piuttosto freschi, sapidi ma anche ben equilibrati”.
“Ho assaggiato questo vino circa sei mesi fa e poi ho scoperto dove acquistarlo in zona. Aspettavo la grande occasione, legata per lo più all’esito di una notizia, che però non è mai arrivata. Così ho deciso di aprirla durante un pranzo dove assaggiavamo alcuni chardonnay dal mondo e ha stupito tutti. Non amo particolarmente i vini perfetti, che per me significa equilibrati e armonici. Apprezzo di più i vini un po’ sopra le righe, con acidità croccanti, mineralità e sapidità spiccate, che lasciano un retrogusto anche amaricante o salino. Questo vino è piuttosto lontano dalle mie incursioni enologiche, ma come detto prima, amo la Borgogna, per la franchezza e l’eleganza dello chardonnay, qui valorizzato dallo stile del produttore. Michael Caillot pratica un’agricoltura biologica, e in cantina è molto scrupoloso, predilige tecniche artigianali ed è sostenitore del lungo affinamento sulle fecce, i suoi vini affinano per almeno tre, quattro anni dopo la vendemmia. Les Folatières è infatti un vino pieno, complesso e strutturato, ma sostenuto da buona freschezza e sapidità. Qui il legno è usato magistralmente e un sentore umami rende ancora più interessante questo vino, distinguendolo da versioni troppo austere della stessa area, rendendolo anzi godibile al calice, affinato ma ancora giovane e vibrante. Questa è anche un po’ la mia vision sui vini bianchi. Amo i vini evoluti, fedeli al territorio, ma dove il vignaiolo riesce a far emergere anche la sua interpretazione stilistica, al di là dei protocolli di vinificazione. Assaggiare un vino, vuol dire anche stringere la mano a chi quel vino l’ha aiutato a nascere in vigna e scelto poi come crescerlo ed ‘educarlo’ in cantina…”
L’azienda di Michel Caillot si trova a Meursault e lavora su 13 ettari tra Santenay e Beaune.