L’azienda di Montefalco è stata traino per la riscoperta e il rilancio di un vitigno ostico, ma affascinante. Degustazione di Collepiano e Valdimaggio 2018.
Mettere nero su bianco una degustazione dei sagrantino di Arnaldo Caprai è come accingersi a svolgere un tema su Dante, si ha la consapevolezza che per quanto se ne dica non sarà mai abbastanza.
Ricordo ancora il mio primo Vinitaly, nell’Aprile del 2000 quando lo stand-truck dell’azienda era avvolto da un’aura di mistero e ammirazione. Gli anni sono trascorsi, i Vinitaly non si contano più e le degustazioni mi hanno portato a scoprire vini a produttori affascinanti, ma l’Arnaldo Caprai è sempre lì, intramontabile, nell’Olimpo dell’enologia italiana, fedele al suo vitigno faro: il Sagrantino di Montefalco. Un vitigno storico che da oltre quattro secoli campeggia sulle tavole di principi e cardinali. Un vitigno autoctono dalle rese limitate che ha rischiato di scomparire dal panorama enologico, ma che ha trovato un suo riscatto e una sua valorizzazione anche grazie all’infaticabile lavoro di studio e ricerca dei Caprai, alla volontà di conoscerne a fondo le caratteristiche e le peculiarità, per adattarle al meglio al suo territorio di origine e alle rinnovate esigenze produttive.
RICERCA DI ECCELLENZA
Oggi l’azienda ha un’estensione di circa 150 ettari di cui 136 vitati, tutti appartenenti alle zone DOCG Sagrantino di Montefalco, DOC Montefalco e DOC Colli Martani.
Questa zona gode di un clima continentale con estati calde e tendenzialmente asciutte ed inverni freddi con sporadici episodi nevosi. Le varietà di uve coltivate sono principalmente Sagrantino, Sangiovese, Merlot e Cabernet Sauvignon per i rossi, e Grechetto, Chardonnay e Sauvignon per i bianchi.
I vigneti sono sottoposti ad una intensa attività di ricerca al fine di conseguire la migliore combinazione ottenibile tra fittezza di impianto, forma di allevamento e portainnesto, tale combinazione non deve, tuttavia, prescindere dalla possibilità di una vantaggiosa meccanizzazione delle operazioni colturali, fermo restando l’ottenimento della migliore qualità possibile.
I risultati della sperimentazione hanno permesso di individuare le fittezze d’impianto e le forme d’allevamento ottimali per il sagrantino in funzione delle caratteristiche pedoclimatiche del territorio di Montefalco e in particolare di quelle aziendali. Attualmente, sulla base dei risultati sperimentali, l’azienda impianta vigneti con fittezze piuttosto elevate (circa 7.000-8.000 piante/ha) utilizzando come forma d’allevamento predominante il cordone speronato impalcato a un’altezza di circa 80 cm. Oltre al cordone speronato si stanno sperimentando anche forme d’allevamento estreme, quali alberello e cordone speronato libero basso con fittezze da 8.330 fino a 13.000 piante/ha.
APPUNTI DI DEGUSTAZIONE
Collepiano Montefalco Sagrantino Docg 2018
Uvaggio: sagrantino 100%
Vinificazione e affinamento: fermentazione in acciaio, affinamento in barrique per 22 mesi, poi in bottiglia: almeno 6 mesi
Colore rosso rubino molto intenso con riflessi violacei Al naso si presenta potente e complesso, i sentori di frutta in confettura, in particolare di mora, sono immediati, ma le spezie come pepe, chiodi di garofano e vaniglia, non tardano ad emergere, il finale si caratterizza con una nota balsamica. Al palato è potente e al tempo stesso elegante, con un tannino che fa pensare al futuro. Si abbina con le carni arrostite preferibilmente con un buon contenuto di grassi, gli spezzatini e, soprattutto con la selvaggina di pelo.
Valdimaggio Montefalco Sagrantino Docg 2018
Uvaggio: sagrantino 100%
Vinificazione e affinamento: fermentazione in acciaio, affinamento in barrique per 24 mesi, poi in bottiglia: almeno 6 mesi
Colore rosso rubino tendente al granato. Al naso di presenta molto suadente con profumi di frutta rossa e confettura di ciliegie, delicati richiami alle spezie dolci. Al palato sorprende per la grande freschezza e l’equilibrio, morbido il tannino. Si presta agli abbinamenti dei grandi rossi: arrosti e grigliate di carne, formaggi stagionati.