La famiglia Tava produce manufatti ceramici da tre generazioni, ma l’ingresso nel mondo dei vasi vinari ha permesso alla piccola realtà artigianale di Mori, in Trentino, di esportare in tutto il mondo. Intervista al ceo Francesco Tava.
La famiglia Tava produce manufatti ceramici da tre generazioni. E grazie alla collaborazione e consulenza di enologi e produttori vitivinicoli, da 10 anni ha concentrato grandi attenzioni sulla realizzazione di una gamma di anfore per vinificazione e affinamento.
“Siamo partiti dalla tradizionale produzione di anfore presenti in Italia, Spagna e Georgia – spiegano da Mori, in Trentino – per dare vita ad un’anfora per vino unica. L’unione di tradizione e nuove soluzioni costruttive ci ha permesso di realizzare un’anfora che garantisce a pieno la conduzione dei processi enologici”.
Da un piccolo borgo sotto le montagne trentine al mondo, oggi Tava è un marchio tra i più dinamici del made in Italy di anfore vinarie. E proprio perché gli artigiani lavorano con grande cura, sviluppando molti processi a mano, oggi si sta affermando in tutte le regioni enoiche del mondo.
Francesco Tava, terza generazione oggi alla guida dell’azienda, affronta il tema dei contenitori enologici senza estremisti, consapevole di offrire al mercato prodotti che possono integrarsi con altre tradizioni (dal legno al cemento) con un unico obiettivo: elevare la produzione del vino.
Francesco, come si è chiuso il 2022 per Tava?
“L’anno si è chiuso con un incremento significativo dei volumi di vendita, che sono sostanzialmente raddoppiati. Le anfore prodotte nei vari formati hanno superato le duemila unità. Attualmente il mercato estero costituisce il 75%; la Francia (e in special modo Bordeaux) è sicuramente la zona di maggior diffusione. A livello globale collaboriamo con più di 1.400 realtà vitivinicole distribuite in tutte le zone di produzione vitivinicola”.
Quali sono i driver di questa crescita?
“A nostro avviso le motivazioni di tale crescita vanno ricercate in una molteplicità di fattori concomitanti, quali ad esempio la ricerca di vasi vinari meno impattanti dal punto di vista organolettico, la volontà di valorizzare la materia prima proveniente dalla campagna e sicuramente una componente di fascino nell’uso di uno strumento così arcaico”.
Il mondo anfora cresce per moda? Per consapevolezza? Per qualità?
“Come spesso accade, i fenomeni economico/sociali sono determinati da una molteplicità di concause ed equilibri. Vi sono realtà che cercano nell’anfora uno strumento con cui poter tradurre uva e territorio dal punto di vista enologico con la minor interferenza possibile, altre invece sono sicuramente spinte da fattori commerciali”.
Cosa è cambiato tra le anfore di qualche anno fa e quelle di oggi?
“Le anfore sono profondamente cambiate ed è anche grazie a questo che ora trovano spazio in moltissime realtà vitivinicole che fino a poco fa non avrebbero mai preso in considerazione questo contenitore. Il controllo sulla materia prima, la precisione artigianale nella forgiatura e la possibilità di governare il processo di trattamento termico attraverso l’uso di forni moderni hanno reso possibile la produzione di anfore enologiche adatte all’utilizzo nelle cantine che richiedono la massima attenzione qualitativa”.
Come è cambiato il mercato e come è cambiato il vino?
“Il mercato del vino in anfora si sta evolvendo in breve tempo, il consumatore inizia a richiedere in maniera specifica questa tipologia. Per quanto riguarda il vino, volendo provare a cogliere dei tratti generali, si assiste ad una volontà di proporre vini senza sovrastrutture eccessive, privilegiando la capacità di rappresentare territorio, uva e persone attraverso una facilità di beva fino ad ora poco considerata”.
Voi lavorate anche con regioni vinicole di lunga tradizione. Qual è l’appeal dell’anfora?
“Il fascino dell’anfora è legato a molti fattori. Sicuramente fra quelli predominanti c’è il desiderio di utilizzare uno strumento che non influenzi con le sue caratteristiche il vino dal punto di vista organolettico e allo stesso tempo c’è il fascino di tornare all’utilizzo del primo contenitore impiegato dall’uomo nella produzione del vino”.
Il made in Italy pesa in questo mercato?
“Credo che la capacità artigianale e l’ingegno presenti nel tessuto produttivo italiano permettano di fondere aspetti quali l’artigianalità, le nuove tecnologie e la cura dei dettagli in un oggetto capace di rappresentare i vertici qualitativi in ogni parte del mondo”.
Come competitor del legno, qual è lo scenario del rapporto con gli altri materiali?
“Collaboriamo con aziende che producono vasi vinari di altri materiali e, nell’ottica di una produzione enologica sempre più volta alla qualità e alla capacità di trasformare l’uva in vino con minor interferenze possibili, riteniamo necessaria la coesistenza di differenti materiali e tecnologie per riuscire a rispondere alle molteplici e variegate richieste delle realtà vitivinicole”.
Ci fai una sintetica distinzione tra anfora e cocciopesto e cemento e claiver?
“Le differenze stanno nella materia prima impiegata e nella tipologia di realizzazione.
Cocciopesto è un materiale cementizio quindi non prevede cotture. Sostanzialmente aggiunge all’interno dell’impasto cementizio una certa quantità di graniglia ceramica ma a mio avviso è assimilabile al cemento da sempre utilizzato nella realizzazione di vasi vinari.
Il clayver è costituito da grès, un materiale ceramico a base compatta che attraverso la vetrificazione durante il trattamento termico riesce ad ottenere caratteristiche quali resistenza e impermeabilità.
Per quanto riguarda il materiale ceramico che costituisce le anfore, è variabile a seconda della zona e della tradizione.
Noi abbiamo scelto, attraverso la miscelazione di argille diverse, di creare un impasto che ci permetta di ottenere un elevatissima resistenza fisico/chimica e allo stesso tempo consenta una regolazione ottimale della porosità, rendendo possibile la creazione di anfore differenti per differenti esigenze enologiche”.
Chi dice che il legno è più stabile dell’anfora dice giusto?
“Il legno per le sue caratteristiche intrinseche è soggetto a variabili incostanti nel corso della crescita dell’albero. Questo significa che uno dei compiti più impegnativi dei produttori di botti in legno è quello di tentare, attraverso processi produttivi e tostature, di creare una prestazione costante e prevedibile da offrire alle cantine. Il controllo della materia prima e dei processi possibile nella ceramica consente una costanza e stabilità impensabili nel legno”.
Quali sono le prospettive che vedi da qui a 5/10 anni?
“Personalmente mi auguro che si riduca l’effetto più effimero della moda nell’utilizzo di questi recipienti e, nell’arco di qualche anno, possano iniziare ad essere considerati parte dell’attrezzatura usata in cantina per condurre al meglio specifiche pratiche enologiche”.
Espansione internazionale: quali mercati sono più ricettivi?
“Attualmente Francia e Italia sono i mercati più consistenti, ma stiamo notando come la crescita sia costante anche nelle altre principali zone a vocazione enoica: nord e sud America, Sudafrica, est Europa, Nuova Zelanda e Australia”.
Anfora e denominazioni italiane: quali territori sono più sensibili al fascino della terracotta?
“Le regioni dove si sta diffondendo l’uso dell’anfora ricalcano le regioni dove il comparto enologico è più presente: Piemonte, Toscana, Veneto. Sostanzialmente in ogni regione si sta assistendo ad un incremento dei vini in anfora”.
Nuovi progetti e potenziale di espansione?
“Investiamo molto in ricerca, per incrementare costantemente la qualità dei nostri prodotti e servizi. Da poco abbiamo aperto una nuova società che si occupa di produrre macchinari su misura per particolari ambiti enologici”.