Un tuffo nei calici di Valentina di Camillo, dell’abruzzese Tenuta I Fauri, che si lascia ispirare dalle Marche del verdicchio e stupire dalle bollicine di Gavi. Parola-chiave: “trasgredire le regole”.
“La tradizione bisogna conoscerla, ma si possono trasgredire le regole”. Per riassumere la filosofia della Tenuta I Fauri, azienda vitivinicola familiare nel cuore della provincia di Chieti, si potrebbe partire dalle parole di Valentina di Camillo. Di questa piccola realtà familiare tra cemento e vigneti, con la Maiella alle spalle e di fronte l’Adriatico, Valentina è l’anima narrante e comunicativa. Taglio sbarazzino, sguardo veloce e battuta pronta. Che la incontriate in cantina o ai banchi d’assaggio, probabilmente il primo aggettivo che vi salterà alla mente nel conoscerla sarà ‘esplosiva’. “Una volta ero timida, ma poi mi hanno detto che dovevo vendere il vino, così mi sono organizzata anche col carattere”, ride.
“Mi sento il braccio destro di mio fratello Luigi e sono orgogliosa di esserlo, una sorta di enologo in seconda”, dice Valentina. La cantina in precedenza lavorava per conferire uve alle cooperative del territorio, prima della scelta di iniziare a produrre e imbottigliare il vino con la propria etichetta. “Abbiamo provato a costruire le nostre basi su quello che avevamo: il cemento e ci abbiamo sempre creduto fermamente – spiega – Per noi è il contenitore che meglio riesce a esprimere il vitigno montepulciano”. E riguardo le trasgressioni afferma, “con mio fratello condivido la libertà di non essere soggiogati dalla tradizione. Ogni tanto ci concediamo fuori pista, errori e sperimentazioni, che ci piace tanto fare. Si lavora con l’idea di raccogliere sempre un’uva sana, interpretare l’annata e fare un vino artigianale che rifletta il territorio, ma senza esserne schiavi. Se ci va di dare di matto e fare delle prove, lo facciamo”, aggiunge.
Un’idea che probabilmente deve molto a un approccio ‘libero’ nella gestione dell’azienda, che è stata avviata dal padre Domenico prima di essere passata ai figli. “Un giorno – racconta Valentina – mi hanno chiesto quanto l’eredità di mio padre avesse influenzato mio fratello nel fare il vino. Quando abbiamo iniziato, l’azienda era già stata costruita da lui ed è stato sempre lui a occuparsi delle prime prove di imbottigliamento, nel momento in cui mio fratello è arrivato in cantina. Nonostante questo, non ha mai voluto influenzare Luigi con la sua visione del vino e da un lato la trovo una grande libertà”.
E a parlare di vino, pare proprio questo lo stesso approccio che colpisce Valentina nei colleghi in giro per l’Italia per il mondo. “Di vino ne bevo moltissimo!”, dice la produttrice, nella cui cantina passano tante bottiglie, di amici viticoltori e non, ma senza mai sostare troppo a lungo. Una delle sue passioni è il Verdicchio e poi ci sono le bollicine, tra le quali emerge anche un insolito metodo classico da uve cortese.

Valentina di Camillo di Tenuta I Fauri
LA ‘NEW WAVE DEL VERDICCHIO’
“Roberto Cantori è una persona timida, che fa dei grandi Verdicchio”, dice Valentina, che racconta di aver conosciuto il vigneron di Fattoria Nannì in una giornata qualunque, per poi innamorarsi dei suoi vini. “L’ho conosciuto perché mi era vicino di banchetto a una degustazione a Roma e ho assaggiato questo verdicchio… è incredibile, mi sono detta. Il Verdicchio è un vino che per tanti versi mi ricorda un po’ il nostro Pecorino: scalpita, è vivo, nervoso, nonostante abbia questa grandissima presenza e struttura. Come tutti i grandi vitigni, li puoi banalizzare spingendo su macerazioni e legni, oppure ne puoi fare delle versioni in cui metti una tua visione. Quella di Roberto qualche anno fa mi ha lasciata stupita. Mi sono trovata di fronte questo bicchiere che scalpitava e lui, un ragazzo molto timido, che mi raccontava del vino in maniera intima, quasi come se fosse geloso del rapporto che ha col vino, con le sue vigne e con la sua azienda. Da lì è iniziata storia di amicizia, rispetto e profondissima stima”.
Le Marche del verdicchio per Valentina sono una terra fertile. “C’è una generazione di ragazzi marchigiani, che sta lavorando molto bene. È stato Riccardo Baldi de La Staffa– un altro amico – ad aprirmi la porta verso questi produttori. C’è un fermento interessante che dura ormai da qualche anno e che potrebbe esser preso come esempio per tutte le nuove generazioni di vignaioli ed enologi”. E in questi produttori rivede la stessa libertà con cui lei e suo fratello si lasciano incuriosire dalle novità. “Forse il vantaggio di questo movimento marchigiano sta nel non avere alle spalle una forte tradizione familiare. Forse è questo che spinge la voglia di andarsi a cercare l’ispirazione sperimentando”.

Origini, il Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg di Fattoria Nannì
QUANDO IL GAVI SI FA BOLLA
Un’azienda piccolissima, che nel Gavi produce una bollicina dalle uve cortese. “Francesca Poggio l’ho conosciuta tramite le Donne del Vino”, racconta Valentina. “È una piemontese Doc che da Milano, dove lavorava nel settore immobiliare, decide di tornare nel Gavi, riprendendo una piccola tenuta di proprietà della madre, per dedicarvisi a tempo pieno. Oggi l’azienda si chiama Il Poggio di Gavi e la vede impegnata tra cantina e bed and breakfast. Oltre al Gavi nell’espressione più classica di vino fermo, da qualche anno sta sperimentando un metodo classico, che poi è diventato ancestrale. Ho aperto recentemente una magnum del 2015 e non mi aspettavo tanta complessità. Sai, alle volte il metodo classico può scivolare in qualche pesantezza in più, una bolla grossolana, che di tanto in tanto può affaticare. Francesca non ha tutta questa storicità di cantina, ma la sua bolla è ben fatta, di struttura, allo stesso tempo mantiene scorrevolezza, chiamando un secondo calice senza stancare. La 2015 tra l’altro è stata un’annata calda, non proprio facile, ma è riuscita a mantenere la freschezza nel bicchiere.
Sarà perché Francesca è una produttrice che riesce a tenersi coi piedi per terra. I piedi li ha ben radicati nel suo territorio, il Gavi, che è considerato un ‘figlio minore’ del Piemonte. Io non lo conoscevo molto bene, finché non ci sono andata a sbattere per visitare lei e devo dire che, per me, non ha assolutamente niente di minore. Nonostante un metodo e una pulizia che sono il riflesso di questo territorio, Francesca riesce a trasmettere nei suoi vini la propria personalità, fresca e vivace. Forse è proprio questa la sorpresa che non ti aspetti di trovare e che invece ti colpisce”.

Francesca Poggio, Spumante Metodo Classico Gavi Docg del Comune di Gavi