Arillo in Terrabianca, un progetto etico per Adriana ed Urs Burkard

di Giambattista Marchetto

La realtà vitivinicola di Arillo in Terrabianca ha tre anime distinte – Terrabianca a Radda in Chianti, Il Tesoro a Massa Marittima e Colle Brezza a Pienza – ma un’unica visione del vino come stile di vita etico. Intervista a Adriana Burkard.

La storia di Terrabianca si intreccia nel 2019 con quella della famiglia italo-svizzera dei Burkard. “Sono Adriana e Urs, con l’acquisizione delle tenute Terrabianca e Il Tesoro, a cambiare il destino della cantina, mossi dalla voglia di dare vita a un progetto radicato nella storia vitivinicola toscana che punta a diventare un modello contemporaneo di realtà eco-sostenibile”.

Adriana e Urs Burkard nei vigneti di Arillo in Terrabianca

Adriana e Urs Burkard nei vigneti di Arillo in Terrabianca

Il Consorzio del Chianti Classico introduce con queste parole a quell’incrocio di destini che è il presente di Arillo in Terrabianca. Un piccolo mosaico di identità enoiche toscane, che ha appena iniziato a comporsi e che nei sogni di Adriana ed Urs dovrà crescere in termini di consapevolezza, sostenibilità, valori. E ascoltando il racconto di Adriana Burkard a VinoNews24 si comprende la natura personale, quasi intima di questo progetto di realtà vitivinicola unica con tre anime distinte: le tenute Terrabianca a Radda in Chianti, Il Tesoro a Massa Marittima e Colle Brezza a Pienza. Un mosaico che muove dalla centralità dei terroir.

Adriana Burkard, cosa significa per voi il progetto Arillo?
Per me e per Urs era un sogno nel cassetto e lo coltivavamo da tantissimo tempo. Per me, in particolare, è sempre stato forte il desiderio di tornare alle origini della mia famiglia in Italia. Condividevamo l’idea di un ritorno e abbiamo iniziato a cercare una proprietà da poter acquisire. Inizialmente doveva essere solo un luogo ameno in cui costruire la nostra base in Italia.

Perché avete scelto la Toscana?
Le mie origini sono emiliane e poi la famiglia si trasferì in Liguria. La Toscana sembrava un buon compromesso. E poi è un territorio meraviglioso, con le colline e il mare. Perfetto per una scelta di vita.

Poi invece il destino ha spinto in altre direzioni?
Sì, perché il nostro arrivo in Toscana è in primis legato a Colle Brezza, nell’area di Pienza. Poi però il caso ha voluto che ci mettessero in contatto con la famiglia proprietaria dell’azienda agricola Terrabianca. Quando abbiamo visto la tenuta, è stato amore a prima vista. E non solo per la bellezza del luogo, ma anche perché l’ormai ex proprietario lavorava in azienda e ci ha conquistato lo spirito con cui ha portato avanti questo progetto agricolo e vinicolo per trent’anni.

A quel punto avete fatto il grande passo?
Sì, abbiamo deciso di investire sul futuro. E abbiamo messo le basi per un progetto a 360 gradi che avesse un focus preciso su innovazione e sostenibilità.

Fare vino non è una cosa semplice, non crede?
È parte del progetto. Anzi, è un tassello essenziale di una visione che si sta realizzando con molto lavoro e molta attenzione. Per noi è una eredità per le generazioni future.

Dunque avete alzato l’asticella rispetto al semplice progetto agricolo?
Io vedo il progetto vino iscritto in un più ampio percorso che guarda al lifestyle. E non intendo nel senso leggero del termine, piuttosto come stile di vita che guarda alla sostenibilità ambientale, sociale, economica. Questa azienda deve diventare self sustainable da tutti i punti di vista, per le persone che ci lavorano e in termini di impatto ambientale.

Un progetto ambizioso…
Certo, senza dubbio. Per questo stiamo collaborando con l’università per costruire un progetto a tuttotondo. Stiamo studiando le colture idroponiche e la gestione delle acque.

Come si fa del vino un valore?
Lavorando bene, secondo me. Lavorando eticamente, dimostrando con i fatti che si può fare bene e raccontare bene, che si possono mettere in pratica principi etici e poi trasmetterli.

arillo in terrabianca vigneti adriana burckard

i vigneti di Arillo in Terrabianca nel Chianti Classico

In quest’ottica si inserisce anche il vostro progetto dedicato all’enoturismo?
È tutto coerente. Ci deve essere un filo conduttore che permetta al visitatore di fare esperienza a tuttotondo della nostra filosofia. Anche per questo abbiamo voluto portare ad Arillo anche un progetto artistico, tanto che avremo una vera galleria d’arte in cantina, così come avremo una proposta di ristorazione eccellente. Fuori dalla porta delle nostre strutture, poi, fi deve essere un mondo di bellezza e per questo stiamo pulendo e ristrutturando i boschi e i sentieri sui nostri terreni.

Quali saranno le tappe?
Abbiamo definito delle milestone, perché non è possibile realizzare tutto nel breve termine. Prima di tutto si sta lavorando sulla cantina, che verrà ristrutturata con l’intervento progettuale dell’architetto Mario Botta. Sarà un progetto di spazi al servizio del vino, ma in armonia con l’ambiente. Botta ha sposato la nostra visione e vuole dare spazio all valorizzazione dell’area del Chianti Classico.

Come si legano arte e vino?
Si integrano. E infatti vedo il vino come legato a un progetto di lifestyle, per cui fare vino corrisponde al fare artistico. Mio marito e mio figlio sono architetti d’interni e quindi la bellezza è una componente importante per la nostra famiglia. Ora sono già presenti a Radda in Chianti alcune sculture e ne avremo altre. Inoltre avremo una esposizione adiacente al ristorante con opere di Wolfgang Beltracchi, uno dei più noti falsari che oggi è un artista riconosciuto. È un amico di famiglia. D’altra parte ogni pezzo nella proprietà deve avere un valore per noi, deve avere un link con il nostro lavoro.

Avete voluto anche valorizzare il Gran Selezione di Arillo con un’etichetta d’artista…
Sì. Riproduce un bronzo monumentale, una figura sciamanica realizzata da un artista sudafricano, il cui lavoro esplora l’equilibrio perduto tra uomo e natura. Indica la simbiosi con la terra che noi cerchiamo.

Come vedete Arillo da qui a 5 anni?
La vedo come un’azienda riconosciuta per la qualità del lavoro e per la radice etica, vedo una importante affluenza di turisti e un impegno costante per proporre eventi speciali. E poi deve essere una cantina concentrata su qualità e identità.

 

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