Hvar, il rinascimento del vino che viene dal mare

di redazione

Una panoramica di assaggi dall’isola di Lesina, dove il vino si avvia verso una nuova rinascita.

di Eugenia Torelli, note di degustazione a cura di Federica Borasio

Il più antico insediamento agricolo di origine greca parla croato, anzi, per la precisione parla un dialetto misto tra il croato e il veneziano, quello di Hvar.

Hvar – o Lesina da dopo la dominazione veneziana – è una delle più note isole dalmate e si trova al largo di Split (Spalato), tra le isole di Brač e Korčula. I greci sono arrivati qui nel 385 a.C. e hanno fondato nella piana di Stari Grad (Cittavecchia) una colonia agricola i cui appezzamenti, suddivisi da muretti a secco, si sono conservati fino ad oggi, tanto da diventare Patrimonio Unesco.

Il vino si fa più o meno da allora e ha ricoperto un ruolo importante nella storia dell’isola. Oggi, nell’era del turismo di massa e dell’abbandono dei terreni agricoli più difficili, proprio il vino resta un elemento di identità e di legame, tra chi sfida terreni rocciosi, pendenze eroiche e inverni solitari.

La piana di Stari Grad a Hvar

la piana di Stari Grad a Hvar, photo credit Nikola Radovani

Tredici anni fa è nata la Hvar Winemakers’ Association (Hvar Otok Vina), che mette assieme 17 produttori e organizza attività promozionali, degustazioni e incontri, per far conoscere la cultura enoica isolana e i suoi calici. L’obiettivo è valorizzare i vini e i vitigni locali, per arrivare gradualmente a ricostruire un settore produttivo che in passato aveva tutto un altro volto. “Circa un secolo fa avevamo oltre 5.600 ettari di vigneti, mentre oggi sono circa 300 – dice Ivana Krstulović Carić, presidente dell’associazione e produttrice – Hvar aveva una grande produzione, che si esportava anche verso la Francia e Jelsa – uno dei principali centri in riva al mare – è stata un porto importante. Da qui sono partite navi cariche di vino quando l’Europa è stata colpita dalla crisi della fillossera, che qui è arrivata in un secondo momento”.

Così si lavora di enoturismo e di attività formative, coinvolgendo la comunità e le autorità nazionali, anche appoggiandosi al Museo del vino di Hvar, Viticulture collection Pitve, aperto nel borgo di Plitve grazie allo splendido recupero della vecchia scuola del borgo.

vigneti della zona centrale di Hvar, nei pressi del Museo di Pitve

vigneti della zona centrale di Hvar, nei pressi del Museo di Pitve, photo credit Nikola Radovani

TERRENI, UVE E VITICOLTURA A HVAR
Quasi 300 km quadrati disposti in forma allungata, 68 km da ovest a est per circa 11 da nord a sud, tra colline e alture fino a 628 m, alcune vallate, zone pianeggianti (non molte) e ovviamente spiagge. A Hvar la viticoltura occupa appezzamenti distribuiti un po’ a macchia di leopardo e dove riesce a ritagliarsi spazio tra le rocce. Sì, perché il paesaggio odierno dell’isola – che è sempre stata rocciosa – deve molto a millenni di attività umana in cui le rocce sono state spaccate e rimosse per ricavare terreno coltivabile e costruire edifici. Non è raro che molti vigneti si trovino su terreni terrazzati o delimitati da muretti a secco (un po’ come l’antico insediamento greco di Stari Grad).

Semplificando, le zone identificabili per microclima e caratteristiche del terreno sono più o meno sette. Lungo la costa a sud dell’isola c’è la zona delle cosiddette “spiagge” (Sv. Nedjelja, Jagodna, Ivan Dolac, Medvid Bod, Zavala, Gromin Dolac). Qui i fianchi scoscesi dei rilievi montuosi scendono direttamente verso il mare e la viticoltura si spinge su terreni calcarei e rocciosi dalle pendenze che possono raggiungere i 45°. Inutile dirlo, si tratta di viticoltura eroica e prima che venisse aperta la strada – ancora bianca e in fase di ampliamento – che percorre la scogliera, per portare via l’uva bisognava utilizzare la barca. Sono rocciosi anche i terreni dell’altopiano di Vorh (circa 400 metri slm) nella zona centrale dell’isola e quelli nell’estremità più orientale. Nel versante nord, nella parte centrale dell’isola (Pitve, Vrisnik, Svirče, Vrbanj, Dol), si trovano numerose vigne terrazzate e terreni dalle caratteristiche più variabili, da rocciosi a sabbiosi e argillosi. Si tratta di una zona più ricca d’acqua, vegetazione e altre colture. Anche tra Milna e Lesina, nel versante sudovest dell’isola si concentrano i terrazzamenti, su suoli calcarei e marna, mentre gli appezzamenti pianeggianti si dispongono a Jelsa, con terreni dalla composizione altrettanto variabile, ma per lo più profondi e molto fertili, presenza di argille e carbonati, e nell’area di Stari Grad, dove si concentrano terre rosse di origine argillosa e dolomitica. Infine, le vallate (Sv. Luka, Grebišća, Sv. Klement e altre) offrono terreni sabbiosi e sabbioso-argillosi.

Hvar, un vigneto nella zona di Stari Grad

Hvar, un vigneto nella zona di Stari Grad, photo credit Nikola Radovani

Tra le forme di allevamento tradizionalmente più diffuse c’è sicuramente l’alberello e le varietà di uve coltivate sono il risultato di un processo di scambi ed evoluzioni agricole – ma anche socioeconomiche – che hanno attraversato l’isola per secoli. Nella storia recente, è sicuramente stato determinante l’avvento della fillossera, che – sebbene qui sia arrivata con ritardo rispetto al resto d’Europa – ha ridisegnato il panorama ampelografico dell’isola.

La scarsissima presenza di vitigni internazionali (merlot, cabernet franc e cabernet sauvignon) fa di quest’isola un piccolo forziere di biodiversità; oggi la varietà più diffusa è il rosso plavac mali, seguito dai bianchi bogdanuša e pošip (originario dell’isola di Korčula). Tra i bianchi ci sono poi prč e marastina mentre tra i rossi si aggiungono darnekuša e tribrigrad, l’equivalente del primitivo. Non mancano ovviamente cabernet sauvignon e merlot, tra gli internazionali.

vigneto di plavac mali, sulla costa a sud di Hvar

vigneto di plavac mali, sulla costa a sud di Hvar, photo credit Nikola Radovani

VINI DI HVAR: DOVE SIAMO E DOVE STIAMO ANDANDO
Rossi potenti, sapidità distintive e un potenziale espressivo che chiede tempo, soprattutto per alcuni vitigni. Dalle degustazioni dei vini di Hvar emerge soprattutto questo. Sono vini che parlano di sole e di mare. Il primo lo si ritrova soprattutto nelle potenze alcoliche dei plavac mali, per i quali alcuni dei terreni più vocati vengono identificati nelle pendenze e nelle esposizioni a sud delle “spiagge”. Spesso per quest’uva si cerca anche la surmaturazione in pianta. Delle escursioni termiche, del clima marittimo e delle caratteristiche dei terreni beneficiano invece acidità e profumi, oltre a una certa sapidità, nettamente riconoscibile quando si confrontano i sorsi con quelli di altri vini dal resto della Dalmazia.

Le aziende vanno da dimensioni medie a piccole e piccolissime, e dagli assaggi emerge chiaramente come alcuni vini abbiano bisogno di più tempo in cantina per esprimersi. Fanno fatica a ottenerlo, compressi tra domanda del turismo – principalmente americano – piccole dimensioni delle aziende, che portano spesso a esaurire la produzione entro la stagione. Una storia conosciuta, comune anche ai vini di diverse zone turistiche d’Italia e che qui riguarda in particolare i bianchi da pošip (vitigno originario dell’isola di Korčula) e i rossi da plavac mali. Il primo, assaggiato da una bottiglia del 2018 rende bene lo spessore che può raggiungere anche quando non pensato per l’invecchiamento. Il secondo, assaggiato in un’espressione dell’annata 2013, mitiga col tempo la ruvidità del tannino, integrandolo in un sorso scorrevole e setoso, seppur alcolico.
Allo stesso tempo, le espressioni dei vini bianchi più giovani da bogdanuša, prč e i blend offrono alla tavola un accompagnamento beverino e gradevole. Mentre meritano una segnalazione i vini da darnekuša, varietà ormai piuttosto rara e dalla bassa resa, che dona un colore rosso rubino scarico, freschezza e caratteristiche per le quali forse il richiamo più diretto è al pinot nero.

Al netto degli assaggi, l’impressione forse più chiara è che i vini di Hvar si trovino in un momento delicato della loro storia, l’inizio di una nuova fase di sviluppo, quando si è raggiunta una consapevolezza condivisa in termini di qualità e ci si trova a decidere come proseguire per crescere. Le aziende hanno ampio margine di evoluzione e stanno in gran parte, più o meno faticosamente, facendo investimenti, ampliando gli spazi e migliorando le tecnologie in cantina. Probabilmente è proprio in questo momento che bisogna insistere nell’esplorare le possibilità dei vitigni, studiare quello che si sta facendo in altri paesi e pensare bene a dove si vuole andare. Si va verso un gusto più internazionale o si esaltano le caratteristiche di ciò che si ha, pur con la fatica di trovare il proprio target ideale di consumatori? È il solito tranello e il bivio lo riassumono bene le parole di un produttore: “Non sono convinto del plavac mali vinificato in purezza – dice – credo sia meglio in blend con merlot e cabernet. Da solo è più difficile da capire e fatica a emergere nei concorsi internazionali”. La cosa divertente è che il suo plavac mali in purezza è proprio buono, uno dei migliori degustati. C’è chi invece si ispira alla determinazione di Angelo Gaja, che nei vini di quest’isola aveva riconosciuto un grandissimo potenziale. Allora forse la differenza la fa soltanto crederci ed essere abbastanza orgogliosi e testardi da tirare a diritto, finché gli sforzi non saranno ripagati. Tirare a diritto, uniti, con le orecchie aperte e gli occhi all’orizzonte, perché sotto i piedi e in cantina questi produttori hanno un tesoro che devono trattare con tutta la cura possibile. È questa la fiducia da riporre nei vignaioli dell’isola. Ma quello di Hvar è sempre stato un popolo di viaggiatori, che prima o poi ritorna e mette a frutto quello che ha imparato.

vigneti sulle sabbie, nella zona a nord di Hvar

vigneti sulle sabbie, nella zona a nord di Hvar, photo credit Nikola Radovani

APPUNTI DI DEGUSTAZIONE
Fatta una panoramica sulle caratteristiche dei vitigni (e dei vini) dell’isola, le degustazioni hanno rivelato nel calice vini con un ottimo potenziale di invecchiamento, intensi, con tannini fini, sorso elegante e una salinità caratteristica che è stata il trait-d’union dei diversi assaggi. Di seguito una selezione dei più interessanti.

Bogdanuša

Tomić – Bogdanuša 2022
Colore giallo paglierino, ha naso di macchia mediterranea e note gessose che anticipano un sorso pieno, con una bella tensione tra salinità e acidità. Un vino interessante, ideale in abbinamento a piatti di pesce semplici.

Carić – Bogdanuša 2022
Giallo paglierino, al naso alterna note di mango con sensazioni floreali e note di sambuco. Sorso fresco, acidità media e salinità meno possente, che resta però sul finale accanto a sensazioni leggermente ammandorlate.

Vina Ventus – Bonaca, Bogdanuša 2022
Giallo paglierino scarico, con naso minerale e salino. L’ingresso in bocca è inaspettato e apre con sorso polposo e fruttato, con un’acidità che emerge ma sfuma via rapidamente lasciando spazio al sale.

Pošip

Vujnović – Pošip 2022
Giallo paglierino. Naso con sensazioni luppolate e minerali. Sorso di buon corpo, con salinità evidente affiancata da leggere note fruttate.

Carić – Pošip 2022
Giallo paglierino. Naso più dolce con note floreali di ginestra e tiglio, affiancate da sentori di frutta esotica. Sorso fruttato con note esotiche che rimandano al mango e alla frutta a polpa bianca. Chiude salino e persistente.

Luviji – Pošip 2022
Giallo paglierino. Naso di frutta a polpa bianca. Sorso acido e strutturato, con una bella parte fruttata che sul finale cede alla consueta vena salmastra.

Opz Svirče- Pošip De Luxe
Giallo paglierino dorato. Al naso emergono i tipici aromi mediterranei di erbe aromatiche con leggeri sentori fruttati, che si ripropongono al sorso sotto forma di pesca in sciroppo. Assaggio morbido e sapido in chiusura.

Blend bianchi e altre uve

Vujnović – Prč 2022
Giallo dorato. Al naso ha bouquet mediterraneo con note di frutta esotica. Sorso caldo e morbido, con aromi fruttati sferzati dalla consueta nota sapida

Carić – Nedija 2021(pošip, prč, bogdanuša)
Giallo dorato. Naso con note di uva passa e scorza di arancia candita. Sorso corrispondente, con bella alcolicità che cede il passo alla ormai consueta chiusura sapida.

Rosé

Tomić – Rosé Opolo Nobile 2022 (plavac mali) 
Rosa salmone con lievi riflessi aranciati. Al naso torna (finalmente) il frutto (ciliegie e frutti a bacca rossa), che si ritrovano in bocca addolcendo un sorso comunque acido e salino. Il più equilibrato dei rosé assaggiati fino ad ora. Finale persistente e fruttato

Hvar Hills – Rosé Pius 2022 (grenache) 
Rosa antico. Al naso ha note di rosa e lampone, che ritornano al sorso accompagnati da freschezza e equilibrata acidità. Chiusura leggermente sapida e profumata.

Plancić – Roza 2021
Rosa antico delicato. Un naso di petali di rosa, gelsomino e pesca. Al palato è bilanciato nella morbidezza e nelle acidità, salato sul finale. Una bel calice, che si presenta giovane e l’impressione è che possa attendere ancora un anno o due.

Darnekuša

Plancić – Darnekuša 2017
Un bel rosso rubino vivo, scarico e lucente. Naso di tabacco, salvia, pepe, visciola. Al palato si dimostra fresco, velato da un tannino dalla grana fine e fitta, che lascia sensazioni di foglia di tabacco e cenere. Scorrevole ed elegante.

Plavac mali

Opz Svirče – Ivan Dolac Plavac Mali 2013
Rosso rubino con riflessi aranciati. Naso con note balsamiche, sorso più disteso ed equilibrato, con note di frutti scuri (mora di gelso) appassiti.

Luviji – Divjok 2019
Rosso rubino quasi impenetrabile. Al naso emergono sensazioni di confettura di mora e ribes, ma anche note di mora sotto spirito. Al sorso è assolutamente coerente, con un tannino importante che interseca in apertura una lieve sensazione sapida. Bocca profumatissima sul finale, lungo.

Zlatan Otok – Zlatan Plavac 2017
Rubino intenso. Naso di frutta rossa matura. Sorso morbido e di personalità che ritrova il frutto e lo alterna a un’alcolicità piacevole ma non sovrastante, per chiudersi con una leggera nota amaricante (tè nero). Finale lungo.

Tomić – Plavac Mali 2016
Rosso rubino. Naso con note animali e polpa di frutti rossi e una puntina di legno. Al sorso è sapido, fresco, vibrante, con una piacevole nota floreale di rosa che ingentilisce l’alcol e rende il sorso equilibrato ed elegante. Da riassaggiare fra qualche anno.

Hvar Hills – Pharos Maximus, Plavac Mali 2015
Rosso rubino intense tendente al porpora. Al naso ha note di visciola e sensazioni balsamiche di pino e bacche di ginepro. Sorso apre morbido e dolce, tannico ma in equilibrio con acidità. Chiude sapido e lascia una bella bocca profumata. Ottimo.

Pavičić – Plavac mali premium selection 2020 (solo 600 bottiglie dalla parte a sud dell’isola)
Rosso rubino scuro e intenso. Un naso di tabacco, prugna essiccata e nespola, cacao. Al palato è fresco e vellutato ma con una bella scorrevolezza, corroborata dal calore. Il sorso porta con sé tabacco, liquirizia e cacao, con sfumature di caffè sul finale. Un calice importante e meditativo.

Blend rossi e altre uve

Zlatan Otok – Zlatan Crljenak, Zinfandel 2018 (tribidrag)
Rosso rubino intenso. Naso animale. Al sorso l’ingresso è caldo, con un frutto succoso e un’alcolicità più contenuta rispetto ai campioni precedenti che si alterna a una buona acidità. Chiude profumato e persistente.