In Italia la tequila fa boom: l’import cresciuto da 75mila a 2,6 milioni di litri in dieci anni. E ora i distributori puntano sul prodotto premium.
Da meno di 100 milioni di litri esportati nel 2000 a quasi 420 milioni di litri raggiunti nel 2022: i numeri parlano chiaro e il tequila (el tequila, in spagnolo) sta “esondando” nel mondo, con gli States a fare da traino.
Il vero boom però è in Italia: se solo nel 2012 il Belpaese era il fanalino di coda tra i big europei come destinazione di tequila, fermandosi a 75mila litri, nel 2022 è diventato il bastione dell’agave azul distillata nella regione di Tequila con circa 4,2 milioni di litri arrivati dal Messico (dati del Consejo Regulador del Tequila). E i numeri sono in crescita, considerando che nei primi sei mesi del 2023 le importazioni hanno già raggiunto quota 2,7 milioni di litri. E su Spirito Autoctono si approfondiscono gli approcci nel segmento horeca.

il tequila Mexitas
UN’EPOPEA MILLENARIA TRA MESSICO, DIVINITÀ E AGAVE
La tequila è un superalcolico che si ottiene dalla cottura, macinatura, fermentazione e distillazione dell’agave, pianta tipica del Messico conosciuta dal 9.000 a.C. e diventata nei secoli la base sia dell’artigianato, per costruire corde, tetti e carta, sia della dieta locale: dalla sua linfa fermentata si ottiene fin dal 1.000 a.C. una sorta di “vino” chiamato pulque. Entrambe, agave e pulque, sono consacrate agli dei.
La tequila si chiama così perché è prodotta nei pressi della città di Tequila, nello stato di Jalisco, a nord ovest di Guadalajara. Tequila, dunque, è un toponimo. Il distillato eccellente prodotto in quella zona si è preso il suo nome per estensione, come il Cognac o lo Champagne.
In tutto questo, gli europei ci hanno messo l’arte dell’alambicco e, seguendo il procedimento già conosciuto per il brandy di Jerez, dal pulque si arriva presto al mezcal, che altro non è se non il distillato di succo d’agave fermentato. Di lì a poco, il marchese di Altamira Don Pedro Sanches de Tagle scorge il business: a fine Cinquecento fonda l’Hacienda Cuisillos, aprendo di fatto la via ai produttori proto-industriali.
Un approfondimento sulla storia del Tequila su Spirito Autoctono.

le strade di Tequila
DALLE DISTILLERIE STORICHE AI BRAND DEI VIP
L’inizio dell’Ottocento è tumultuoso, ma Tequila e il suo distillato rimangono sulla cresta dell’onda sia durante la guerra d’indipendenza, sia durante quella contro gli Stati Uniti. La tequila viene contrabbandata, “gira” fra i soldati. E Don Cenobio Sauza, capostipite del secondo produttore mondiale, capisce per primo che l’agave azul, fra le tante, è quella più vocata alla distillazione ed inizia ad esportare in Usa.
La Seconda Guerra Mondiale, con l’inevitabile penuria di spiriti europei, fa sì che la tequila conquisti definitivamente gli Stati Uniti. Le Olimpiadi a Città del Messico del 1968, la diffusione impressionante del cocktail Margarita e infine l’esplosione del turismo statunitense negli anni ’80 riportano la tequila a scorrere a fiumi, stavolta però come “party drink”.

Tequila, drink da party
Anni seguiti dall’attuale, incredibile rilancio. Nel 2020 in Usa ha fatto segnare un +20% (lo stesso risultato ottenuto in dieci anni di presenza sul mercato cinese), e il giro d’affari atteso per il 2029 sarà di 15.57 miliardi. E con il traino della mixology, sempre più star decidono di legarsi ai marchi. George Clooney ha venduto la sua Casamigos al colosso Diageo per un miliardo di dollari, ma nel giro ci sono anche l’attore e wrestler Dwayne “The Rock” Johnson con Teremana e la modella Kendall Jenner con 818 Tequila.
Uno spaccato dell’evoluzione dall’Ottocento ai brand dei vip su Spirito Autoctono.