Mandrolisai, l’uvaggio si fa in vigna

di Eugenia Torelli

Panoramica del Mandrolisai, centro geografico della Sardegna tra vecchie vigne e una triplice anima, fatta di bovale, cannonau e monica.

Centro geografico della Sardegna, il Mandrolisai è un’area che si estende su circa 1.200 ettari. Un cuore di querce e castagni aggrappate alla terra e alla roccia, scaldato dal sole su quello che pare un cugino insulare dell’Appennino.
La denominazione vinicola, nata nel 1981, di ettari ne comprende solo 60, distribuiti tra i comuni di Atzara, Desulo, Meana Sardo, Ortueri, Samugheo, Sorgono e Tonara, per una dozzina di cantine di vinificazione e un totale di circa 30 imbottigliatori.

Il vino vive dell’uvaggio di tre vitigni, bovale sardo (qui chiamato muristellu), cannonau e monica, con una particolarità: tutte le uve vengono coltivate, vendemmiate e vinificate assieme. Una combinazione semplice a dirsi ma molto complessa da mettere in pratica, che rende questo vino diverso rispetto a molti altri.

Non c’è ancora un consorzio a tutela della Doc, ma è proprio in questo senso che si stanno concentrando gli sforzi dei produttori, nella volontà di creare maggiori possibilità per promuovere i vini locali.

CENNI DI STORIA RECENTE
Uno dei primi passi significativi per lo sviluppo del Mandrolisai è la costituzione, nel 1950, della Cantina del Mandrolisai, che vede i viticoltori della zona unire le forze per migliorare le loro capacità produttive. “Negli anni settanta per i cagliaritani il vino del Mandrolisai era il vino della domenica. Imbottigliavano qui anche Sella e Mosca, Argiolas e altri. Si producevano anche vini da taglio che partivano verso la Francia“, raccontano i produttori. Nel 1981 arriva il riconoscimento della Doc, ma l’area vive un periodo di stallo dovuto a tempi in cui il lavoro nelle campagne viene meno.

Tra il 2003 e il 2010, sul territorio arriva però una buona dose di finanziamenti mirati al recupero dei vigneti e a dare una spinta alla viticoltura locale. Nascono le prime cantine e Bingiateris (in sardo “viticoltori”), una delle realtà storiche del territorio, inizia a far invecchiare più a lungo i propri vini rossi.

Oggi il vino è tornato a essere parte integrante dell’economia locale e una caparbia squadra di produttori si fa via via conoscere sul mercato. Le aziende sono di dimensioni medio-piccole, per produzioni contenute e un impegno che vede spesso i vitivinicoltori collaborare e condividere macchinari, spazio in cantina e conoscenze. Accanto alle aziende più longeve, si fanno spazio nuove realtà, spesso guidate da giovani che decidono di impegnarsi per far crescere il territorio e i suoi vini.

una vite al alberello dai vigneti della Vitivinicola Cadeddu

una vite al alberello dai vigneti della Vitivinicola Cadeddu

VIGNETI, TERRENI E IL PROGETTO LONGEVITAS
Inverni freddi, tra gli 0 e i 12 gradi, ed estati in genere molto calde con massime che, specialmente in questi ultimi anni, possono raggiungere i 40 gradi centigradi. A questo si aggiunge un’escursione termica importante, che fa calare la colonnina durante le ore notturne anche fino ai 17 gradi nei mesi estivi.

La vite qui ritaglia lo spazio di piccoli appezzamenti tra boschi e radure, affondando le radici su terreni che vanno dai 400 ai 750 metri (il limite della Doc), caratterizzati da una notevole variabilità in termini di suoli ed esposizioni. A Meana ad esempio, sono più frequenti scisti e appezzamenti con pendenze importanti, mentre ad Atzara l’origine dei suoli è frequentemente granitica, con porzioni di terreno alluvionale molto fertile, molte colline esposte a sud e vigneti collocati tra i 550 e i 700 m. Solo per citare alcuni esempi.

Uno degli aspetti che più caratterizza l’ampelografia del territorio ha però a che fare col tempo in senso cronologico. Le vecchie vigne, infatti, sono particolarmente numerose, con piante che raggiungono anche il secolo, tanto che il comune di Atzara – unico in Sardegna iscritto come Paesaggio Rurale Storico d’Italia nel Registro nazionale – ha avviato nel 2019 il progetto Longevitas per preservarle. Nell’ambito dell’iniziativa sono stati messi a disposizione 20mila euro a sostegno della viticoltura ad alberello. Contestualmente, è stato avviato un censimento con l’obiettivo di creare un Albo comunale dei vigneti storici, approvato nei Comuni di Atzara, Sorgono, Ortueri e Meana. Ad oggi, ad esempio, i vigneti del comune di Atzara sono tutti mappati e chi ha aderito alla mappatura viene sovvenzionato con un piccolo contributo comunale che aiuta nel mantenimento degli appezzamenti storici.

il cartello che indica l'età di un vigneto iscritto all'Albo delle vecchie vigne di Atzara, nel progetto Longevitas

il cartello che indica l’età di un vigneto dei Demelas, iscritto all’Albocomunale dei vigneti storici di Atzara, nel progetto Longevitas

MANDROLISAI, L’UVAGGIO CHE SI FA NEL VIGNETO
Gli ingredienti sono tre e si uniscono in combinazioni variabili. Nello specifico, il disciplinare prevede sia vini rossi che rosati, prodotti con bovale sardo per non meno del 35%, cannonau tra il 20% e il 35%, monica tra il 20% e il 35%. Per i rossi c’è anche la possibilità di menzione aggiuntiva “Superiore”, dopo un invecchiamento di minimo due anni, di cui almeno uno in botti di legno. Ma la vera particolarità recitata dal documento è che “i vini a Doc Mandrolisai sono ottenuti da uve provenienti dai vitigni presenti nei vigneti secondo la seguente percentuale…” (quella di cui sopra, a cui si possono aggiungere uve di altri vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione per la regione Sardegna presenti nei vigneti fino ad un massimo del 10%). L’uvaggio si fa dunque a partire dal vigneto e ciò che il disciplinare fissa e regolamenta, in realtà è soltanto la trasposizione su carta di un’usanza che qui vive da un centinaio d’anni. A raccontarlo sono le stesse viti, perché anche le più vecchie si trovano piantate tutte assieme, così come assieme vengono vendemmiate e vinificate. “Per quanto riguarda le vigne vecchie, parliamo di piante di diverse varietà mescolate tra loro – spiega Damiano Demelas, alla guida dell’omonima azienda – sarebbe impossibile vinificare separatamente”. E anche nei nuovi appezzamenti, l’eventuale ripartizione in filari specifici delle varietà interessa poco ai produttori, che scelgono comunque di vinificare tutto assieme.

un vigneto di Famiglia Demelas in Mandrolisai

un vigneto di Famiglia Demelas in Mandrolisai

UNA PANORAMICA SUI VINI
Come sono i vini? La necessaria premessa riguarda la presenza alcolica, che c’è ed è importante, perché questo è il risultato che danno le uve con il clima del Mondrolisai. Ciò che è estremamente singolare e interessante è il modo in cui i produttori devono saper sondare le maturazioni delle differenti varietà per capire quando vendemmiare, dando così vita a interpretazioni tutte differenti ma tutte sorelle. Variazioni su frutti scuri, toni vegetali e sanguigni, sorsi caldi e struttura è ciò che ci si deve aspettare, nelle varie declinazioni delle cantine locali.

I vini della zona iniziano a far parlare di sé e si trovano in quella fare in cui diversi giovani si impegnano in questo settore, dando vita a piccole ma determinate aziende. Il percorso verso una crescita tecnologica è segnato e continuare a seguirlo suggerisce grande potenziale per questa piccola denominazione, dotata di così tanti tratti distintivi, produzioni contenute e patrimonio storico (non solo tra le viti).

Ecco una rassegna di assaggi per scoprire il territorio attraverso i calici e i diversi stili, nomi e volti del Mandrolisai.

Alcuni vigneti di Bingiateris

alcuni vigneti di Bingiateris

Bingiateris
Per capire questa denominazione fin dai primi passi è immancabile un passaggio da Bingiateris, la prima cantina che ha iniziato a far invecchiare i vini rossi del territorio. Oggi l’azienda è condotta dai soci Antonello Tatti, Mario Carboni, Tonino e Mondino Fadda, Mario Casula, Riccardo Cau e Tonino Mascia. I vigneti si trovano in collina a 600 metri su suoli sabbiosi derivati da disfacimento granitico, esposti a sud–sud est e le referenze prodotte sono cinque, tra bianco, rosato e rossi, in cui si ritrovano concentrazione, calore e i sorsi languidi e vellutati, derivati dall’affinamento in rovere.
Dedicato a una persona molto cara all’azienda, il Mandrolisai Doc Lollóre (che sta per Salvatore) ha un uvaggio costituito in percentuale maggiore da bovale, che porta un colore intenso e un naso piuttosto timido nell’apertura, orientato sui piccoli frutti e la balsamicità, per un sorso morbido, dal gusto intenso e lungo. Ma è il caso di assaggiare anche il Thálei, Isola dei Nuraghi Igt, prodotto con le stesse uve. In questo caso una percentuale superiore di cannonau rende il colore lievemente più scarico, ma senza sminuire la struttura, che al palato si presenta in tutta la sua consistenza, così come nel Lollore (che sta per Salvatore). Al Bovale è invece interamente dedicato il Cabále. Ginepro, noce moscata e mora di rovo al naso, per un sorso caldo, che sfuma in un docile velo tannico.

Fradiles
Altra tappa immancabile è Fradiles. Sui 14 ettari lavorati dalla famiglia di Paolo Savoldo e del cugino Antonio (Fradiles significa appunto, cugini), i 6 che circondano la cantina comprendono viti tra gli 80 e i 100 anni di età. Proprio dalle vigne più vecchie nasce il loro Mandrolisai Doc Creccherie, dal naso intenso di frutti di bosco e note erbacee, un sorso rustico e profondo, da assaporare con calma. Ma vale la pena provare anche le altre due espressioni Doc della cantina, l’Azzara, il più giovane e beverino, nessun passaggio in legno, per un sorso fresco, pepato e scattante. Antiogu Mandrolisai Superiore, dopo 12 mesi di acciaio, matura per altri 12 in tonneau, rivelando un sorso più complesso in cui si ritrovano una struttura più muscolare, note di ginepro e frutti scuri, intensità, pepe e calore, mantenendo un’anima snella del sorso. Extra-Doc, merita un assaggio il Durusia Isola dei Nuraghi Igt, rosato prodotto con girò del mandrolisai, una varietà autoctona di solito impiegata per i passiti. Vino dal bouquet fruttato, rinfrescato da un velo balsamico di canfora, sorso corposo e caldo, con un tocco di rusticità finale conferito dal tannino.

alcuni dei vigneti che circondano la cantina Fradiles in Mandrolisai

alcuni dei vigneti che circondano la cantina Fradiles in Mandrolisai

Famiglia Demelas
Tra le aziende di stampo giovane (all’anagrafe, ma non in vigna), c’è quella della Famiglia Demelas. A guidarla i due fratelli Damiano e Lorenzo, che sul vino mostrano un’idea molto chiara in termini di stile. Freschezza, beva ed equilibri sono la cifra di vini in cui non si cercano potenze salate, ma l’anima dei vitigni. Domo è il Mandrolisai nella versione più giovane, aromi di visciola, pepe e tè nero, un sorso fresco e dal tannino lieve, ma tenace nella sua delicatezza, perché non molla la tensione acida fino alla fine. Sale quanto basta. Equilibrio. L’etichetta (così come il nome) è un omaggio alla donna e raffigura l’immagine di un telaio, simbolo che significa costruzione e complessità. Con Giuàle ci si sposta invece sul Mandrolisai affinato in barrique (rovere americano) e acciaio per un totale di 9 mesi (rese basse per 1000-2000 bottiglie l’anno). Nella versione 2019 è un vortice di amarena e mirto che avvolge il naso, al palato arrivano le sensazioni di caffè a vestire il corpo snello di un vino fresco, sapido al punto giusto e ancora nervoso, che si fa bere seppur con maggiore complessità. Il giogo dei buoi in etichetta è dedicato al lavoro dell’uomo e all’idea di stare vicini, nell’amicizia. Merita un assaggio anche il bianco Frore e qui si apre una parentesi interessante. Il vino ha un bouquet particolare, rustico e balsamico, tra mentuccia, erba San Pietro, borragine e ortica. Un sorso che entra morbido che lascia pian piano ampliare la sapidità verso i lati della lingua, per poi soffermarsi a lungo riportando i ricordi erbacei. Questo bianco deriva dagli stessi vitigni dei Mandrolisai Doc vinificati in bianco (monica, cannonau, bovale sardo e piccole percentuali di pascale e niedda manna). Un’espressione molto particolare, ma davvero ben calibrata.

La Dolce Vigna
Sul filo dei vini bianchi ci si collega a La Dolce Vigna, azienda di Antonella Pisu, giovane e appassionata microbiologa ed enologa, che dopo anni di studio ha avviato la propria produzione ad Atzara, la sua terra di origine. Qui produce il Pis’One, vino bianco Igt dedicato al padre, derivato da uve differenti ma con lo stesso sistema del Mandrolisai Doc. Un 50% di nuragus, poi malvasia, vernaccia, lacconargiu e moscato, coltivate e anche vinificate assieme per dare circa 700 bottiglie. Il vino è alla prima produzione (e quest’anno alla seconda vendemmia), ma dimostra buone potenzialità, soprattutto per l’acidità vibrante e per la struttura che il blend compone. Sarà da tenere d’occhio. Parallelamente, il Mandrolisai Doc 2021 dimostra un profilo di piccoli frutti scuri e sfumature vegetali. Al palato regala un sorso caldo e disteso, in cui tornano frutto polposo, pepe nero e un tannino setoso. Il vino è prodotto totalmente in legno, a partire dalla fermentazione spontanea, a mastelli aperti, fino alla maturazione in tonneau per 8 mesi, per una piccola produzione di circa 2.300 bottiglie. Il progetto de La Dolce Vigna non comprende solo il vino, ma punta a unire il prodotto a un’esperienza di cantina fatta di arte, eventi musicali e arte culinaria ispirati dalla tradizione locale.

immagini della vendemmia in Mandrolisai dai Demelas

immagini della vendemmia in Mandrolisai dalla Famiglia Demelas

Vitivinicola Cadeddu
Inizia nel 2021 l’avventura di Roberto Cadeddu e della moglie, che prendono in mano dei vecchi appezzamenti coltivati a vigna con piante tra i 70 anni e i 113 anni. Con le uve raccolte vengono prodotte già due referenze, mentre è in cantiere un progetto per valorizzate il vigneto più anziano attraverso un nuovo vino che è previsto in uscita per il 2024. Il Mandrolisai Doc rosso S’Areu (2021, prima annata) vede solo l’acciaio ed è prodotto con uve da un’unica vigna di 70 anni. Al naso parla di uva spina, more di gelso, bacca di cipresso. Al palato entusiasma. Un sorso succoso di frutta infuocata, chiuso da un docile velo tannico. Cre Sà invece invecchia per 8 mesi in tonneau di rovere nuovi, unendo il frutto di una vigna di 90 anni e di una di 10. Tanta balsamicità e tanto calore per un vino che il legno lo porta bene, tra sbuffi di rosmarino, gelso e tensione acida.

Etzo
Alto, imponente e dalla voce profonda, Sebastiano Etzo è fermamente convinto che la tradizione del vino in Mandrolisai sia un bene da tutelare e promuovere. Viticoltore con esperienza di allevatore, fonda la sua cantina nel 2019 e produce per il momento un’unica etichetta, un Mandrolisai Doc a partire da vigneti situati a 650 metri di altitudine nel comune di Atzara. Le uve vengono vinificate in parte a grappolo intero e in parte diraspate e la fermentazione parte in maniera spontanea, per proseguire lentamente nell’arco di circa 28 giorni, in serbatoi d’acciaio aperti con follature giornaliere ed eventuali delestage. L’affinamento avviene per circa 8 mesi in barrique usate e poi in acciaio. Il risultato è un vino che al naso chiama il frutto scuro – mora di gelso, cassis, bacche di sambuco – e che al palato rivela un’anima rustica e invitante. Una combinazione di acidità, sale e sensazioni pepate, assieme a un tannino a tratti ispido e stuzzicante.
Quest’anno i lavori in cantina consentiranno alla produzione di entrare finalmente a regime, così da permettere l’arrivo di nuove etichette, sotto l’attenta guida di un enologo non autoctono – Andrea Moser – per un approccio “attento alla tradizione, ma con un occhio all’esterno e una mente aperta”. Al momento i vigneti di Etzo coprono 6 ettari, all’interno dei quali si trova anche una vigna piantata nel 1950.

una vecchia vite nei vigneti de I Garagisti di Sorgono

una vecchia vite nei vigneti de I Garagisti di Sorgono

I Garagisti di sorgono
Viti ad alberello tra le 60 e le 80 primavere, poste a circa 550 metri sulle colline che circondano il capoluogo storico del Mandrolisai. Questa la base su cui possono contare Pietro Uras, Renzo Manca e Simone Murru, in arte I Garagisti di Sorgono, piccola azienda che produce in tutto 6 vini. Si tratta di un rosato e cinque rossi, quattro dei quali prendono il nome dai vignaioli, così come le etichette dalle caricature disegnate dei loro volti. Il Mandrolisai Doc Uras deriva da vigne di 80 anni di età e affina per 12 mesi in barrique di 7°-8° passaggio. Il bouquet richiama il ginepro e la visciola, anticipando un sorso molto sapido e intenso, dotato di tensione acida e dinamicità di beva. Potente. Valgono bene un assaggio anche i rossi varietali Murru (da monica), Manca (da cannonau) e Parisi, che significa “insieme” (da bovale), mentre il Mandrolisai Doc Rosato Garage restituisce un ottimo esempio della bevuta sapida e strutturata che le uve di questo territorio possono regalare, anche in un rosé.

La foto di copretina appartiene a Vitivinicola Etzo