Secondo il report Ismea sulla competitività dell’agroalimentare italiano, il vino pesa per il 37% sull’intera produzione Ue, dietro solo alla Francia. Scarseggiano però i giovani imprenditori.
L’ultimo report di Ismea sull’agroalimentare italiano in Europa svela un quadro di luci e ombre per quanto riguarda l’aspetto della competitività.
I dati positivi riguardano il peso dell’Italia sulla produzione agricola dell’Ue, pari complessivamente al 14%, percentuale che sale al 37% per il vino, secondo solo a quello della Francia (43%), e al 33% per l’olio d’oliva, che segue il 48% della Spagna.
Anche per la frutta, con il 18% della produzione dell’UE, l’Italia fronteggia la forte concorrenza della Spagna, che ne copre il 28%.
Ma soprattutto l’Italia conferma la sua vocazione alle attività secondarie e ai servizi in agricoltura, che insieme rappresentano il 18% della produzione agricola nazionale e che ribadiscono la sua leadership in Europa sul fronte della diversificazione e multifunzionalità del settore agricolo.
Analizzando l’insieme dei settori della produzione agricola e della trasformazione industriale, nel 2022 il valore aggiunto della filiera agroalimentare è arrivato a 64 miliardi di euro: 37,4 miliardi generati dal settore agricolo e 26,7 miliardi dall’industria alimentare.
In questa configurazione “ristretta”, il comparto rappresenta il 3,7% del valore aggiunto dell’intera economia italiana, con un peso sul Pil che supera il 15,2%.
Dal lato dell’industria alimentare, l’Italia si posiziona al terzo posto nella graduatoria dei paesi UE, ma con un trend migliore rispetto ai principali partner.
Il nostro paese, che copre circa il 12% del valore aggiunto totale, dopo la Germania e la Francia, ma sopra alla Spagna, ha tra gli altri un ruolo di rilievo nel vino (28%).

il vino, prodotto trainante dell’agroalimentare italiano in Europa
Prendendo però in analisi uno spettro temporale più ampio, se nel decennio 2012-2022 l’industria alimentare ha mostrato un trend di buona crescita reale, l’agricoltura ha vissuto annate sfavorevoli in successione, soprattutto a causa dell’andamento climatico: il 2022 è stato l’anno più caldo e meno piovoso da quando vengono monitorati i dati meteoclimatici in Italia e il 2023 si è rivelato finora anche peggiore.
Ciò ha fatto retrocedere l’Italia in terza posizione nella graduatoria UE della produzione agricola, dopo Francia e Germania (prima era seconda dopo la Francia); ma, soprattutto, dal 2021 ha passato alla Francia il primato del valore aggiunto, mantenuto quasi ininterrottamente dal nostro Paese nel corso del decennio.
Oltre agli effetti del clima, pesano sull’agricoltura italiana alcune debolezze strutturali, quali la scarsa presenza di giovani imprenditori (solo il 9%, contro il 12% della media UE) e il correlato basso livello di formazione di chi guida la maggioranza delle aziende agricole.
Persiste, inoltre, la frammentazione del tessuto produttivo, nonostante l’aumento della superficie agricola aziendale occorsa nell’ultimo decennio, che segnala la presenza di un lento processo di concentrazione e riorganizzazione.
Anche l’accesso alla terra si conferma un punto dolente per l’agricoltura italiana, principalmente a causa della scarsa disponibilità di terra che porta i valori fondiari ad essere in media quasi sei volte superiori quelli della Francia e due volte quelli della Spagna.