Peronospora in Abruzzo, un conto da 380 milioni di euro

di redazione

La filiera si appella alla politica regionale e nazionale per la tutela di un comparto che nel 2023 ha perso il 70% del raccolto.

La filiera vitivinicola abruzzese torna a chiedere risposte politiche alla grave crisi produttiva innescata dalle abbondanti piogge cadute nei mesi di maggio e giugno, che hanno favorito una generalizzata diffusione della peronospora. “Siamo tutti d’accordo nel dire che questo è davvero l’ultimo appello che il mondo vitivinicolo abruzzese rivolge alla classe politica della Regione Abruzzo, di qualsiasi colore essa sia. A vendemmia ormai conclusa, possiamo confermare, con assoluta certezza, un calo medio della produzione di uve di circa il 70%; un dramma che interessa in maniera diffusa e più o meno omogenea tutte le quattro provincie” dichiarano Assoenologi, Associazione Città del Vino, CIA, Coldiretti, Confagricoltura, Confcooperative, Consorzio Tutela Vini D’Abruzzo, Copagri, D.A.Q. vino, Legacoop, Liberi Agricoltori e Movimento Turismo del Vino.

I numeri parlano di una perdita su scala regionale pari a 2,7 milioni di quintali di uva, cioè 260 milioni di bottiglie. “Se dovessimo fare una stima del mancato reddito delle aziende potremmo indicare in circa 108 milioni di euro la perdita sulle uve, 130 milioni sullo sfuso e 520 milioni circa sull’imbottigliato. Una stima prudenziale induce a ritenere che la filiera vitivinicola della regione Abruzzo subirà un danno economico non inferiore ai 380 milioni di euro”. Situazione alla quale, secondo i rappresentanti della filiera “la classe politica e dirigente della Regione Abruzzo non è stata in grado di dare risposte chiare. Tutti noi in questi mesi abbiamo avanzato specifiche richieste a supporto del mondo produttivo e fornito indicazioni operative in merito all’emergenza peronospora, ma a nulla sono serviti” dichiarano i rappresentanti della filiera, annunciando anche azioni dimostrative come la riconsegna delle tessere elettorali.

Allargando la prospettiva al vigneto Italia, le varie associazioni ritengono necessari “provvedimenti impattanti, che non possono non prevedere necessariamente un congruo indennizzo diretto alle aziende” e che dovrebbero affiancarsi a misure come la sospensione del pagamento di mutui e finanziamenti in essere, la sospensione o quanto meno la riduzione dei contributi INPS e l’azzeramento dei tassi d’interesse sulle somme impiegate per l’acquisto di scorte.

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