Asti Docg, tra sfida dei mercati e nuove vie di promozione

di Eugenia Torelli

Mixology, nuove denominazioni e territorio. L’Asti Docg cerca nuove vie per preservare un’anima pop.

Da una parte un’attenzione sempre maggiore all’enoturismo, per spingere le connessioni tra diverse produzioni e attrattive sul territorio, dall’altra la necessità di mantenere fresca l’immagine di un vino, lo spumante astigiano, che da sempre ha un’anima pop. Tra congiunture internazionali ed evoluzione dei modelli di consumo, il Consorzio dell’Asti Docg adatta le proprie strategie di promozione, puntando sulla mixology e sul consolidamento dei mercati più importanti.

MERCATI, LO STATO DELL’ARTE
Più di 100 milioni di bottiglie prodotte nel 2022, in leggero incremento sul 2021 (+0,5%) e in crescita del 22% rispetto al pre-Covid. Sono numeri importanti, quelli della denominazione Asti Docg che, come tali, richiedono un pari sforzo nella commercializzazione e nella promozione.

Sul fronte dei mercati, occorre una distinzione tra le due tipologie principali previste dal disciplinare, l’Asti Spumante e il Moscato d’Asti. Tanto per ricordare, il primo è uno spumante metodo Martinotti o metodo classico, mentre il secondo un vino frizzante, ottenuto attraverso l’interruzione della fermentazione al raggiungimento della gradazione alcolica di circa 5% vol.

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vendemmia in terra di Moscato d’Asti

L’Asti Spumante ha chiuso il 2022 con una crescita complessiva dell’export del 16,2% a valore (168 milioni di euro il controvalore) e dell’8,3% a volume (fonte Istat). Nello specifico, la performance è stata positiva nelle sue prime piazze di sbocco, tra cui Russia, con quasi 18 milioni di bottiglie dirette (+42%), Italia a 7,1 milioni di pezzi (+11%) e Regno Unito, mentre mostrano una flessione i mercati statunitense e tedesco (-47%). Crescono invece diversi mercati considerati emergenti, come Austria, Polonia, Ungheria, Centro e Sud America, dove il valore della domanda è lievitato di quasi il 70%.

Dal canto suo, il Moscato d’Asti rallenta con calo del -14% nelle esportazioni (36 milioni di bottiglie), scontando la contrazione statunitense (-16%), che da solo vale quasi la metà del mercato e che assorbe quasi tutto il gap commerciale riscontrato sul 2021. Si dimostrano invece sostanzialmente stabili gli altri top buyer (Italia, Corea del Sud, Grecia).
Oggi stiamo confermando i numeri dello scorso anno – dice il presidente del Consorzio dell’Asti Docg, Lorenzo BarberoCi sarà probabilmente una flessione, ma molto contenuta”. E per quanto riguarda la Russia, che in questo momento resta un’incognita come mercato target (non solo per il settore vino), specifica, “Finora, in Russia l’Asti non è stato inserito nella lista dei beni di lusso, quindi l’export è rimasto possibile. Adesso però il paese ha alzato i dazi di importazione. Questo, assieme alla svalutazione del rublo, sta rendendo le cose più difficili”.

MIXOLOGY, UNA NICCHIA DA COLTIVARE
Tra le campagne lanciate negli ultimi anni, c’è quella dedicata alla promozione di Asti Spumante e Moscato d’Asti come ingredienti in mixology, sull’onda di un trend in crescita tra i consumi anche nel nostro paese. Così, assieme al bartender Giorgio Facchinetti, nominato ambassador del Consorzio, è stata costruita una proposta di drink che integra anche altre bevande spiritose tipiche del territorio piemontese e italiano, tra cui vermouth e brandy. Tra le ultime iniziative, la partecipazione, lo scorso ottobre, al Bar Convent di Berlino, principale fiera europea di settore, con uno stand istituzionale.

asti mixology

il Conosorzio da tempo ha avviato un lavoro di sfida sulla micxology

Proprio sul tema dei wine drink, si è recentemente espresso Stefano Ricagno, vice presidente del Consorzio, che ha sottolineato come questo percorso insista in realtà su una nicchia di mercato – il grosso dei vini dell’Asti Docg viene infatti consumato principalmente a tavola nei mercati target – che, se ben coltivata, potrebbe “dare risultati importanti nel lungo periodo” (leggi l’intervento completo di Stefano Ricagno nell’articolo di VinoNews24 sui wine drink).

CANELLI DIVENTA DOCG
Tra le novità del 2023, ce n’è una che ha direttamente a che fare con una località che ha fatto la storia dei vini astigiani, Canelli. Culla del Moscato d’Asti, Canelli era già prevista come sottozona dal disciplinare di produzione. La coltivazione della vite, e del Moscato è la coltura predominante nell’area di Canelli fin dal 1300. È qui che, nel 1865, con Carlo Gancia nasce il celebre spumante metodo classico antesignano dell’Asti spumante, legato alle uve di moscato. Poi lo sviluppo, soprattutto nei primi anni del ‘900 con Federico Martinotti, che perfezionò il procedimento di preparazione del vino destinato alla fermentazione. Sono questi alcuni dei passaggi storici da cui trae origine la filiera della spumantizzazione odierna.

Dal 30 giugno di quest’anno, Canelli è ufficialmente “Docg” con la pubblicazione nella Gazzetta dell’Unione Europea del regolamento della Commissione Europea (2023/1327) che la riconosce tra le denominazioni di origine protetta. A partire da questa vendemmia quindi, le uve provenienti da 17 comuni attorno alla sottozona Canelli – punto di passaggio tra Langhe e Monferrato – e da vigneti composti esclusivamente dal vitigno moscato bianco potranno accedere alla nuova Denominazione di origine controllata e garantita. Prevista, inoltre, anche la tipologia Riserva, che sarà immessa sul mercato con non meno di 30 mesi di invecchiamento e affinamento.

le cantine sotterraneaa di Bosca a Canelli

le cantine sotterraneaa di Bosca a Canelli

Un ulteriore riconoscimento per tutta la denominazione dell’Asti e, in particolare, per le aziende del territorio, che oggi spingono molto anche sul pedale dell’enoturismo nelle cosiddette Cattedrali Sotterranee, parte del sito patrimonio Unesco istituito nel 2014, “I paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato”. Si tratta di cantine scavate nel sottosuolo fino a una trentina di metri di profondità e con un’estensione di diversi chilometri quadrati, oggi ancora utilizzate per l’affinamento dei vini, soprattutto metodo classico. Tra quelle visitabili c’è l’esempio di Bosca, che ha costruito un tour interattivo, tra pupitre video mapping e installazioni artistiche per coinvolgere i turisti nella storia e nel metodo di produzione del celebre spumante.

Gancia_Panoramica storiche Cantine Gancia di inizio Ottocento canelli

le storiche Cantine Gancia di inizio Ottocento a Canelli

CURIOSITÀ DI TERRITORIO, LA STORIA DEL PRIMO VINO BIO
Non c’è solo il primato riguardante la spumantizzazione e la storia di Canelli. Il territorio astigiano detiene infatti un altro piccolo record. È infatti in provincia di Asti, nello specifico a Bubbio, che nel 1992 viene rilasciata la certificazione numero 000001 per un vino biologico italiano, il Moscato d’Asti dell’azienda Torelli. Autocertificata bio dal 1987, la cantina – con cui, meglio specificare, la scrivente non ha nessun grado di parentela – ha fatto richiesta di certificazione secondo il sistema europeo, non appena è stato reso possibile. “La questione è tecnica – spiega Gianfranco Torelli, alla guida dell’azienda – Il moscato si vendemmia ad agosto e il Moscato d’Asti si imbottiglia a Natale, così la richiesta è partita subito e la certificazione è arrivata a gennaio”. Ed ecco spiegata la rapidità con cui il vino è stato certificato, “battendo” le altre referenze della stessa annata. A questa storia l’azienda ha dedicato un racconto a fumetti, illustrato dal vignettista Roby Giannotti ed edito anche in dialetto piemontese.

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